Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17010 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17010 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME GuglielmoCOGNOME nato a Caserta il 09/01/1976
avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alle esigenze cautelari e per l’inammissibilità del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di riesame avanzata da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 3 dicembre scorso, che gli ha applicato gli arresti domiciliari in relazione ai reati di associazione per delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, falsi materiali e ideologici in atti pubblici, frodi assicurative.
Gli si addebita, in sintesi, di avere organizzato, guidato e gestito finanziariamente, insieme al fratello NOME, un’organizzazione criminale dedita alla simulazione di sinistri stradali con lesioni personali, al fine di ottenere indebi risarcimenti dalle compagnie assicurative, con il consapevole contributo di medici corrotti, di finti danneggiati (cc.dd. “comparse”) e di loro procacciatori.
Il ricorso, per lui proposto dal suo difensore, è sostenuto da tre motivi.
2.1. Con il primo si lamenta la nullità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, per violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen., in ragione dell’omessa valutazione delle allegazioni offerte dalla difesa all’atto dell’interrogatorio, nonché si denuncia il vizio della motivazione con cui il Tribunale del riesame ha disatteso la relativa eccezione.
I giudici del riesame, in particolare, a fronte dell’assenza di qualsiasi accenno, nell’ordinanza applicativa della misura, alla memoria difensiva depositata al primo giudice, hanno affermato che le relative argomentazioni difensive sarebbero state implicitamente disattese, rimanendo assorbite dal giudizio di gravità indiziaria contenuto in quel provvedimento: obietta la difesa, però, che, in questo modo, si finisce per svuotare di significato la citata previsione normativa, consentendo sempre di eludere l’onere motivazionale da essa imposto.
Nello specifico, poi, tale vizio della motivazione si presenterebbe particolarmente evidente nella valutazione sull’attualità delle esigenze cautelari, avendo l’ordinanza genetica completamente omesso di considerare la documentazione difensiva che comprovava lo svolgimento, da parte dell’indagato, di un’attività lavorativa lecita in un settore del tutto diverso da quello in c sarebbero maturate le condotte addebitategli.
2.2. Il secondo motivo censura la motivazione in punto di gravità indiziaria per il delitto associativo. Si osserva, in sintesi, che:
-l’ordinanza impugnata non indica alcun elemento da cui desumere un effettivo contributo del ricorrente alla realizzazione degli scopi del sodalizio criminale, né spiega sulla base di quali elementi debba ritenersi che egli abbia agito per il raggiungimento di uno scopo comune e non, invece, soltanto per un utile personale;
COGNOME ha avuto contatti solo con i coindagati COGNOME ed COGNOME, non con i medici o con le “comparse” ed è inspiegabile che il Tribunale abbia ritenuto tale circostanza come elemento a suo carico, anziché a lui favorevole;
le conversazioni intercettate sono poche e non chiare e l’ordinanza non spiega quale vantaggio il ricorrente abbia ritratto dalla partecipazione all’ipotetico sodalizio, non essendovi prova di ripartizione di spese ed incassi, di distribuzione di utili, di reciproca mutualità tra i presunti associati;
non è significativa l’affermazione, contenuta in un dialogo intercettato e valorizzata dall’ordinanza, per cui i fratelli COGNOME fossero «soci», provenendo essa da un terzo ed esprimendo solo una valutazione di quest’ultimo;
-la motivazione, nel suo complesso, è contraddittoria, perché deduce la “affectio societatis” dalla ritenuta partecipazione del ricorrente ai singoli “reatiscopo”, ma, ad un tempo, ne afferma la responsabilità per questi ultimi in ragione del suo ruolo organizzativo all’interno della consorteria;
quanto, poi, a tale ruolo qualificato, esso non sarebbe sorretto da alcuna emergenza specifica: nessuna intercettazione dimostra che egli avrebbe sopportato esborsi per l’associazione; non risultano documentati rapporti con la quasi totalità degli ipotetici associati, in particolare, con i medici, nemmeno di semplice conoscenza personale; a molte delle vicende ricondotte dagli inquirenti all’organizzazione, inoltre, egli è rimasto estraneo.
2.3. Il terzo motivo di ricorso si duole dei medesimi vizi per la parte relativa alle ravvisate esigenze cautelari, che mancherebbero di concretezza ed attualità.
Il Tribunale, applicando alle misure cautelari un concetto di “pericolosità sociale” invece proprio delle misure di prevenzione, ha parlato di professionalità criminale dell’indagato, senza tuttavia considerare che: i fatti risalgono a cinque anni or sono e non risultano documentati, da allora, contatti tra il ricorrente ed altri presunti associati; si tratta di soggetto non soltanto incensurato, ma altresì impegnato in un’attività lavorativa lecita, già dal 2001, in un settore del tutto diverso; inoltre, la richiesta di applicazione di misura cautelare è stata presentata dal Pubblico ministero nel 2022 e l’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., impone di tener conto del tempo trascorso dalla commissione dei fatti.
L’assunto per cui COGNOME potrebbe proseguire la sua attività illegale in parallelo a quella lecita si rivelerebbe, pertanto, puramente congetturale, poiché non legato ad alcuna specifica emergenza investigativa.
Infine, il ricorso segnala che, facendo proprie sostanzialmente le esposte ragioni difensive, lo stesso Tribunale, nella medesima composizione, decidendo della richiesta di riesame avanzata da un coindagato la cui posizione è sovrapponibile a quella del Di COGNOME, ha escluso l’attualità delle esigenze cautelari; e che, inoltre, è stato emesso avviso di conclusione delle indagini, con conseguente inesistenza di qualsiasi pericolo di compromissione della prova.
