Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11727 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11727 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Bari il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari del 08/06/2023
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichia inammissibile; sentiti i difensori dell’indagata, AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Bari, adito ex art. 310 cod. proc. pen., con ordinanza dell’8 giugno 2023 (motivazione depositata il successivo 23 giugno) ha rigettato l’appello cautelare proposto dall’indagata avverso l’ordinanza emessa dal Gip in data 21 marzo 2023 che ha respinto la richiesta di revoca o sostituzione della misura degli arresti domiciliari applicata – in sostituzione della custodia i carcere – in data 13 gennaio 2023, in riferimento alla contestazione provvisoria di cui all’art. 416-ter cod. pen. (capo 79, ex A) e all’art. 416 cod. pen. (Capo 80, ex B).
Avverso detta ordinanza l’indagata, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso deducendo, con unico motivo, l’erronea applicazione della legge processuale, in particolare gli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. Ciò in quanto il Tribunale ha ritenuto sussistente l’esigenza cautelare rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta delittuosa, ancorata alla presunzione relativa di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., correlata al reato di cui all’art. 416-ter cod. pen. scambio elettorale politico mafioso (oltre che per il reato di cui all’art. 416 c.p.), nonostante la stessa presunzione sia ormai venuta meno in concreto, atteso il tempo (otto mesi al momento del deposito dell’ordinanza impugnata) trascorso nel rigoroso rispetto da parte della ricorrente delle prescrizioni collegate al regime degli arresti domiciliari (con autorizzazione all’allontanamento per esigenze famigliari e di lavoro), nonché in virtù degli elementi – sopravvenuti – rappresentati dall’avere l’indagata un domicilio assai distante da Bari (Ginosa Marina) e dall’essersi dimessa da ogni carica pubblica. Da tali elementi emerge l’insussistenza dei necessari presupposti dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, individuate nell’ordinanza genetica quali presupposti per l’applicazione della misura. CONSIDERATO IN DIRITTO Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata ha considerato in modo adeguato le censure dell’indagata replicando, con motivazione non illogica, agli elementi addotti dalla COGNOME come dimostrativi dell’esser venute meno le esigenze cautelari, considerandoli non indicativi della cessazione di attualità e concretezza delle medesime.
In particolare, il Tribunale dell’appello cautelare ha ritenuto non rilevante a tal fine la circostanza dell’aver l’indagata trovato un regolare lavoro e ciò in quanto la contestazione cautelare ha ad oggetto condotte delittuose, poste in
GLYPH
-2(
essere nell’ambito di competizioni politiche, commesse in epoca in cui la RAGIONE_SOCIALE svolgeva comunque attività lavorativa in settore diverso (si occupava di un’azienda attiva nel settore farmaceutico) il che non le ha impedito di commettere i fatti contestati. Anche lo spostamento del domicilio in località Ginosa Marina è stato esaminato dall’ordinanza impugnata che ha evidenziato come tale circostanza peraltro non apprezzabile come “il frutto di una autonoma e spontanea scelta di prendere le distanze dal gruppo criminale di riferimento” – è già stata presa in considerazione dal AVV_NOTAIO al fine della concessione della meno afflittiva misura degli arresti domiciliari; misura peraltro corredata – a seguito di ordinanza del marzo 2023 – dalla possibilità di “allontanarsi dalla propria abitazione per accompagnare e riprendere il figlio a scuola nonché per provvedere ad altre esigenze di vita”, nonché, nelle more del procedimento di appello cautelare, “la COGNOME era autorizzata a svolgere attività di lavoro a Ginosa Marina a norma dell’art. 284, comma 3, cod. proc. pen.” (ordinanza impugnata, pag. 3).
4. Inoltre, la motivazione dell’ordinanza impugnata – che ha ad oggetto addebito cautelare per il quale è applicabile il particolare regime di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. – risulta in concreto rispettosa del principio, maggiormente garantista (non univoco ma al quale questa Sezione si è in varie occasioni riportata), secondo cui «In tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato, il giudice ha l’obbligo di motivare puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in cui, trattandosi di reati associativi o di delitto aggravato dall’art. 7 della legge n. 203 del 1991 (ora art. 416-bis.1 cod. pen.), non risulti la dissociazione dell’indagato dal sodalizio criminale» (Sez. 6, n. 19683 del 04/05/2021, COGNOME, Rv. 281273 – 02). Infatti, il Tribunale del riesame si è richiamato alle valutazioni del Gip – non adeguatamente contrastate nel ricorso – secondo cui “l’attualità del pericolo, cioè la circostanza che in un prossimo futuro si possano effettivamente presentare occasioni di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, è ricollegabile al fatto che come anzidetto – al di là della formale investitura in cariche pubbliche, ha dimostrato nei fatti che i suoi unici interessi attengono all’attività politica e a gestione illecita del potere, ambito nel quale continuerà ad operare – secondo gli stessi schemi collaudati – anche per interposta persona … ” (pag. 5).
4.1. Sotto altro profilo, la “mancata dissociazione” dell’indagata viene presa in considerazione quale elemento idoneo a corroborare la concretezza ed attualità 7 del pericolo di reiterazione della condotta delittuosa, “non emergendo indici di
allontanamento effettivo dagli ambienti criminali in cui è maturata la condotta illecita” (pag. 5).
In definitiva, l’ordinanza impugnata, non incorrendo in alcun vizio motivazionale, ha ritenuto tuttora sussistenti nei confronti dell’indagata apprezzabili esigenze cautelari da tutelarsi attraverso la misura degli arresti domiciliari, connotata da una serie di autorizzazioni tali da renderla nel concreto del tutto compatibile con la salvaguardia delle esigenze di vita familiare e lavorativa della ricorrente.
Per le suesposte ragioni, il ricorso va rigettato con conseguente condanna dell’indagata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 novembre 2023
I Consigl ore