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Esigenze cautelari: la Cassazione annulla ordinanza

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia domiciliare per reati di droga. Sebbene il quadro indiziario sia stato confermato, la Corte ha ritenuto la motivazione sulle esigenze cautelari insufficiente, in quanto non adeguatamente ponderato il lungo tempo trascorso dai fatti e lo stato di detenzione dell’indagato per altra causa. La decisione sottolinea la necessità di una valutazione concreta e attuale del pericolo di recidiva per giustificare una misura restrittiva.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Quando il Tempo Che Passa Incide sulla Misura

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13354 del 2024, offre un’importante lezione sulla valutazione delle esigenze cautelari, specialmente quando è trascorso un significativo lasso di tempo dai fatti contestati. La Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia domiciliare, non perché mancassero gli indizi, ma perché la motivazione sulla persistenza del pericolo di recidiva era diventata apparente e non più concreta. Questo caso dimostra come il giudice debba sempre effettuare una valutazione attuale e specifica della pericolosità sociale dell’indagato.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’ampia indagine su un’associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, con ramificazioni internazionali. Nell’ambito di questa inchiesta, un soggetto è stato posto agli arresti domiciliari per due specifici episodi di cessione di marijuana, avvenuti nell’ottobre del 2020. Le prove a suo carico derivavano principalmente da intercettazioni ambientali. L’indagato, tramite i suoi difensori, ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, che aveva confermato la misura cautelare, sollevando diverse questioni procedurali e di merito davanti alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le Valide Esigenze Cautelari

La difesa ha articolato il ricorso su più fronti:
1. Mancanza di autonoma valutazione: Si lamentava che il Tribunale del Riesame avesse recepito acriticamente le argomentazioni del primo giudice.
2. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Si contestava la procedura di esecuzione delle intercettazioni ambientali, realizzate con apparecchiature di una società privata.
3. Mancata iscrizione nel registro degli indagati: Si eccepiva la tardiva iscrizione del nome dell’indagato per i reati specifici, chiedendone l’inutilizzabilità degli atti.
4. Debolezza degli indizi: Le conversazioni intercettate venivano definite equivoche, potenzialmente riferibili a lecite attività agricole.
5. Carenza delle esigenze cautelari: Il punto cruciale, su cui si è fondato l’accoglimento del ricorso, riguardava l’assenza di attualità e concretezza del pericolo di recidiva, dato il tempo trascorso (i fatti risalivano a quasi tre anni prima) e lo stato di detenzione dell’indagato per un’altra causa.

La Corte di Cassazione ha rigettato i primi quattro motivi, ritenendoli infondati. Ha chiarito che l’uso di impianti noleggiati da privati, se attivati presso i locali della Procura, non richiede una motivazione rafforzata. Ha inoltre ribadito che la tardiva iscrizione nel registro degli indagati non rende inutilizzabili gli atti di indagine compiuti precedentemente. Anche la valutazione sulla gravità indiziaria è stata ritenuta immune da vizi logici dal giudice di merito.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

Il cuore della sentenza risiede nell’accoglimento del quinto motivo, quello relativo alle esigenze cautelari. La Corte ha censurato la decisione del Tribunale del Riesame per la sua motivazione carente. Sebbene il Tribunale avesse sottolineato la presunta stabilità del ricorrente nel circuito del narcotraffico, non aveva adeguatamente spiegato perché, a distanza di anni dai fatti, il pericolo di reiterazione del reato fosse ancora concreto e attuale.

In particolare, la motivazione del riesame è stata giudicata ‘apparente’ perché non ha preso in specifica considerazione due elementi fondamentali:
* Il decorso del tempo: Un considerevole intervallo temporale tra i fatti contestati e la decisione sulla misura cautelare richiede una motivazione più stringente sulla persistenza del pericolo.
* Lo stato di restrizione: Il fatto che l’indagato fosse già detenuto per un’altra causa non era stato adeguatamente valutato per capire se avesse inciso sulla sua pericolosità attuale.

La Corte ha stabilito che il giudice del riesame avrebbe dovuto spiegare se e come lo stato di detenzione fosse collegato a episodi di narcotraffico, tale da essere espressione di una ‘perdurante pericolosità’, oppure se fosse relativo a fatti completamente diversi e quindi ininfluente.

Le Conclusioni della Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame limitatamente al punto delle esigenze cautelari. Il Tribunale dovrà ora procedere a una nuova e più approfondita valutazione, che tenga conto in modo concreto del tempo trascorso e dello stato detentivo dell’indagato, per stabilire se sussista ancora oggi un pericolo effettivo che giustifichi il mantenimento della misura della custodia domiciliare. Questa decisione riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la libertà personale può essere limitata solo in presenza di ragioni gravi, attuali e concretamente dimostrate.

Quando la motivazione sulle esigenze cautelari è considerata insufficiente o ‘apparente’?
Secondo la sentenza, la motivazione è apparente quando non analizza specificamente elementi cruciali come il notevole lasso di tempo trascorso dai fatti contestati e lo stato di detenzione dell’indagato per altra causa, limitandosi ad affermazioni generiche sulla sua pericolosità senza dimostrarne l’attualità e la concretezza.

L’utilizzo di impianti di intercettazione noleggiati da una ditta privata è legittimo?
Sì, la Corte ha confermato che è legittimo utilizzare impianti noleggiati da imprese private, a condizione che l’esecuzione delle operazioni avvenga nei locali della Procura della Repubblica. In tal caso, non è necessaria una motivazione specifica sull’urgenza o sull’indisponibilità di impianti pubblici.

La mancata o tardiva iscrizione di un indagato nel registro delle notizie di reato rende inutilizzabili le indagini svolte?
No. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’omessa o ritardata iscrizione nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p. non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti. I termini di durata delle indagini, infatti, decorrono dal momento dell’effettiva iscrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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