2.4. Il difensore del ricorrente ha depositato motivi aggiunti, dolendosi principalmente del difetto di una motivazione completa in punto di gravità indiziaria per tutti i “reati-scopo”, poiché il Tribunale si sarebbe limitato ad indicar specifiche emergenze indiziarie soltanto per alcuni di quelli, giungendo ad analoga conclusione per gli altri soltanto in ragione del ritenuto ruolo associativo dell’indagato, secondo un inaccettabile percorso argomentativo apodittico. In
proposito, la difesa ribadisce altresì la censura, già rassegnata in ricorso, relativa alla “circolarità” della prova dei “reati-fine” e della partecipazione al sodalizio reciprocamente dedotta l’una dall’altra.
Infine, ribadisce il difetto di motivazione, anche riguardo ai singoli “reatiscopo”, sul fatto che l’indagato avrebbe agito per un fine comune e non puramente personale, nonché sulle utilità che ne avrebbe ritratto.
Il Procuratore generale ha trasmesso in cancelleria la propria requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento con rinvio limitatamente al punto relativo alle esigenze cautelari e per l’inammissibilità del ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, in tema di omessa valutazione autonoma degli elementi di prova offerti dalla difesa, è inammissibile per genericità, poiché sostanzialmente reiterativo di quello già rassegnato con la richiesta di riesame.
L’ordinanza impugnata, infatti, ha escluso la lamentata omissione o, se non altro, la rilevanza di essa, spiegando che la documentazione prodotta dalla difesa all’atto dell’interrogatorio, tesa a dimostrare che l’indagato lavorasse lecitamente, è stata valutata dal Giudice per le indagini preliminari e che, comunque, quest’ultimo, ai fini del proprio giudizio, non ha dato alcun peso alla circostanza invece dedotta dal Pubblico ministero, unitamente ad altre, a sostegno della sua richiesta di misura cautelare – per cui COGNOME non svolgesse un lavoro regolare.
Quanto, poi, alla valutazione delle deduzioni presentate con la memoria difensiva, corretto è il rilievo del Tribunale per cui l’art. 292, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen., impone al giudice di tener conto degli «elementi forniti dalla difesa», dovendo per tali intendersi i soli dati di natura oggettiva e concludente ai fini decisori e non anche le mere posizioni difensive negatorie, le prospettazioni di tesi alternative, le diverse interpretazioni degli elementi indiziari e gli assun defatigatori, che restano assorbiti nel complessivo apprezzamento operato dal giudice della cautela (così, tra altre: Sez. 3, n. 47593 del 15/10/2024, COGNOME, Rv. 287275; Sez. 5, n. 44341 del 13/05/2019, Paris, Rv. 277127).
Il secondo motivo, riguardante la motivazione del giudizio di gravità indiziaria, è anch’esso inammissibile, perché esso pure generico, nonché elusivo di un puntuale confronto con le risultanze istruttorie illustrate nell’ordinanza o, in altri punti, consistente nella semplice prospettazione di una valutazione alternativa di quelle, peraltro derivante da una disamina separata e decontestualizzata di ognuna, che, come tale, è fuorviante.
Il provvedimento impugnato rassegna in maniera puntuale, invece, un compendio investigativo ponderoso (pagg. 17 – 21), la cui valutazione non presenta alcun profilo d’illogicità manifesta, perciò sottraendosi a censura in questa sede.
Dove la motivazione dell’ordinanza impugnata presenta una flessione logica, invece, è nella parte relativa alla valutazione delle esigenze cautelari.
Il Tribunale, infatti, rileva che le condotte delittuose del Di Sarno si sono fermate al 2020, ma attualizza il pericolo di reiterazione criminosa valorizzando due episodi più recenti (giugno 2022 ed aprile 2023), relativi al rinvenimento, tuttavia nella disponibilità di altre persone, di falsi documenti d’identità riguardanti soggetti coinvolti nei fatti oggetto di giudizio: di qui, la deduzione della perdurante attività del gruppo criminale con modalità operative analoghe, che, considerata unitamente alla professionalità dell’indagato, alla sua vasta rete di contatti ed all’assenza di qualsiasi segno di un suo ravvedimento o di un mutamento della condotta di vita, deporrebbe per l’attualità di quella esigenza cautelare.
Si tratta di un argomentare ellittico, giacché, per un verso, non viene indicato alcun elemento sintomatico di un’eventuale strumentalità di quei documenti contraffatti ad ulteriori attività analoghe a quelle per cui si procede, ma soprattutto a suggerire plausibilmente l’eventuale coinvolgimento in esse del Di COGNOME; e perché, per altro verso, ai fini della prova del “mutamento di vita” dell’indagato, si pretende la dimostrazione positiva di comportamenti specifici, svalutando completamente e senza motivo, invece, una circostanza, come quella del lungo tempo trascorso dai fatti senza che egli sia andato incontro ad ulteriori censure, che si presenta obiettivamente significativa.
Sul punto, dunque, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, con rinvio al giudice del riesame per la necessaria rivalutazione, sulla base di eventuali elementi od argomenti ulteriori.
4. Inammissibili, infine, sono i motivi aggiunti.
4.1. Quelli riguardanti la “circolarità” della prova tra delitto associativo “reati-scopo” nonché il difetto di motivazione sullo scopo egoistico dell’indagato e sugli utili da lui ritratti ripetono, sostanzialmente, doglianze già proposte con i ricorso: per cui vale quanto già osservato al precedente § 2.
4.2. Quello, invece, sul difetto di motivazione in punto di gravità indiziaria per i “reati-fine” non è consentito, trattandosi di tema non devoluto con il ricorso. I motivi nuovi a sostegno dell’impugnazione, infatti, debbono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto
di gravame ai sensi dell’art. 581, lett.
a), cod. proc. pen. (per tutte, già
Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, COGNOME, Rv. 210259).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Napoli, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p..
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025.