Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37363 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
NOME COGNOME COGNOME, nato in Brasile il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/05/2025 del Tribunale di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo di annullare con rinvio l’impugnata ordinanza nei confronti di NOME COGNOME, limitatamente alle esigenze cautelari, rigettando nel resto, e di dichiarare inammissibile il ricorso di NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla sussistenza delle esigenze cautelari, e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME NOME, ha chiesto di accogliere il ricorso di quest’ultimo.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 maggio 2025 il Tribunale di Napoli ha confermato il provvedimento emesso ii 17 aprile 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, con cui è stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari e a NOME COGNOME COGNOME quella della custodia in carcere.
Ataí’ 2 Ad entrambi gli indagati è 2artzt contestato provvisoriamente di avere partecipato a un’associazione finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica, provvedendo, anche con la complicità di pubblici uffficiali, ad alterare il regolare svolgimento delle procedure previste dalla legge per il riconoscimento a cittadini extracomunitari della residenza nei comuni di Frattaminore e Orta di Atella e della cittadinanza italiana. Sono stati, inoltre, ascritti: a NOME COGNOME un reato di falso concernente marche da bollo e all’altro indagato reati di falso e corruzione.
Avverso l’anzidetta ordinanza hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori degli indagati.
Il difensore di NOME COGNOME COGNOME ha dedotto i motivi di seguito indicati.
3.1. Erronea interpretazione della Legge n. 91/1992. Nei confronti del ricorrente è stata riconosciuta la sussistenza della gravità indiziaria rispetto a tutti i capi di imputazione provvisoria ascrittigli, per essersi sostanzialmente adoperato in favore di citatdini extracomunitari nella procedura finalizzata all’ottenimento della residenza: segmento di condotta non idoneo, però, ad integrare la fattispecie contestatagli. Il Tribunale avrebbe male interpretato la normativa vigente in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, che non richiede l’accertamento sostanziale della residenza anagrafica, con la conseguenza che un’eventuale intenzione di alterare o falsare tale accertamento sarebbe superflua.
3.2. Contraddittorietà della motivazione, per avere il Tribunale considerato che fossero stati compiuti degli accertamenti con esito negativo circa la presenza di un cittadino egiziano sul territorio in varie date, senza considerare che gli accessi anteriori alla data del 16 maggio 2022 erano meri tentativi, privi di esito pisitivo. Ne conseguirebbe che il ricorrente non avrebbe potuto sostitursi e far attestare la presenza del cittadino egiziano in data 12 maggio 2022.
3.3. Vizi della motivazione in ordine alle esigenze cautelari, in quanto le valutazioni del Tribunale sarebbero fondate unicamente su mere supposizioni. Alcune dichiarazioni, rese dalla moglie del ricorrente, sarebbero state equivocate e non si sarebbe tenuto conto che il medesimo ricorrente ha effettuato dei viaggi verso Londra, ma ha fatto anche ritorno in Italia.
Il difensore di NOME COGNOME ha dedotto i i motivi di seguito indicati.
4.1. Vizi della motivazione, per avere il Tribunale ritenuto che il ricorrente avesse fornito un contributo al sodalizio nel procurare sia immobili da utilizzare quali luoghi di fittizia residenza degli stranieri sia marche da bollo false. Sarebbe stato travisato il contenuto della conversazione, intercettata il 5 luglio 2023, fra il ricorrente e altre due persone coinvolte nella vicenda, da cui risulterebbe con chiarezza che l’unica finalità perseguita dal medesimo ricorrente sarebbe stata quella personale di fare un investimento immobiliare e, in particolare, di procedere all’acquisto di una casa, avendo la certezza di poterla dare in locazione per quattro anni alla sua interlocutrice. La qualità di partecipe dell’associazione si fonderebbe, pertanto, sull’attribuzione alla conversazione di un contenuto diverso da quello effettivamente espresso (da qui il denunziato travisamento) e, al contempo, sul mancato confronto con la ricostruzione alternativa offerta dalla difesa. L’avvenuta registrazione di tutti i contratti locazione, stipulati con l’associazione di cui era legale rappresentante la coindagata COGNOME, e il pagamento dei canoni con strumenti tracciabili costituirebbero, secondo l’assunto difensivo, ulteriori riscontri alla tesi della estraneità del ricorrente al sodalizio criminoso ed anche tali risultanze sarebbero state del tutto pretermesse dal Collegio, pur assumendo rilievo rispetto ad una alternativa ricostruzione della vicenda. Sarebbe stata, inoltre, non valutata la memoria prodotta, nella parte in cui si erano evidenziati il carattere del tutto episodico delle cessioni delle marche da bollo e l’assenza di qualsivoglia verifica idonea a stabilire che i valori bollati forniti nell’anno 2021 fossero quelli apposti sulle pratiche di cittadinanza sequestrate nel 2023. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.2. Apparenza della motivazione rispetto alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, non essendo stati valutati sia il difetto della perduranza di rapporti fra il ricorrente e l’associazione “RAGIONE_SOCIALE“, per effetto dell cessazione di tutti i rapporti locatizi negli anni 2022 e 2023, sia la collocazione temporale delle forniture di marche da bollo, risalenti al 2021. Inoltre, non sarebbero state spiegate le ragioni della ritenuta inadeguatezza di eventuali misure di minore rigore a soddisfare le esigenze cautelari.
