Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 52117 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 6 Num. 52117 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2019
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 4/12/1989 NOME COGNOME nato a Napoli il il 25/11/1953 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 03/03/1969 avverso l’ordinanza del 22/07/2019 emessa dal Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi. uditi l’avvocato NOME COGNOME in qualità di sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME, che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento, l’avvocato NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME che dopo ampia discussione chiede l’accoglimento dei motivi, l’avvocato NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. GLYPH rovvedimento in epigrafe, il Tribunale per il riesame di Roma, Con il p decidendo sulle istanze di riesame proposte dai ricorrenti contro l’ordinanza emessa il 27/06/2019 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale con cui era stata disposta la misura della custodia cautelare, ne ha disposto la conferma:
– per COGNOME NOME, per il capo f) limitatamente al reato di cui agli artt.318,319-ter cod. pen., nonchè per i capi g), h), k), m);
– per COGNOME NOME per i capi k), m), n);
-per NOME per il capo k).
Il Tribunale ha invece disposto l’annullamento per carenza dei gravi indizi dell’ordinanza per i capi d),0,j),1).
I capi di imputazione per i quali l’ordinanza è stata confermata riguardano i reati di corruzione in atti giudiziari (capi f,g,h,k), ascritti al giudice COGNOME NOME, in servizio presso il Tribunale di Napoli, in concorso con altri soggetti, ed in particolare:
-per il capo f), in concorso con NOME Alfonso, per un accordo corruttivo volto a favorire in modo indeterminato per generici favori giudiziari richiesti dal predetto concorrente, titolare di una impresa edile, in cambio di lavori edili presso il centro estetico gestito dalla moglie del giudice COGNOME (per gli altri interventi presso pubblici uffici, Inps di Napoli e Comune di Ischia, contestati nel medesimo capo ai sensi dell’art.346-bis cod. pen., è intervenuto l’annullamento da parte del riesame);
-per il capo g), in concorso con NOME COGNOME e NOME NOME, per un accordo corruttivo volto a favorire NOME COGNOME al fine di bloccare la demolizione di un immobile abusivo in sede di esecuzione penale per reati edilizi su ricorso proposto dal citato NOMECOGNOME attraverso un intervento del giudice COGNOME presso il collegio competente a decidere, in cambio di lavori di ristrutturazione del centro estetico della moglie del magistrato napoletano;
– per il capo h) in concorso con COGNOME COGNOME per un accordo corruttivo con cui il giudice COGNOME si metteva a disposizione nell’esercizio delle sue funzioni di giudice in cambio di una generica disponibilità del predetto COGNOME della propria opera di tecnico informatico per le necessità del centro benessere gestito dalla moglie del magistrato, in particolare per la realizzazione di un sito internet di pubblicità;
-per il capo k) in concorso con COGNOME COGNOME Valentino e COGNOME GiuseppeCOGNOME relativamente ad un accordo corruttivo volto a condizionare l’esito di un procedimento penale pendente a carico di COGNOME Giuseppe ed altri per il
reato di cui all’art.12-quinquies D.L. 306/92, attraverso la corresponsione di una somma di denaro, di cui tremila euro venivano versati al Di Dio in acconto, in cambio dell’intervento che il giudice COGNOME avrebbe operato per intercedere presso uno o più giudici del collegio giudicante;
per il capo M, in concorso con COGNOME e COGNOME COGNOME, per una istigazione alla corruzione, perché COGNOME in rappresentanza di COGNOME ed in accordo con COGNOME, istigava COGNOME COGNOME a corrispondere una somma di éo denaro quale prezzo della corruzione del giudice COGNOME al fine di un suo intervento per favorire la concessione di una dilazione del termine per il versamento del prezzo di acquisto, in un’asta fallimentare, del complesso aziendale RAGIONE_SOCIALE di Napoli, istigazione che non veniva accolta dal Turrà.
2. Nei confronti del COGNOME, oltre che per i predetti capi k) ed m), la misura è stata confermata anche per il capo n), relativamente al reato di cui agli artt.110, 319 cod. pen. in relazione ad un accordo corruttivo per avere il COGNOME ricevuto da COGNOME la somma di euro 5 mila in cambio della promessa del superamento del concorso pubblico per l’ingresso nell’arma dei carabinieri, che il COGNOME avrebbe assicurato agendo in accordo con il pubblico ufficiale competente, non identificato.
Tutti fatti sono compresi nel periodo che va dal mese di febbraio al mese di aprile 2019.
Gli elementi indiziari sono stati desunti dalle risultanze delle intercettazioni avviate a seguito della denuncia sporta da NOME COGNOME che aveva riferito delle richieste di denaro ricevute da NOME COGNOME che, agendo quale mandatario del magistrato della trocura di Napoli, dott. COGNOME incaricato dell’esecuzione penale per la demolizione di un manufatto abusivo di pertinenza del NOME, ed in cambio di un importo di 15-20 mila euro da corrispondere al citato magistrato, gli aveva garantito che la procedura esecutiva sarebbe stata interrotta.
