Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15097 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Tropea il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 3/10/2023 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza, emessa il 3 ottobre 2023 nei confronti di NOME COGNOME, il Tribunale di Catanzaro, in parziale accoglimento dell’istanza di RAGIONE_SOCIALE, ha annullato il provvedimento impugnato limitatamente al capo 140) e ha confermato nel resto, compresa la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata.
Le ipotesi provvisoriamente ascritte al ricorrente riguardano la commissione di plurime truffe aggravate ai danni dell’RAGIONE_SOCIALE, consumate attraverso il concorso di più soggetti, nonché di accessi abusivi a sistema informatico protetto, rivelazione di segreti di ufficio e corruzione propria. In particolar NOME COGNOME aveva, previo accordo e accesso alle banche dati e piattaforme previdenziali dell’RAGIONE_SOCIALE, fornito informazioni ai soggetti concorrenti del reato di truffa, al fine di permettere loro di prevenire le visite fiscali di control
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, il quale ha dedotto i motivi di seguito indicati.
3.1. Violazione di legge e vizi della motivazione in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Il Tribunale non avrebbe considerato la deduzione contenuta a pagina 5 dei motivi di RAGIONE_SOCIALE, secondo cui dalla pagina 126 del provvedimento coercitivo emergerebbe che non sarebbe stato il ricorrente a comunicare notizie riservate, ma la conoscenza delle visite medico legali sarebbe stata acquisita dai marittimi in cassa-malattie con il passaparola, a seguito dell’avvistamento di un medico o della comunicazione di un loro compagno di lavoro. Il Tribunale non avrebbe inoltre considerato che il ricorrente non era abilitato al sistema gestionale Savio, sul quale erano indicate le visite mediche.
3.2. Violazione di legge e vizi della motivazione in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari, per essere stata richiamata in maniera apodittica la gravità del fatto e la spregiudicatezza del ricorrente, senza valutare se sussistessero occasioni prossime per delinquere e considerare che i fatti risalgono al 2018 – 2020. Per di più, già prima dell’intervento dell’autorità giudiziaria il ricorrente sì era allontanato dalle dinamiche criminali e risult sospeso da settembre 2023, così da essere assolutamente impossibilitato a far rientro presso l’Istituto previdenziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riguardo alle esigenze cautelari.
Il Tribunale ha sostenuto che la piattaforma indiziaria era caratterizzata principaliter dai risultati di una copiosa e cospicua attività di intercettazione telefonica, pienamente utilizzabile stante la legittimità dei provvedimenti con cui era stata disposta o prorogata.
Il RAGIONE_SOCIALE ha precisato, poi, che dalle conversazioni intercettate – intervenute tra soggetti direttamente coinvolti nella commissione dei fatti per cui è processo, sicché il grado di conoscenza che costoro possedevano rispetto alle vicende sviscerate nel corso dei colloqui era massimo – era emerso che già dal mese di novembre 2018 vi era un consolidato gruppo di lavoratori marittimi che, agendo in concorso tra loro e con l’ausilio anche del ricorrente, avevano posto in essere una serie di truffe aggravate in danno dell’RAGIONE_SOCIALE, avendo ottenuto indebitamente, tramite induzione in errore dell’ente preposto, la percezione dell’indennità cosiddetta di cassa marittima.
Dal compendio intercettivo (in particolare dalle conversazioni riportate nel provvedimento impugnato ai fogli 4, 5 e 6) si evinceva chiaramente che l’odierno ricorrente (menzionato con il suo nome o cognome nelle conversazioni) aveva comunicato indebitamente informazioni precise e riservate sulle date e sugli orari di effettuazione delle visite fiscali, che, poi, erano state inoltrate dai coindaga agli altri colleghi in modo da avvisarli dell’imminente controllo e vanificare l’effetto sorpresa, connesso alla natura ispettiva del procedimento amministrativo.
Riguardo al rilievo difensivo circa la mancata possibilità di accedere alla piattaforma informatica denominata Savio, d Tribunale ha replicato che dalle intercettazioni emergeva evidente che il ricorrente era in possesso delle informazioni riservate e le comunicava agli altri correi, cosicché doveva ritenersi che avesse concorso moralmente con il soggetto realmente abilitato ad effettuare l’accesso al sistema.
Alla luce di quanto precede deve rilevarsi che il Giudice della cautela ha argomentato la gravità indiziaria in ordine ai reati ascritti al ricorrente con solid ancoraggio alle plurime emergenze processuali e con un ragionamento scevro da illogicità manifeste, pertanto esente da censure rilevabili in questa sede.