Il 24 settembre 2025 è pervenuta memoria difensiva nell’interesse di NOME COGNOME, con cui si è reiterata la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato e si è evidenziato che il Pubblico ministero aveva prestato il consenso a determinare la pena, in sede di patteggiamento, in misura pari a due anni di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME COGNOME è inammissibile, mentre quello di NOME COGNOME è fondato nei limiti e termini di seguito indicati.
Prendendo le mosse dal ricorso di NOME COGNOME, va rilevato che dalle indagini svolte e precipuamente dalle conversazioni intercettate il Tribunale ha desunto che l’indagato aveva consapevolmente fornito il proprio contributo all’associazione, mettendo a disposizione diversi immobili utilizzati per registrare le residenze di comodo dei clienti di COGNOME e COGNOME, nonché fornendo consistenti quantitativi di marche da bollo false, utilizzate per la presentazione delle istanze»
A fronte della motivazione del provvedimento impugnato il ricorrente ha sollevato censure, relative alla ritenuta gravità indiziaria, che si basano su una lettura parcellizzata del compendio investigativo e sollecitano una diversa interpretazione dei dialoghi intercettati.
Va però rilevato che in questa sede non è possibile operare una reinterpretazione del contenuto delle captazioni acquisite, sulla scorta di quanto prospettato dalla difesa del ricorrente, essendo tale operazione di ermeneutica processuale preclusa alla Corte di cassazione, conformemente al principio di diritto secondo cui, in materia di intercettazioni telefoniche, costituiscono questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del Giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato dal Giudice di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; Sez. 6, n. 11794 dell’11/02/2013, COGNOME, Rv. 254439 – 01). Profili, questi ultimi, non sussistenti nel caso in esame, non ravvisandosi nel provvedimento impugnato alcuna incongruità valutativa, avendo, invece, il Tribunale, nell’attribuire un significato alle conversazioni intercettate, tenuto conto del contesto in cui le conversazioni si inserivano.
Va aggiunto che neanche la censura relativa all’omessa valutazione della memoria difensiva nella parte in cui era stata chiesta una più approfondita
lettura della conversazione intercorsa fra il ricorrente e la coindagata COGNOME coglie nel segno, avendo il Tribunale adeguatamente motivato anche in ordine a tale conversazione (cfr. pagina 8 e 9 del provvedimento impugnato).
3. E’ fondato, invece, il secondo motivo.
Deve premettersi che la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione dei reati, di cui all’art. 274, comma 1 1 lett. c) cod. proc. pen., deve essere desunta sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, che dalla personalità dell’imputato, valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti concreti, attraverso una valutazione che, in modo globale, tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati (Sez. 4, n. 37566 dell’1/04/2004, Albanese, Rv. 229141 – 01).
Questa Corte, in più pronunce sul punto, ha chiarito che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede una valutazione prognostica circa la probabile ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza dello stato di pericolosità personale dell’indagato dal momento di consumazione del fatto sino a quello in cui si effettua il giudizio cautelare, desumibile dall’analisi soggettiva della sua personalità, sia sulla presenza di condizioni oggettive ed “esterne” all’accusato, ricavabili da dati ambientali o di contesto, quali le sue concrete condizioni di vita in assenza di cautele, che possano attivarne la latente pericolosità. Ne consegue che il pericolo di reiterazione è attuale ogni volta in cui sussista un pericolo di recidiva prossimo all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non imminente (cfr. Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, dep. nel 2017, COGNOME, Rv. 269684 – 01; Sez. 2, n. 53645 del 08/09/2016, NOME, Rv. 268977 – 01).