La vicenda, dopo la denuncia,aveva avuto ulteriori sviluppi, ricostruiti grazie alle intercettazioni, per una richiesta di intervento da parte del NOME, che dopo la denuncia (i fatti relativi alla prima fase, non sono oggetto della misura essendo stati inquadrati nell’ipotesi del millantato credito e del traffico di influenze illecite), ha cercato comunque di bloccare la demolizione grazie alla mediazione di COGNOME con l’intervento del giudice COGNOME. Le ulteriori ipotesi di corruzione sono poi emerse dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali svolte anche attraverso captatore informatico.
3. Nell’interesse di NOME COGNOME il difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi che di seguito sinteticamente si riportano.
3.1. Con il primo motivo si deduce cumulativamente la violazione di legge ed il vizio della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod. proc. pen. in relazione alle esigenze cautelari, sotto il profilo del pericolo di inquinamento probatorio perché argomentate sulla base del riferimento alla “mancanza di scrupoli” ed alla necessità di accertamenti patrimoniali e dichiarativi, senza considerare che il COGNOME risponde per un solo episodio, rispetto al quale gli accertamenti istruttori non sarebbero rilevanti, e per la sua estraneità al sistema di corruzione gestito dagli altri coindagati COGNOME e COGNOME.
3.2. Con il secondo motivo si deduce cumulativamente la violazione di legge ed il vizio della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod. proc. pen. in relazione alle esigenze cautelari, sotto il profilo del pericolo di reiterazione dei reati, desunto dalla sola pendenza per il reato di intestazione fittizia di beni (ovvero il procedimento per il quale pende giudizio di appello, oggetto del contestato mercimonio), non essendo il predetto indagato risultato coinvolto in altri episodi di corruzione, non avendo altri “agganci” che potrebbero consentirgli di reiterare il reato, anche in considerazione della disposta sospensione del giudice COGNOME dal servizio.
Si censura anche la motivazione con cui è stata esclusa la possibilità di applicare misure diverse da quella della custodia in carcere, per la ritenuta inidoneità degli arresti domiciliari.
4. Nell’interesse di NOME COGNOME il difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi che di seguito sinteticamente si riportano.
4.1. Con il primo motivo si deduce il vizio della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione alle esigenze cautelari, sotto il profilo del pericolo di reiterazione, non essendo stato dato rilievo al carattere fittizio degli asseriti collegamenti con la magistratura partenopea, essendo tutti i suoi contatti filtrati unicamente attraverso il suo rapporto con il giudice COGNOME, sul quale riponeva in buona fede la propria fiducia, limitandosi a chiedergli legittimi pareri e consigli giuridici.
Inoltre, per non essersi tenuto conto del suo stato di incensuratezza, e per essere stato valorizzato il suo ruolo di consigliere comunale in assenza di elementi concreti indicativi di una sua concreta ed attuale pericolosità.
4.2. Con il secondo motivo si censura il riferimento al pericolo di inquinamento probatorio che il Tribunale per il riesame ha ravvisato sebbene il Gip non ne avesse fatto alcun cenno nell’ordinanza cautelare, e tenuto conto che
le attività istruttorie svolte sarebbero oramai consolidate ed acquisite, perché basate essenzialmente sulle risultanze delle intercettazioni, e considerato il carattere prevalentemente fittizio e millantatorio delle sue relazioni con la magistratura partenopea.
5. Nell’interesse di COGNOME NOME, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi che di seguito sinteticamente si riportano.
