Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38476 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38476 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso
Lette le conclusioni della difesa del ricorrente, che insiste nell’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha rigettato la richiesta di riesame avverso la ordinanza emessa dal GIP di Salerno nei confronti di COGNOME NOME in relazione a fattispecie di concorso nella detenzione e cessione continuata di sostanze stupefacenti in concorso con COGNOME NOME (fatti avvenuti in Scafati dal marzo al luglio 2022, di cui ai capi 24 e 36 della contestazione provvisoria) e di partecipazione all’associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, diretta e organizzata da COGNOME NOME e da COGNOME NOME, consistita nell’attività di detenzione, trasporto, corriere e cessione di sostanza stupefacente su richiesta di COGNOME NOME, ovvero unitamente a questi, in favore di singoli cessionari e in particolare di COGNOME NOME e di COGNOME NOME.
Confermava la gravità indiziaria in relazione alla prospettazione accusatoria sulla base di intercettazioni telefoniche su utenza intestata a COGNOME NOME, di intercettazioni ambientali e riprese di telecamere poste all’ingresso dell’abitazione di COGNOME NOME da cui il Tribunale del Riesame, coerentemente con gli argomenti utilizzati dal giudice della cautela, evidenziava che il DCOGNOME, al di là della partecipazione ai singoli episodi di concorso, unitamente a COGNOME NOME, nella cessione di stupefacente a stabili clienti dell’organizzazione, aveva fornito un contribuito essenziale nel perseguimento delle finalità dell’ente, rendendosi disponibile, con cadenza quasi giornaliera, ad assecondare le direttive del COGNOME, ovvero ad accompagnarlo nelle varie transazioni, ad informarlo delle quantità e della qualità dello stupefacente, relazionandosi con le persone rifornite, conoscendo i luoghi di appuntamento con i clienti e di riunione con i sodali. Il che valeva ad indicarlo come elemento integrante della struttura criminosa, il quale si era posto a disposizione del capo promotore dell’associazione, COGNOME NOME, nella prospettiva di assecondare le sue direttive e di consentire all’organizzazione di realizzare rilevanti profitti volti a finanziarie le ulteriori intraprese della più ampia organizzazione criminale di riferimento.
Quanto alle esigenze cautelari richiamava i principi giurisprudenziali che coniugavano la doppia presunzione prevista dall’art.275 comma 3 cod.proc.pen. con l’esclusione di elementi in grado di contrastare la sussistenza di esigenze cautelari o che giustificassero una misura più gradata, soprattutto in relazione al decorso del tempo dalla realizzazione
delle condotte illecite; nella specie escludeva che ricorressero tali elementi, tenuto conto che da un lato il tempo decorso dai fatti non era particolarmente rilevante e dall’altro che il sostanziale asservimento del COGNOME ai vertici e alle finalità dell’associazione, in mancanza di comportamenti successivi che ne evidenziassero la recisione dei legami, ovvero l’allontanamento dal contesto di riferimento, costituivano espressione di attualità della spinta criminale.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME mediante la rappresentanza dell’AVV_NOTAIO, la quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria relativa al delitto di cui all’art.74 d.P.R. 309/90, rappresentando da un lato la sporadicità degli episodi di cessione contestati al ricorrente e l’assenza di una stabile radicazione del COGNOME nell’ambito associativo atteso che lo stesso, nel corso del periodo di riferimento, aveva svolto attività lavorativa dipendente retribuita, come emergeva da memoria difensiva depositata dinanzi al tribunale del riesame, che era allegata al ricorso, della quale si assumeva la omessa valutazione, con le doverose conseguenze in punto di nullità della ordinanza impugnata.
Con una seconda articolazione assume violazione di legge, anche processuale e difetto di motivazione in relazione alla attualità delle esigenze cautelari e nullità dell’ordinanza genetica per totale pretermissione delle ragioni per cui le esigenze cautelari non potessero essere soddisfatte mediante una misura cautelare meno afflittiva. Assume che i giudici della cautela, forti della presunzione di cui all’art.275 comma 4 dPR 309/90, avevano del tutto omesso di valutare la ricorrenza dei requisiti di concretezza e di attualità delle esigenze cautelari mediante una verifica personalizzata che tenesse conto della buona biografia penale del prevenuto e di un’attività lavorativa in essere, che valeva a creare un solco tra lo stile di vita sociale e professionale rispetto all’ambito criminale a cui si assume la intraneità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso risultano manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.
Va ricordato, in proposito, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta
illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugNOME, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Ssez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.Tiana, Rv.255460).
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di gravità indiziaria formulato.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla riconosciuta gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente all’associazione criminosa capeggiata da COGNOME NOME e da COGNOME NOME, risulta coerente con le risultanze investigative processuali e in particolare alla stregua del materiale captativo, dal contenuto univoco, che portano a indicare il COGNOME quale elemento di raccordo e persona di fiducia dei vertici dell’organizzazione, pienamente compreso nel perseguimento delle illecite finalità dell’ente, al quale contribuisce con una condotta utile e funzionale a tale fine.