Di tali principi non ha fatto corretta applicazione il Collegio del riesame di Napoli.
Nel provvedimento impugnato, infatti, si è sottolineato che le modalità di estrinsecazione dei fatti, continuati e reiterati nel tempo secondo un chiaro programma criminoso – che, creando ulteriori sinergie anche con altrettanti pubblici dipendenti, poteva esporsi e diffondersi anche in altri enti territoriali, i specie nell’interland partenopeo – deponevano per la non occasionalità degli episodi in contestazione e agevolavano l’assunto sulla sussistenza di esigenze cautelari di grado e intensità elevate e di un concreto e attuale pericolo di recidiva. Le intercettazioni registrate avevano palesato, inoltre, anche un chiaro pericolo di inquinamento probatorio, posto che, avvedutisi dell’indagine in corso a seguito dei sequestri di documentazione e dei dispositivi informatici, molti degli
indagati erano stati sorpresi intenti ad escogitare stratagemmi per porre rimedio alle loro malefatte.
Così argomentando, però, il Tribunale non ha dato risposta alle deduzioni difensive relative all’avvenuta cessazione dei rapporti contrattuali fra il ricorrente e la coindagata COGNOME sin dal 2023 e alla risalenza al 2021 dell’ultima fornitura di marche da bollo. Ciò / pur essendo stata prodotta documentazione a supporto e pur potendo tali circostanze assumere rilievo pregnante al fine della valutazione sull’attualità del pericolo di reiterazione dei reati.
Come poi sottolineato nel ricorso, il Tibunale ha svolto un’analisi astratta e presuntiva della diffusività del fenomeno criminoso, ipotizzando genericamente che esso potesse coinvolgere altri muni dell’hinterland campano, e ha fatto generico riferimento agli indagati intenti ad escogitare stratagemmi, senza, però, effettuare alcun riferimento concreto e specifico alla persona e alla condotta del ricorrente.
All’evidenza generica è anche l’affermazione secondo cui una misura di carattere meramente obbligatorio non sarebbe in grado di neutralizzare efficacemente i pericoli, essendo appena sufficiente quella auto-custodiale disposta.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio per una nuova valutazione sul punto al / Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Passando al ricorso di NOME COGNOME COGNOME, va rilevato che i primi due motivi non sono consentiti.
Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione della legge n. 91/1992 in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana a cittadini extracomunitari, ma tale questione non era stata sollevata con l’atto di riesame, con la conseguenza che non può essere introdotta in questa sede.
Le censure sollevate con il secondo motivo, invece, sono versate in fatto e sollecitano una diversa valutazione delle emergenze acquisite, che, però, non rientra nei compiti del Giudice di legittimità.
Va ribadito, infatti, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianìti, Rv. 270628 01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, NOME, Rv. 252178 – 01). Correlativamente,
allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del decisum e abbia adottato una motivazione congrua rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
5. Il terzo motivo è privo di specificità.
Il Tribunale ha specificato che, nonostante fosse decorso un anno dall’accertato concreto rischio di fuga di COGNOME e di COGNOME (cfr. annotazione di PG in data 31 maggio 2024), palesemente intenzionati a lasciare il territorio italiano allorquando la donna avesse ottenuto gli arresti domiciliari, era ragionevole sostenere che il ricorrente potesse optare per il trasferimento all’estero, ove ha legami familiari ed extra familiari, e così potesse sottrarsi al processo a suo carico.
Il Collegio del riesame ha aggiunto che la misura cautelare di massimo rigore, obiettivamente utile a rescindere i fitti rapporti, contatti e collegamenti che gli indagati vantano con uno strutturato circuito criminale, oltre che proporzionata all’entità del fenomeno indagato e alla gravità dei reati contestati, si rendeva indispensabile per l’assenza di un domicilio di esecuzione della misura degli arresti domiciliari idoneo, non ritenendosi tale il domicilio familiare ove risulta essere agli arresti domiciliari la compagna NOME COGNOME, il cui contatto quotidiano con il ricorrente avrebbe aumentato in modo esponenziale il pericolo di reiterazione dei reati o di commissione di altri di analoga natura.
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a ribadire quanto già dedotto dinanzi al Tribunale ovvero ha contestato in maniera assertiva il ragionamento articolato dal Collegio del riesame, senza evidenziare, però, profili di effettiva illogicità.
6. La declaratoria di inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME NOME comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La Cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp. attuaz. cod. proc. pen. ter,
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 01/10/2025.