5.1. Con il primo motivo si deduce il vizio della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione alle esigenze cautelari evidenziandosi: a) che il procedimento disciplinare valorizzato come precedente a suo carico è relativo ad una vicenda del 2014 che si è conclusa con l’archiviazione del correlato procedimento penale per fatti di corruzione correlati all’amministrazione di un patrimonio immobiliare ed imprenditoriale sottoposto a sequestro nella sua qualità di Gip presso il Tribunale di Napoli; b) che anche i rilievi disciplinari si sono alla fine ridotti perché rispetto alle 12 ipotesi di ill inizialmente ascrittegli ne sono rimaste sole due; c) che anche il giudizio negativo per la periodica valutazione di professionalità non avrebbe rilievo come indice di proclività al delitto; d) che la serialità delle condotte corruttive è sta ridimensionata dalla stessa decisione del Tribunale che ha disposto l’annullamento per alcuni dei capi ascritti inizialmente così da fare emergere un ridimensionamento della concreta capacità del giudice di influire sugli esiti delle diverse vicende giudiziarie interessate; e) che la sospensione dalle funzioni giudiziarie preclude la possibilità di nuove occasioni delittuose, atteso che nessuna delle vicende giudiziarie riguardava la sua attuale funzione di giudice monocratico presso il Tribunale di Ischia, mentre le altre vicende relative all’influenza presso altri uffici pubblici non si correlano alle sue funzioni giudiziarie (vicenda dell’Inps Napoli e del Comune di Ischia); che alcun elemento è stato accertato sull’esistenza di effettivi legami di cointeressanza o di conoscenza con i magistrati, in parte neppure identificati, con i quali il COGNOME avrebbe avuto rapporti per alterare l’esito dei procedimenti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5.2. GLYPH do motivo si deduce il vizio della motivazione ai sensi Con il secon dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione alle esigenze cautelari con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio, evidenziandosi: a) che non sono stati acquisiti elementi a riscontro della rete di contatti creata con altri magistrati in grado di influire sulla acquisizione delle prove, per l’assenza di elementi della concreta capacità di condizionare il regolare corso dei processi; b) che sono stati sequestrati al Capuano tutti i suoi dispositivi elettronici ed ogni documento utile alle indagini.
Infine, si censura l’applicazione della custodia in carcere quale unica misura possibile a fronte della astratta possibilità di avere contatti telefonici in grado di interferire con le indagini e per la commissione di ulteriori reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. GLYPH sono fondati per le ragioni e nei limiti di seguito precisati. I ricorsi
Si deve innanzitutto premettere che tutti i motivi di ricorso sono stati articolati in funzione della richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata per difetto della motivazione con riferimento alle esigenze cautelari, non essendo stata avanzata alcuna richiesta in punto di verifica della sussistenza della gravità indiziaria.
Ne deriva l’inammissibilità per difetto di specificità, sotto il profil della mancanza di coerenza interna del motivo, delle deduzioni difensive poste a fondamento della richiesta di annullamento per difetto di motivazione sulle esigenze cautelari attraverso la censura della gravità degli indizi, per l’assenza di impugnazione su detto punto della decisione.
La struttura formale dell’impugnazione regolata dall’art.581 cod. proc. pen. richiede, a pena di inammissibilità, che siano specificati innanzitutto i capi ed i punti della decisione cui si riferisce l’impugnazione, ed in secondo luogo, che anche i motivi contengano la specifica indicazione delle ragioni in fatto ed in diritto poste a fondamento della impugnazione, i cui argomenti devono necessariamente essere pertinenti non solo ai capi ma anche agli specifici punti della decisione oggetto dell’impugnazione.
Non è, quindi, consentito articolare motivi che contengano censure a punti della decisione che non sono stati specificamente indicati, ed a maggior ragione, a punti della decisione che addirittura siano stati espressamente esclusi tra quelli oggetto dell’impugnazione.
D’altra parte la dicotomia esistente tra esigenze cautelari e gravi indizi, quali presupposti di legittimità dell’applicazione delle misure cautelari, impone che nell’atto di impugnazione sia specificato quale dei due siffatti presupposti sia oggetto di censura, senza che possano confondersi i due piani della decisione ed estendersi la valutazione ad entrambi i punti della decisione cautelare senza una chiara ed esplicita delimitazione dell’ambito di cognizione assegnato al giudice adito dal mezzo di impugnazione, in applicazione del principio devolutivo, che per il ricorso per cassazione è regolato dall’art.609 cod. proc. pen.
Queste premesse esonerano il Collegio da ogni valutazione di quei motivi che investono, sia pure in modo indiretto, la verifica della sussistenza della gravità indiziaria, sotto il profilo della carenza di elementi di supporto della corruzione dei giudici non individuati che sarebbero stati investiti dalle decisioni oggetto del mercimonio, e che mettono in discussione la gravità degli indizi circa la ricorrenza dei presupposti di fatto necessari ad integrare il reato di corruzione in atti giudiziari anziché quello di traffico di influenze illecite ex art. 346-bis co pen., che non consentirebbe per i limiti massimi edittali della pena l’applicazione della custodia cautelare in carcere.
2. Diverse considerazioni devono farsi,invece,con riferimento alle censure rivolte alle valutazioni espresse in punto di esigenze cautelari, e di inadeguatezza di altre misure diverse dalla custodia in carcere, nella specie della misura degli arresti dorniciliari, che, senza mettere in discussione la gravità degli indizi, evidenziano la carenza di motivazione attraverso la critica a profili argomentativi pertinenti agli specifici presupposti di legittimità della decisione cautelare.