2.1 Invero, quanto alla specificità dei ruoli rivestiti dai singoli associati lo stesso art. 74 D.P.R. 309/90 opera una fondamentale distinzione punendo, al primo comma, le condotte di chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’organizzazione mentre, al comma successivo, prevede una pena meno severa per chi partecipa alla associazione rivestendo un ruolo diverso; in generale tale partecipazione può dirsi integrata dalla
condotta di chi faciliti lo svolgimento della intera attività criminale così assicurando la concreta realizzazione del programma criminoso, con esclusione peraltro della mera disponibilità manifestata nei confronti di un singolo associato, anche se di livello apicale, ovvero la mera condivisione di intenti, essendo indispensabile la volontaria e consapevole realizzazione di concrete attività funzionali, apprezzabili come effettivo e operativo contributo all’esistenza e al rafforzamento dell’associazione (Sez. 6, n. 34563 del 17/07/2019, COGNOME Punzio, Rv. 276692).
consapevolezza di questi in relazione a tutte le dinamiche organizzative che regolavano l’associazione e governavano gli equilibri di questa e la sua contiguità con gli altri sodali. pate tali premesse, il giudice del riesame, con motivazione priva di illogicità e di contraddizioni, ha considerato la circostanza che il COGNOME, all’epoca dei fatti, svolgeva un’attività lavorativa, ma ha ritenuto tale profilo del tutto irrilevante ai fini della configurazione della gravità indiziaria, mentre ne ha affermato il carattere recessivo in ordine alla selezione della misura cautelare da applicare.
4. Manifestamente infondato è infatti il motivo di ricorso in punto di sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare l’adozione della misura cautelare in carcere. Del tutto corretto è infatti l’apprezzamento sviluppato in ordine sia alla concretezza sia all’attualità delle esigenze cautelari, in linea con il novum introdotto dalla legge n. 47 del 2015 sul disposto della lettera c) dell’articolo 274 c.p.p. Come è noto, l'”attualità” dell’esigenza cautelare non costituisce un predicato della sua “concretezza”. Si tratta, infatti, di concetti distinti, legati l’uno (la concretezza) alla capacità a delinquere del reo, l’altro (l’attualità) alla presenza di occasioni prossime al reato, la cui sussistenza, anche se desumibile dai medesimi indici rivelatori (specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato), deve essere autonomamente e separatamente valutata, non risolvendosi il giudizio di concretezza in quella di attualità e viceversa. Il Tribunale, difatti, anche circa il presupposto dell’attualità, lungi dall’aver posto alla base della valutazione in merito alle esigenze cautelari il mero richiamo alla gravità dei reati per cui si procede, ha sul punto argomentato non solo in ragione della doppia presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, ultima parte, operante con riferimento al capo d’incolpazione relativo al delitto associativo e esplicitamente ritenuta non vinta dalla difesa, ma anche in considerazione del ritenuto attuale inserimento del COGNOME in circuiti criminali legati al traffico di stupefacenti e del pericolo di recidiva desunto dalla gravità, reiterazione e costanza dei reati commessi nel settore del narcotraffico. Il giudice del riesame ha infatti rispettato i principi formulati dalla decisione della Corte Costituzione in relazione all’operatività della presunzione di cui all’art.275 comma 3 cod.proc.pen., evidenziando le ragioni da cui ha desunta una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie (contesto criminoso associativo, collegamenti con il settore del narco traffico, reiterazione di condotte criminose della stessa specie) ma nel contempo, non ha certo trascurato il decorso del tempo tra la misura e i
fatti sub iudice, evidenziando come la misura sia stata emessa dopo neppure un anno e mezzo dall’epoca in cui la struttura associativa era ancora operante con l’ausilio del COGNOME (luglio 2022). In questa prospettiva, risulta evidente che le doglianze appaiono generiche e prive di confronto con la motivazione della ordinanza impugnata. Il giudice del riesame ha rispettato pertanto l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (sez.3, 24.4.2018, COGNOME, Rv.273674.01; sez.5, 29.11.2018, COGNOME, Rv.277242.01; sez.5, n.12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv.282991). In tema di esigenze cautelari invero il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate; ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall’analisi della personalità dell’indagato, che dall’esame delle concrete condizioni di vita di quest’ultimo. Le indicate modalità e le caratteristiche della condotta criminosa e i profili afferenti alla personalità del prevenuto e alle concrete modalità dei reati (attività di spaccio continuativa, supporto all’organizzazione criminosa operante in Scafati, collaborazione con COGNOME NOME, vertice della struttura), costituiscono espressione della concretezza, ma anche dell’attualità delle esigenze cautelari connesse al pericolo di recidivazione criminosa, in ragione dei collegamenti posseduti con il mondo del narcotraffico che sono stati ritenuti fronteggiabili, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, con la misura cautelare applicata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condanNOME al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero di responsabilità, al pagamento di somma alla cassa delle ammende, che si indica in dispositivo.
5.1. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att./coord./trans. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 25 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Prpsiclente