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Esigenze cautelari: la Cassazione sul traffico droga

La Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per traffico di droga, confermando la custodia cautelare. La Corte ha ritenuto sufficienti gli indizi e ha sottolineato che le esigenze cautelari persistono, basandosi sulla gravità dei reati, sulla personalità dell’indagato e sul concreto rischio di reiterazione, nonostante il tempo trascorso dai fatti.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze cautelari e traffico di droga: quando la custodia in carcere è legittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28020/2025, affronta un caso di traffico di stupefacenti, fornendo chiarimenti cruciali sulla valutazione della gravità indiziaria e sulla persistenza delle esigenze cautelari. Questa pronuncia conferma come, ai fini della custodia in carcere, non sia determinante il singolo elemento di prova, ma la coerenza di un quadro investigativo complesso. Inoltre, ribadisce che il semplice trascorrere del tempo non è sufficiente a escludere il pericolo di reiterazione del reato.

I Fatti: Il Contesto dell’Operazione

Il caso origina da un’indagine su un’associazione a delinquere a base familiare dedita allo spaccio di cocaina in un quartiere di Roma. L’indagato, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, era ritenuto un fornitore stabile e affidabile del sodalizio criminale.
Le accuse si fondavano su un solido compendio di prove raccolte dagli inquirenti, tra cui:
* Intercettazioni telefoniche e ambientali.
* Localizzazione tramite GPS.
* Attività di osservazione e controllo della polizia giudiziaria.
* Sequestri di sostanze stupefacenti.
Un episodio chiave ha permesso di identificare il ricorrente. A seguito di un incontro nel parcheggio di un grande centro commerciale, dove avrebbe ricevuto una somma di denaro, il giorno seguente avrebbe rifornito l’associazione tramite un corriere. Il corriere, successivamente arrestato, aveva identificato il fornitore con un soprannome, le cui caratteristiche sono state ritenute compatibili con quelle dell’indagato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Carenza di gravità indiziaria: Si sosteneva che gli elementi a carico fossero deboli e non univoci, basati su un nome di battesimo e su un unico episodio di cessione non pienamente provato, contestando la logicità delle conclusioni investigative.
2. Errata qualificazione giuridica: La difesa chiedeva di ricondurre l’associazione criminale all’ipotesi di lieve entità (art. 74, comma 6, d.P.R. 309/90), data la dimensione circoscritta del giro d’affari.
3. Insussistenza delle esigenze cautelari: Si evidenziava la notevole distanza temporale tra i fatti contestati (risalenti al 2021) e l’applicazione della misura, sostenendo che mancasse l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva.

La Decisione della Corte e il Principio delle Esigenze Cautelari

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità della misura cautelare. Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. In questo caso, il Tribunale del Riesame aveva correttamente basato la sua decisione non su un singolo indizio, ma su un “coacervo di risultanze investigative” convergenti e coerenti.
Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ritenuto l’associazione non riconducibile a un’ipotesi lieve, data la gestione di una vera e propria “piazza di spaccio”, la pluralità dei canali di rifornimento e i collegamenti con altre realtà criminali.

L’analisi delle Esigenze Cautelari: Attualità vs. Concretezza

Il punto più significativo della sentenza riguarda la valutazione delle esigenze cautelari. La Corte ha distinto nettamente i concetti di “concretezza” e “attualità” del pericolo di recidiva.
* La concretezza attiene alla capacità a delinquere del soggetto, desumibile dalla gravità dei reati commessi e dalla sua personalità.
* L’attualità si riferisce alla presenza di occasioni prossime al reato.
Secondo la Suprema Corte, il tempo trascorso dai fatti è solo uno degli elementi da considerare. Non è di per sé sufficiente a far venir meno l’attualità del pericolo se altri fattori, come nel caso di specie, indicano un’alta probabilità di reiterazione. Il giudice ha infatti valorizzato il ritenuto attuale inserimento dell’indagato in circuiti criminali, la gravità e la costanza dei reati nel settore del narcotraffico e il contesto associativo, elementi sufficienti a superare la presunzione di non attualità legata al decorso del tempo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso sottolineando che la valutazione del giudice del riesame era logica e coerente. L’identificazione dell’indagato non era basata su elementi fragili, ma su un insieme di prove convergenti (intercettazioni, GPS, osservazioni dirette, testimonianze indirette) che, lette congiuntamente, formavano un quadro di seria gravità indiziaria. Per quanto riguarda le esigenze cautelari, la decisione si fonda su un’analisi approfondita che non si limita al mero richiamo alla gravità del reato, ma considera il pericolo di recidiva concreto e attuale. Questo pericolo è stato desunto dalla stabilità dei legami dell’indagato con il mondo del narcotraffico e dalla sua consolidata capacità criminale, elementi che la difesa non era riuscita a smentire. La presunzione legale di adeguatezza della custodia in carcere per questo tipo di reati, quindi, non è stata superata.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma la custodia cautelare in carcere per l’indagato. Questa pronuncia è importante perché rafforza un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva deve essere globale e basata su elementi concreti relativi alla personalità dell’indagato e al suo contesto criminale. Il solo fattore temporale non può, da solo, escludere l’esistenza di valide esigenze cautelari quando sussistono prove di un radicamento stabile nel circuito del crimine.

Quando gli indizi sono sufficienti per la custodia cautelare in un caso di traffico di droga?
Secondo la Corte, non è necessario un singolo elemento di prova schiacciante, ma un “coacervo di risultanze investigative” convergenti. Nel caso specifico, l’identificazione si è basata su intercettazioni, geolocalizzazione, osservazioni della polizia e il riconoscimento tramite un soprannome, elementi che nel loro insieme creano un quadro di gravità indiziaria sufficiente.

Il semplice passare del tempo dai fatti contestati annulla le esigenze cautelari?
No. La Corte chiarisce che il tempo trascorso è solo uno degli elementi da valutare. Le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di recidiva, possono essere considerate attuali se altri elementi, come la gravità dei reati, la personalità dell’indagato e il suo inserimento in circuiti criminali, indicano un’alta probabilità che possa commettere nuovi reati.

In un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, quando si esclude l’ipotesi di ‘lieve entità’?
La Corte ha confermato la decisione del tribunale di escludere l’ipotesi lieve (art. 74, comma 6, d.P.R. 309/90) basandosi su elementi concreti come la gestione organizzata di una “piazza di spaccio”, l’esistenza di molteplici canali di rifornimento e i collegamenti con altre realtà criminali più vaste. Questi fattori indicano un’operatività che supera la soglia del “piccolo spaccio”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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