Restano, infatti, precluse alla Corte di cassazione la rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione impugnata, e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 – 01).
È invece fondato il secondo motivo del ricorso, concernente la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
3.1. Deve premettersi che non è corretto il principio richiamato dal ricorrente secondo cui, in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., accanto al requisito de concretezza, richiederebbe quello dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, individuabile nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime, favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche ed astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi.
Secondo un indirizzo ormai costante, infatti, il requisito dell’attualità de pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274 citato dalla legge 1 aprile 2015, n. 47, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto dell’effettività del pericolo di conc:retizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (cfr. fra le tante: Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 – 01; SE2. 5, n. 33004 del 3/05/2017, Cimieri, Rv. 271216 – 01; Sez. 2, n. 47891 del ;7/09/2016, Vicini e altri, Rv. 268366 – 01).
3.2. Tanto precisato, deve rilevarsi che il Tribunale ha affermato che «la notevole spregiudicatezza criminosa, dimostrata dal ricorrente, l’intensità del dolo, l’assenza di elementi idonei a provare l’effettivo ed irreversibile allontanamento dai fattori causali dei suoi illeciti comportamenti concorrono a delineare un concreto e attuale pericolo di recidiva specifica». Ha aggiunto che non rilevava il fatto che il ricorrente aveva cambiato le mansioni a decorrere dal mese di maggio 2023, in considerazione della competenza ed esperienza maturate e della rete di relazioni professionali acquisita in qualità di dipendente e di lunga data della sede RAGIONE_SOCIALE, in cui tuttora presta servizio.
Deve però osservarsi che, così motivando, il Tribunale nulla ha specificato in ordine alle esperienze maturate e alla rete di relazioni professionali acquisite dal ricorrente, così che l’affermazione sulle conoscenze di quest’ultimo resta del tutto generica e non rende contezza delle ragioni per cui l’indagato, sfruttando la propria rete di relazioni, potrebbe alterare il fisiologico dipanarsi dei procedimenti di controllo e verifica da parte dell’Ente previdenziale o, comunque, reiterare reati della stessa specie di quelli in questione.
Tale specificazione si imponeva tanto più in considerazione dell’intervenuta sospensione cautelare obbligatoria del ricorrente dal servizio.
Al riguardo deve ricordarsi che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, anche dopo l’introduzione, nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.,
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ad opera della legge 16 aprile 2015, n. 47, del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, il giudice di merito può ritenere sussistente tale pericolo pure quando il soggetto in posizione di rapporto organico con la RAGIONE_SOCIALE risulti sospeso o dimesso dal servizio, purché fornisca adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione o cessazione del rapporto, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione di analoghe condotte criminose da parte dell’imputato nella mutata veste di soggetto ormai estraneo all’amministrazione, in situazione, perciò, di concorrente in reato proprio commesso da altri soggetti muniti della qualifica richiesta (Sez. 6, n. 8060 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 275087 – 01; Sez. 5, n. 31676 del 4/04/2017, COGNOME, Fiv. 270634 – 01).
3.3. Per di più, il Tribunale, a fronte della commissione di fatti avvenuti nel 2018 – 2020, non ha argomentato sull’incidenza del tempo rispetto alle esigenze cautelari, così trascurando di considerare che il tempo trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza di custodia cautelare.
Difatti, se il tempo trascorso dalla commissione del reato non esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., tuttavia è indubbio che, in presenza di una distanza temporale dai fatti oggettivamente apprezzabile, l’obbligo di motivazione deve essere adempiuto in termini particolarmente rigorosi nell’indicare le ragioni sia dell’attualità del tipo di esigenza cautelare, ritenu sussistente, che della scelta della misurai cautelare, perché tale distanza temporale per sé costituisce un elemento di fatto tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, ancorché non per sé incompatibile (Sez. 6, n. 27865 del 10/06/2009, COGNOME, Rv. 244417 – 01).
La valutazione del tempo decorso si imponeva tanto più nel caso in esame, considerato che dalle stesse conversazioni intercettate, riportate nel provvedimento impugnato (v. f. 6), si desume che, come evidenziato nel ricorso, il ricorrente aveva dichiarato ai correi di non volere più continuare nell’attivit prestata in “aiuto” degli altri.
Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento del provvedimento impugnato in relazione alle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen., per nuovo giudizio alla luce dei rilievi suindicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Così deciso il 13/3/2024