3. Con riguardo al ricorso proposto nell’interesse di NOME Giuseppe, appare fondato il motivo dedotto con riferimento al vizio della motivazione in relazione alle esigenze cautelari, nella specie del pericolo di inquinamento probatorio, perché argomentate soltanto sulla base di riferimenti generici ed ipotetici alla necessità di accertamenti patrimoniali, documentali e dichiarativi, che non trovano supporto in alcuna prospettazione di attività di indagine concretamente in corso dedotta dal pubblico ministero.
La motivazione del Tribunale appare anche carente rispetto alla segnalazione di comportamenti significativi riconducibili al predetto indagato, da cui possa trarre fondamento il ravvisato pericolo di ostacolo all’acquisizione genuina delle prove derivante dallo stato di libertà del predetto imputato.
Si deve rammentare che in tema di misure cautelari personali, il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274 let a) cod. proc. pen., per l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell'”id quod plerumque accidit”, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (Sez. 6, 23/03/2017, Rv. 270561).
Ugualmente carente è la motivazione sulle esigenze cautelari, riferite al pericolo di reiterazione dei reati, tenuto conto che il COGNOME risponde per un solo episodio, e non risulta, allo stato delle stesse prospettazioni accusatorie,
inserito nel sistema di corruzione gestito unicamente dagli altri coindagati COGNOME e COGNOME.
Né può ritenersi sufficiente il riferimento al procedimento pendente per un reato di diversa tipologia, qual è quello per intestazione fittizia di beni, rispetto al reato ascrittogli, dovendosi meglio specificare gli elementi di valutazione del pericolo in termini di concretezza ed attualità, attraverso una verifica più approfondita anche dell’ipotizzato collegamento con il crimine organizzato.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata per nuovo esame in punto di esigenze cautelari, essendo necessaria una rivalutazione dei relativi presupposti che tenga conto della ricorrenza necessaria di elementi concreti di pericolo sia in merito all’acquisizione delle prove che alla reiterazione dei reati.
Il Tribunale nel giudizio di rinvio dovrà anche fornire adeguata motivazione, ove ravvisi la sussistenza delle esigenze cautelari, sulle ragioni della inadeguatezza di misure diverse da quella della custodia in carcere, apparendo la motivazione carente anche sotto tale ulteriore profilo.
4. Con riferimento ai ricorsi proposti da COGNOME Antonio e COGNOME NOME si rileva che la motivazione in punto di pericolo di reiterazione dei reati non appare censurabile, e che siano pertanto infondate le doglianze articolate su tale punto della decisione cautelare da entrambi i ricorrenti, se non mettendo in discussione la gravità del quadro indiziario, che, per come già indicato in premessa, non può invece essere rivalutato da questa Corte di Cassazione, perché al di fuori dell’ambito di cognizione delimitato dai punti della decisione cautelare investiti dal mezzo di impugnazione.
Risultano, invece, fondate, per le stesse ragioni esposte in merito al ricorso di NOME COGNOME, le censure sulla ravvisata ricorrenza del concreto pericolo di inquinamento probatorio, non essendo stati segnalati, neppure per i predetti imputati, comportamenti sintomatici della ipotizzata incidenza del loro stato di libertà sull’acquisizione delle prove, non potendosi ravvisare detto pericolo in difetto di riferimenti a elementi concreti, desumibili o da pregressi tentativi di inquinamento o dalle peculiarità di accertamenti istruttori che neppure sono stati specificati.
La carenza di indicazioni più concrete a supporto del delineato pericolo di inquinamento probatorio, impone l’annullamento dell’ordinanza, dovendosi rivalutare,alla stregua dell’eventuale mancanza di ulteriori riscontri di siffatta specifica esigenza cautelare, la necessità della custodia cautelare in carcere,
apparendo carente la motivazione dell’inadeguatezza della misura degli arresti donniciliari rispetto al pericolo di reiterazione dei reati.
Il Tribunale ha, infatti, in maniera astratta prefigurato un rischio di violazione delle prescrizioni della misura degli arresti domiciliari, rispetto al pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie, che appare apoditticamente affermato, in assenza di elementi concreti da cui trarre tale previsione di inaffidabilità rispetto all’osservanza del regime degli arresti domiciliari.
Le considerazioni sulla spregiudicatezza dimostrata dagli imputati nella commissione dei reati non legittima automaticamente la previsione di trasgressioni della misura cautelare, essendo evidentemente diverse la condizione personale e la spinta psicologica a delinquere dopo il disvelannento delle indagini in corso e l’applicazione di una misura cautelare, anche se non detentiva.
La cancelleria curerà gli adempimenti previsti dall’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti dei tre ricorrenti con rinvio al Tribunale del riesame di Roma per una nuova valutazione.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma sp. 1 -ter, di att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il giorno 15 novembre 2019
GLYPH
Il cons re estensore
Ridcard}
Amoroso GLYPH
Il Presidente