Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17450 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17450 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 02/08/1987
avverso l’ordinanza del 03/01/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della Procura generale, in persona del Sostituto procuratore NOME COGNOME nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Brescia, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza con la quale, l’11 dicembre 2024, è stata applicata a carico di NOME la custodia cautelare in carcere per plurime fattispecie in materia di stupefacenti ex art. 73, commi 1, 1-bis, e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso l’ordinanza la difesa dell’indagato ha proposto ricorso fondato su due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deducono censure con riferimento alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, nella specie il pericolo di recidiva, essendo invece stato escluso il pericolo di fuga, e ai giudizi di proporzionalità e adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere.
2.1, Quanto all’attualità delle esigenze cautelari, la motivazione dei giudici di merito sarebbe manifestamente illogica: a) per aver ritenuto attuali le esigenze cautelari nonostante il decorso di circa due anni dalla commissione dei reati e la mancata richiesta di misura cautelare con riferimento allo stupefacente, cocaina e hashish, rinvenuto nella disponibilità dell’indagato in sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare; b) nella parte in cui, peraltro senza considerare l’attività lavorativa lecita del prevenuto, sarebbero stati ritenuti attuali le esigenze cautelari nonostante l’intervenuto arresto dei soggetti facenti parte delle due filiere mediante le quali operava l’indagato.
2.2. Circa i giudizi di adeguatezza e proporzionalità la motivazione sarebbe tautologica, quanto alla ritenuta incapacità autocustodiale dell’indagato, oltre che illogica.
Il Tribunale non si sarebbe confrontato con il documentato radicamento, anche lavorativo, dell’indagato nel territorio, anche in considerazione della commissione dei reati risalente a circa due anni addietro, e con l’intervenuto arresto dei soggetti ritenuti facenti parte delle due filiere delle quali si sarebbe servito il prevenuto nell’esecuzione dell’attività illecita.
Il provvedimento impugnato non avrebbe altresì argomentato in merito all’inidoneità dell’indicato luogo di esecuzione degli arresti donniciliari con strumenti elettronici di controllo.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi sono suscettibili di trattazione congiunta, è inammissibile per manifesta infondatezza.
Occorre premettere che (al pari del giudizio sulla gravità indiziaria) i giudizi circa la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura applicata (anche in relazione al ritenuto mancato superamento del regime presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc pen., laddove operante) sono sindacabili in sede di legittimità soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza, contraddittorietà insanabile ovvero in manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità non concerne dunque la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698 – 01).
Circa il merito cassatorio, rileva evidenziare che in tema di misure cautelari si è definitivamente chiarito che l’art. 274, lett. c), cod. proc pen., ne testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’indagato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale. Ne deriva che non è sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione ma è anche necessario prevedere che gli si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 3, n. 34154 del 24/4/2018, COGNOME Rv. 273674 – 01; si veda altresì Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, in motivazione).
Il principio è stato successivamente calibrato, anche da questa stessa Sezione, affermandosi che il requisito dell’attualità deve essere inteso nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’incolpato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una «specifica occasione» per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 4, n. 47837 del 4/10/2018, C., Rv. 273994 01, si veda altresì Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, cit.). Essa richiede
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difatti una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (cfr. Sez. 5 n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242 – 01; si veda altresì Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, cit.).
Quanto sopra si pone in linea di continuità con i principi elaborati ancor prima della novella di cui alla I. n. 47 del 2015 che ha introdotto nel testo dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., il requisito dell’attualità.
Si è infatti ritenuto, anche prima di tale modifica, che il requisito dell’attualità costituisse presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del pericolo, posto che l’attualità deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati ma come prognosi di commissione di delitti analoghi, fondata su elementi concreti, rivelatori di una continuità e effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata, al momento della adozione della misura, nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche e astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi (Sez. 6, n. 24779 del 10/5/2016 ! COGNOME, Rv. 267830 01; Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, COGNOME, Rv. 268366 – 01; Sez. 2, n. 53645 del 8/9/2016, COGNOME, Rv. 268977 – 01).
Orbene, l’infondatezza delle censure è manifesta avendo i giudici di merito mostrato di aver fatto corretta applicazione dei suddetti principi governanti la materia, previa sostanziale valutazione del tempo decorso e delle altre deduzioni difensive con motivazione non sindacabile in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogica.
Il riferimento è, in particolare, al ritenuto persistente pericolo di reiterazione in ordine al quale l’ordinanza impugnata si diffonde escludendo sostanzialmente, come invece esplicitato anche dal G.i.p., l’idoneità degli arresti domiciliari con strumenti elettronici di controllo, con riferimento a soggetto che, pur se gravato da precedente non specifico, ha operato in ausilio di altro invece operante nel mercato degli stupefacenti nonostante agli arresti domiciliari.
Sul punto rileva l’apparato motivazionale dei giudici di merito che fa perno sulla pervicacia criminale dell’indagato, stabilmente inserito nel mercato illecito di plurime tipologie di stupefacenti di livello medio-alto, e sulla pregnanza delle esigenze cautelari, anche in considerazione dei quantitativi trattati,
dell’organizzazione sottesa alla relativa attività e dell’estensione territoriale della stessa. Trattasi di misura disposta e confermata in sede di riesame con riferimento a innumerevoli ipotesi di detenzione, acquisto e cessione di stupefacente di diversa tipologia (cocaina, hashish e marijuana), oltre che per quantitativi pari anche a 1 kg e oltre per volta e, in un caso, a 16 kg (di marijuana) e 4 kg di hashish. L’attività illecita, consumata nel periodo 31 maggio-15 settembre 2022, è stata ritenuta commessa, in termini gravemente indiziari, tra più regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), in maniera organizzata e anche in ausilio di altro soggetto al fine di consentire allo stesso di continuare a operare nel settore degli stupefacenti nonostante agli arresti domiciliari. Il riferimento è alla proficua gestione di due canali di acquisto/cessione, con altrettante distinte filiere per tipologie di stupefacenti, resa possibile anche mediante l’utilizzo di mezzi di trasporto manomessi (muniti di doppiofondo) e di diversi luoghi di stoccaggio, tra cui due abitazioni nella ‘disponibilità dell’indagato, di cui una anche suo luogo di residenza. Gli elementi di cui innanzi, anche quanto alla valutazione delle esigenze cautelari in relazione al tempo decorso dalla commissione dei reati, peraltro in parte trascorso in custodia cautelare per altra causa, è stato letto in uno con il rinvenimento nella disponibilità del prevenuto, in sede di esecuzione della misura in atto, di 2 kg di cocaina, ancorché condotta non ascritta negli attuali capi d’incolpazione, oltre che di macchinette per contare il denaro, sacchetti di cellophane e varie sim card.
5. In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), nonché gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp. att. cod. proc. pen.
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Così deciso il 2 aprile 2025
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Il Presidente