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Esigenze cautelari: la condotta basta a giustificarle

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato per truffa aggravata contro una misura cautelare. La sentenza stabilisce che le esigenze cautelari, in particolare il rischio di recidiva, possono essere desunte dalle modalità complesse e organizzate del reato, anche in assenza di precedenti penali, rendendo la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria giustificata e proporzionata.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Quando la Condotta Sostituisce i Precedenti Penali

L’applicazione di una misura cautelare personale richiede sempre un’attenta valutazione da parte del giudice, che deve bilanciare la libertà dell’individuo con la necessità di proteggere la collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12660 del 2024, offre un’importante chiave di lettura su come valutare le esigenze cautelari, specialmente il rischio di reiterazione del reato, anche quando l’indagato è incensurato. La Corte stabilisce che le modalità complesse e organizzate di un crimine possono, da sole, dimostrare la pericolosità sociale del soggetto.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale della Libertà che, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, applicava a un soggetto la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’indagato era accusato di aver partecipato a un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate.

La difesa dell’indagato presentava ricorso in Cassazione, lamentando l’insussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza sia delle esigenze cautelari. Secondo il ricorrente, mancavano elementi sufficienti a giustificare una misura restrittiva della libertà personale, soprattutto in assenza di precedenti penali.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Esigenze Cautelari

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la validità dell’ordinanza impugnata. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale avesse correttamente e logicamente motivato la sua decisione, basandosi su un solido quadro indiziario e su una corretta interpretazione dei requisiti per l’applicazione delle misure cautelari.

La Corte ha specificato che il ruolo dell’indagato non era affatto secondario, ma si inseriva in un meccanismo criminale complesso che prevedeva la spartizione di compiti precisi, dalla forzatura di accessi telematici a conti correnti fino al riciclaggio dei proventi illeciti.

Le motivazioni della Sentenza

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi principali: la valutazione dei gravi indizi e, soprattutto, l’interpretazione del concetto di esigenze cautelari legato al rischio di recidiva.

Il primo punto riguarda i gravi indizi di colpevolezza. La Corte ha evidenziato come il Tribunale avesse analiticamente esaminato un complesso di elementi probatori convergenti, tra cui contatti telefonici e messaggistica tra il ricorrente e i coindagati. Questi elementi dimostravano un’intesa preesistente e un coinvolgimento consapevole e diretto nelle truffe, avvenute in un contesto temporale del tutto coevo alla perpetrazione dei reati.

Il secondo e più rilevante punto è la valutazione del periculum di reiterazione. La Corte ha ribadito un principio fondamentale, già affermato in precedenti pronunce: il rischio che l’indagato commetta nuovi reati può essere legittimamente desunto dalle modalità concrete della condotta contestata. Nel caso specifico, le truffe non erano episodi isolati o improvvisati, ma l’espressione di un’organizzazione complessa e strutturata. Elementi come l’individuazione di sistemi per violare account bancari, la scelta delle vittime e le modalità per il riciclaggio del denaro dimostravano una professionalità criminale che, di per sé, costituisce un indice di pericolosità.

Di conseguenza, l’assenza di precedenti penali è stata considerata recessiva. Come precisato dai giudici, di fronte a fatti non occasionali e recenti, la ‘fedina penale pulita’ perde di rilevanza. Questo approccio è conforme all’art. 274 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 47 del 2015, che vieta di desumere il pericolo di recidiva dalla sola gravità del titolo di reato, ma non impedisce di considerarlo sulla base delle circostanze e delle modalità concrete dell’azione criminosa.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un orientamento giurisprudenziale cruciale: nella valutazione delle esigenze cautelari, il ‘come’ un reato viene commesso è tanto importante quanto il ‘chi’ lo commette. Una condotta criminale che rivela pianificazione, organizzazione e una specifica competenza tecnica può essere sufficiente a fondare un giudizio di pericolosità sociale e a giustificare una misura cautelare, anche per un soggetto incensurato. Questa pronuncia sottolinea come l’analisi del giudice debba essere qualitativa e basata sulla concretezza dei fatti, superando una valutazione meramente ‘storica’ legata ai precedenti dell’indagato. In questo modo, il sistema cautelare si dimostra uno strumento flessibile e adeguato a contrastare forme di criminalità sempre più evolute e organizzate.

È possibile applicare una misura cautelare a una persona senza precedenti penali?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini della valutazione del rischio di recidiva, l’assenza di precedenti penali non è decisiva. Se la condotta è espressione di un’organizzazione complessa e non di un fatto occasionale, le esigenze cautelari possono sussistere.

Come si valuta il pericolo di reiterazione del reato?
Il pericolo di reiterazione si desume dalle concrete modalità della condotta e dalle circostanze del fatto. Secondo la sentenza, un reato commesso con metodi organizzati e non elementari è un elemento concreto di valutazione che indica una probabile ricaduta nella commissione di ulteriori reati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati. La Corte ha ritenuto che la decisione del Tribunale fosse logicamente motivata sia sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia sulla valutazione delle esigenze cautelari, basata correttamente sulle modalità organizzate e complesse delle truffe contestate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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