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Esigenze cautelari: la Cassazione e la reiterazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due soggetti accusati di associazione per delinquere e numerosi reati predatori, confermando la custodia cautelare in carcere. La Corte ha ritenuto ancora attuale e concreto il pericolo di reiterazione dei reati, nonostante il parziale risarcimento offerto alle vittime. La decisione sottolinea come la gravità dei fatti e il radicamento degli indagati in un contesto criminale rendano inadeguate misure meno afflittive come gli arresti domiciliari, ritenendo logica e ben motivata la valutazione sulle esigenze cautelari operata dal Tribunale del riesame.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Carcere Confermato Anche in Caso di Risarcimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, si è pronunciata su un tema cruciale della procedura penale: la valutazione delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della custodia in carcere. Il caso riguarda due soggetti, accusati di essere a capo di un’associazione per delinquere dedita a rapine e furti in abitazione, ai quali era stata ripristinata la misura della custodia cautelare in carcere dal Tribunale del Riesame, in riforma di una precedente decisione che aveva concesso gli arresti domiciliari. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi, consolidando principi importanti sulla valutazione del pericolo di reiterazione del reato.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Due individui, indagati per associazione per delinquere e per aver commesso ben ventinove delitti tra furti in abitazione e rapine in un arco temporale di soli cinque mesi, si sono rivolti alla Corte di Cassazione. Essi contestavano l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva ripristinato la custodia in carcere, sostenendo che le esigenze cautelari si fossero affievolite. La difesa argomentava che la scelta del rito abbreviato eliminava il rischio di inquinamento probatorio, che non sussisteva pericolo di fuga e che il parziale risarcimento versato ad alcune vittime dimostrava un ridimensionamento del pericolo di reiterazione. A loro avviso, misure meno invasive come gli arresti domiciliari sarebbero state sufficienti a tutelare la collettività.

L’Analisi delle Esigenze Cautelari da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la linea difensiva, giudicando i ricorsi inammissibili. I giudici hanno ritenuto che la valutazione del Tribunale del Riesame fosse immune da vizi logici o violazioni di legge. Il fulcro della decisione risiede nella persistenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione dei reati, il cosiddetto periculum libertatis. Questo pericolo è stato desunto da elementi oggettivi e gravi.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su diverse argomentazioni. In primo luogo, la gravità e la serialità dei reati contestati (ventinove episodi in cinque mesi) delineano una spiccata capacità a delinquere e un profondo radicamento degli indagati in un ambiente malavitoso. In secondo luogo, il parziale risarcimento del danno, sebbene di importo rilevante, non è stato considerato un fattore attenuante. Anzi, la Corte ha sottolineato la totale incertezza sull’origine delle somme, ritenute più che verosimilmente provento di altri reati, dato che gli indagati e i loro familiari risultavano economicamente impossidenti.

Inoltre, i giudici hanno affermato che un breve periodo di detenzione non può aver prodotto un concreto effetto deterrente su soggetti così inseriti nel crimine. Di conseguenza, gli arresti domiciliari sono stati giudicati una misura inadeguata, poiché non in grado di garantire una cesura netta con il contesto delinquenziale e di scongiurare la commissione di nuovi reati. Infine, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso per cassazione avverso le ordinanze cautelari è ammissibile solo per violazione di legge o manifesta illogicità della motivazione, non per proporre una diversa lettura degli elementi di fatto già vagliati dal giudice di merito.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con forza che nella valutazione delle esigenze cautelari, la personalità dell’indagato, la gravità dei fatti e il suo inserimento in contesti criminali sono elementi preponderanti. Un risarcimento economico, specialmente se di provenienza dubbia, non è sufficiente a dimostrare un ravvedimento e a neutralizzare un concreto pericolo di reiterazione. La decisione conferma che, di fronte a reati gravi e seriali, la custodia in carcere rimane la misura più adeguata a proteggere la collettività, quando altre misure meno afflittive non offrono garanzie sufficienti a interrompere l’attività criminale.

Un risarcimento parziale alle vittime può ridurre le esigenze cautelari e portare a una misura meno grave?
No. Secondo la Corte, un risarcimento parziale non costituisce di per sé un fattore attenuante, soprattutto quando l’origine delle somme è incerta e verosimilmente illecita. Non è ritenuto sufficiente a dimostrare un reale cambiamento della condotta e ad escludere il pericolo di reiterazione dei reati.

Perché gli arresti domiciliari sono stati considerati una misura inadeguata in questo caso?
Gli arresti domiciliari sono stati ritenuti inadeguati perché, data la prognosi infausta basata sulla gravità dei fatti e sul profondo inserimento degli indagati in un contesto criminale, non avrebbero potuto garantire una netta interruzione dei legami con tale ambiente, né scongiurare efficacemente la possibilità di commettere nuovi reati.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice di merito sulle esigenze cautelari?
È possibile farlo solo se si denuncia una violazione di specifiche norme di legge o una manifesta illogicità della motivazione del provvedimento. Non è ammissibile un ricorso che, come in questo caso, si limiti a proporre una diversa valutazione degli elementi di fatto già esaminati dal giudice del riesame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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