Esigenze Cautelari: Quando il Carcere Rimane Necessario
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione delle esigenze cautelari deve basarsi su un’analisi concreta e attuale della pericolosità dell’imputato, che può prescindere da una parziale riqualificazione dei reati contestati. Anche se la sentenza di primo grado attenua le accuse, non è automatico un allentamento della misura restrittiva se il rischio di reiterazione del reato rimane elevato. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado a sette anni e otto mesi di reclusione per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. Durante il processo, il suo difensore aveva richiesto la revoca o la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, sostenendo che le esigenze cautelari si fossero attenuate.
Questa richiesta si basava principalmente su due punti:
1. La sentenza di primo grado aveva escluso un’aggravante e riqualificato uno dei capi di imputazione in un’ipotesi meno grave.
2. Era trascorso un notevole lasso di tempo tra i fatti contestati e l’applicazione della misura, e il gruppo criminale di riferimento si era ormai dissolto.
Tuttavia, sia il Giudice dell’udienza preliminare sia, in sede di appello, il Tribunale della libertà avevano rigettato l’istanza, confermando la detenzione in carcere. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.
La Valutazione delle Esigenze Cautelari da parte dei Giudici
Il Tribunale della libertà, nel confermare il carcere, aveva fondato la sua decisione su una valutazione complessiva della personalità e della condotta dell’imputato. Nonostante la parziale riqualificazione dei reati, i giudici hanno ritenuto che le esigenze cautelari fossero ancora pienamente sussistenti e attuali.
Gli elementi considerati determinanti sono stati:
* La gravità della condotta: L’imputato aveva un ruolo chiave come gestore di piazze di spaccio, pienamente funzionale alle attività del gruppo criminale.
* I precedenti penali: L’individuo aveva precedenti specifici per reati legati alla droga.
* La tendenza a delinquere: Era stato accertato che, anche dopo un precedente periodo di detenzione, l’imputato aveva ripreso le sue attività criminali.
Sulla base di questi fattori, il Tribunale ha escluso che misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, potessero essere sufficienti. La sua spiccata trasgressività e l’attitudine a “riannodare relazioni criminogene” sono state considerate un indicatore di una incapacità di autogoverno e di un concreto rischio di reiterazione del reato.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo l’argomentazione del Tribunale immune da vizi logici o violazioni di legge. Secondo gli Ermellini, la valutazione del giudice di merito è stata corretta e ben motivata. La decisione di mantenere la custodia cautelare in carcere non si è basata su un automatismo, ma su un’attenta analisi della pericolosità sociale del soggetto, che la sentenza di primo grado non aveva scalfito.
La Corte ha sottolineato che la gravità della condotta, il ruolo operativo all’interno dell’organizzazione criminale e i precedenti specifici sono elementi sufficienti a giustificare il mantenimento della misura più severa. La capacità di riprendere le attività illecite dopo la scarcerazione è stata vista come una prova evidente della persistenza delle esigenze cautelari.
Conclusioni
Questa sentenza chiarisce che la modifica del titolo di reato in primo grado non comporta automaticamente una revisione delle misure cautelari. La valutazione sulla necessità di tali misure resta ancorata a un giudizio concreto e personalizzato sulla pericolosità dell’imputato. La decisione finale deve bilanciare il diritto alla libertà dell’individuo con la necessità di proteggere la collettività dal rischio che egli possa commettere altri reati. In questo caso, la storia criminale dell’imputato e la sua persistente attitudine a delinquere hanno prevalso, giustificando la continuazione della custodia in carcere.
Una sentenza di primo grado che attenua le accuse comporta automaticamente un allentamento della misura cautelare?
No. Secondo la sentenza, una parziale riqualificazione dei reati non determina automaticamente l’attenuazione delle esigenze cautelari. La valutazione rimane ancorata all’analisi concreta della pericolosità sociale dell’imputato.
Quali elementi considera il giudice per valutare la persistenza delle esigenze cautelari?
Il giudice valuta la gravità complessiva della condotta, il ruolo dell’imputato nel contesto criminale, i precedenti penali (specialmente se specifici) e la sua tendenza a riprendere le attività illecite dopo periodi di detenzione.
Perché gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico sono stati ritenuti inadeguati in questo caso?
Sono stati ritenuti inadeguati perché la manifesta trasgressività dell’imputato, la sua incapacità di autogoverno e la sua attitudine a ristabilire contatti con altri criminali indicavano un rischio troppo elevato che potesse commettere altri reati anche da casa.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38674 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38674 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Lamezia Terme, il DATA_NASCITA; avverso l’ordinanza del 10/04/2025 del Tribunale della libertà di Catanzaro; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro, decidendo sull’appello cautelare, ha confermato il provvedimento con cui il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro ha rigettato l ‘ istanza di NOME COGNOME di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere applicatagli in relazione ai reati ex artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 per i quali è stato condannato alla pena di anni sette e mesi otto di reclusione nel primo grado di giudizio.
Nel ricorso e nelle successive conclusioni scritte presentati dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento dell’ ordinanza deducendo vizio della motivazione e violazione di legge circa la valutazione delle esigenze cautelari, attenuatesi a seguito della sentenza di primo grado, che ha escluso l’aggravante ex art. 74,
comma 4, e ha riqualificato il fatto oggetto del capo 44) ex art. 73, comma 4, d.P.R. cit.
Si adduce, inoltre, ch e l’ attualità delle esigenze cautelari è venuta meno per il dissolversi del gruppo criminale sin dal 13 novembre 2019 e si osserva che COGNOME è stato ininterrottamente detenuto dal luglio 2013 al luglio 2019, sicché la sua partecipazione all ‘ associazione criminale sarebbe comunque circoscritta a quattro mesi. Si evidenzia la distanza temporale fra i fatti e l’applicazione della misura avvenuta nel 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con argomentazione esente da manifeste illogicità ─ del resto non dimostrate dal ricorrente ─ Il Tribunale ha escluso ─ nonostante la parziale riqualificazione delle condotte nella sentenza di primo grado ─ che le esigenze cautelari si siano affievolite, valutando la gravità della condotta di COGNOME per il suo ruolo di gestore delle piazze di spaccio, pienamente funzionale alle esigenze del gruppo. Il giudice del riesame ha inoltre considerato i precedenti penali (anche specifici) di COGNOME e l’avere egli ripreso le condotte criminali pur dopo la scarcerazione.
Su queste basi, ha pure escluso l’idoneità degli arresti domiciliari, quand’anche con l’applicazione di un dispositivo elettronico di controllo, a salvaguardare le esigenze cautelari, argomentando che la trasgressività palesata da COGNOME ne dimostra l’incapacità di autogoverno e l’attitudine a riannodare relazioni criminogene con soggetti dediti al traffico di sostanze stupefacenti.
Pertanto, il ricorso risulta inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 23/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME