Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34979 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34979 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIBUNALE di BARI
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 marzo 2025 depositata in data 24 aprile 2025, il Tribunale di Bari, sezione del riesame, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza di rigetto della istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari emessa in data 21 gennaio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari per il reato di cui all’art. 416 -bis , primo, terzo, quarto, quinto, sesto ed ottavo comma, cod. pen., nella qualità di partecipe al RAGIONE_SOCIALE con grado di Quarta o Santa, in Bari dal 2016 all’attualità; nonché per il reato di detenzione e porto di arma da guerra e violenza privata aggravati, in Bari il 21 febbraio 2018.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso COGNOME, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nel motivo qui di seguito enunciato.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di legge quanto all’attualità delle esigenze cautelari.
La difesa lamenta la illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata laddove ha escluso rilevanza alla parallela vicenda cautelare per la quale nel mese di ottobre 2019 l’indagato era stato ristretto prima in carcere e poi agli arresti domiciliari e quindi rimesso in libertà nel settembre 2023 in quanto assolto dal reato contestato: nel diverso procedimento il Tribunale del riesame si era espresso nel senso di un allontanamento dal precedente stile di vita e dall’affrancamento da condotte delittuose.
Inoltre, lamenta la difesa l’apoditticità della motivazione dell’ordinanza impugnata quanto all’attualità delle esigenze cautelari laddove ha richiamato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME.
In realtà, il Tribunale ha violato il principio del devoluto in quanto il Giudice per le indagini preliminari, nel rigettare la richiesta di sostituzione, non aveva analizzato nominativamente e singolarmente le dichiarazioni dei collaboratori.
A ciò si aggiunga che il Tribunale non si è confrontato con un dato decisivo e cioè che, come anticipato, COGNOME dal 2019 al 2023 è stato ininterrottamente ristretto e dunque era per lui impossibile continuare a mantenere rapporti con l’associazione.
Infine, le dichiarazioni dei collaboratori COGNOME e COGNOME di cui la difesa riporta alcuni brani, oltre a essere generiche, sono inconciliabili con lo stato detentivo di COGNOME.
La difesa contesta infine la diversità di trattamento riservato al concorrente COGNOME rimesso in libertà, pur in presenza di una posizione processuale maggiormente gravata. La ordinanza si limita a riferire apoditticamente che la posizione di COGNOME era diversa senza indicare gli elementi dimostrativi di siffatta diversità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il motivo articolato in plurime censure, risulta manifestamente infondato.
1.1. Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, con particolare riguardo alle mafie «storiche», la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività
associativa, mentre il cd. «tempo silente» (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Tavella, Rv. 286267; Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Rv. 282131; Sez. 5, n. 36389 del 15/07/2019, Rv. 276905; Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016, Rv. 268726).
Sussiste inoltre una indicazione specifica della giurisprudenza di questa Corte, che ha applicato la doppia presunzione ex artt. 275, comma 3, e 51, comma 3bis , cod. proc. pen. nell’ipotesi di appartenenza ad una mafia storica come il ‘sodalizio di tipo mafioso denominato inizialmente RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, RAGIONE_SOCIALE, tuttora operante nel quartiere Japigia di Bari’ (cfr. Sez. 6, n. 33030 del 12/07/2024, non mass.).
Va tuttavia richiamata una indicazione, allo stato minoritaria, di questa Corte secondo cui, ai fini del superamento della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., anche in relazione al reato di partecipazione ad associazioni mafiose «storiche» deve essere espressamente considerato dal giudice, alla luce di una esegesi costituzionalmente orientata della citata presunzione, il tempo trascorso dai fatti contestati, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra «gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 2112 del 22/12/2023, dep.2024, Tavella, Rv. 285895).
1.2. Operata questa sintetica ma necessaria ricostruzione delle indicazioni della giurisprudenza di legittimità in relazione alla interpretazione della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., occorre confrontarsi con il contenuto della ordinanza impugnata.
In primo luogo, la contestazione cautelare dell’ipotesi associativa è una contestazione cd. aperta ed individua una condotta ancora perdurante: «tra il 2018 e l’attualità».
L’ordinanza impugnata con motivazione immune da vizi, dando atto anche dell’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla difesa, ha tuttavia esaurientemente argomentato le ragioni della decisione.
Ha infatti chiarito che nelle ipotesi dei coindagati per i quali sono state ritenute cessate le esigenze cautelari sussistevano una serie di elementi che
unitamente al tempo trascorso dai fatti contestati hanno indotto il giudice a ritenere che non vi fossero più esigenze cautelari.
Conseguentemente non sussiste un’automatica applicazione del principio più volte richiamato dalle difese del cd. tempo silente, quanto piuttosto occorre verificare se nel singolo caso durante il tempo decorso dai fatti si siano verificate ulteriori condotte sintomatiche e rivelatrici di una pericolosità che resta attuale.
1.2.1. L’ordinanza impugnata, dunque, prosegue con una congrua motivazione in ordine all’epoca recente delle condotte svolte dall’indagato.
Il Tribunale (p.13 e ss.) richiama sul punto:
-le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME rese nel corso dell’interrogatorio del 28 novembre 2024 che ha riferito che COGNOME gestiva una piazza di spaccio con modalità continuative negli anni 2021-2022 e che NOME COGNOME aveva organizzato un pestaggio in suo danno in quanto acquistava stupefacente da soggetti estranei all’organizzazione;
-le dichiarazioni rese in sede di esame dal collaboratore di giustizia COGNOME che ha confermato il pestaggio di COGNOME ad opera di COGNOME e COGNOME e ha appreso durante il comune periodo di detenzione che l’attività di spaccio stava comunque proseguendo.
Dunque, l’ordinanza impugnata fornisce una risposta precisa ed esaustiva anche alla dedotta inconciliabilità del regime detentivo con l’attività per conto del gruppo: è risultato che la detenzione non rappresentava un ostacolo alla prosecuzione dei rapporti di natura criminale con il RAGIONE_SOCIALE.
Contrariamente a quanto rappresentato nel ricorso, il richiamo ai precedenti specifici non rileva per attualizzare le condotte, quanto piuttosto per rafforzare il giudizio di pericolosità sociale dell’indagato ed una prognosi negativa rispetto alla commissione di ulteriori delitti (l’ordinanza valorizza il recente provvedimento dell’anno 2022 con il quale era stato sottoposto nuovamente alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale).
1.2.2. L’ordinanza infine risponde con motivazione immune da vizi alla già dedotta censura in relazione all’assoluzione e alla progressiva attenuazione dei provvedimenti cautelari in diverso procedimento non potendosi ravvisare alcun collegamento o consequenzialità logica rispetto al giudizio di attualità delle esigenze cautelari nel presente procedimento.
Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso il 26/09/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME