Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21531 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21531 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catania, in sede di riesame cautelare, ha confermato il provvedimento del G.I.P. dello stesso Tribunale che aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R 309/90 a lui ascritti nell’imputazione provvisoria.
Ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen quanto segue.
Erronea applicazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e assenza di motivazione in punto di attualità delle esigenze cautelari, trattandosi di fatt risalenti al 2019.
II) Violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della misura degli arresti domiciliari in comunità, concessi ad altro coindagato al di fuori della Sicilia.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, deducendo censure generiche e aspecifiche, che non si confrontano con il percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata, certamente congruo e non illogico.
Le doglianze in punto di attualità delle esigenze cautelari e di scelta della misura, in relazione ai reati di cui alla provvisoria imputazione, sono inammissibili, in quanto svolgono essenzialmente censure di merito, pretendendo dalla Corte di cassazione una rivisitazione della situazione cautelare del prevenuto al fine di attribuirgli una diversa valenza fattuale e giuridica, favorevole al ricorrente.
Si deve, invece, qui ribadire che nel nostro sistema processuale la Suprema Corte non è chiamata ad interpretare a sua volta, sulla base delle critiche avanzate in ricorso, il significato delle prove o degli indizi processualmente emersi, al fine di stabilire quale sia la migliore e più affidabile ricostruzione d fatti penalmente rilevanti, ovvero al fine di valutare la persistente sussistenza di
esigenze cautelari. Ciò porrebbe la Cassazione in una posizione equivalente a quella di un giudice di merito superiore o di terza istanza, estranea al ruolo che le è proprio, che è invece quello di una Corte di legittimità chiamata a valutare la correttezza giuridica e motivazionale dei provvedimenti oggetto di ricorso, secondo le direttive delineate dall’art. 606 cod. proc. pen.
Invero, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare, oltre alla gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, la configurabilità di concrete ed attuali esigenze cautelari, e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione di tali elementi rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Sotto questo profilo, l’ordinanza impugnata non presenta vizi logicogiuridici desumibili in sede di legittimità, avendo adeguatamente rappresentato, oltre ai gravi indizi a carico del prevenuto, la concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, avuto riguardo alla natura ed entità delle condotte contestate al ricorrente, relative al traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacent al ruolo verticistico assunto nel sodalizio criminoso oggetto di indagine, alla professionalità e sistematicità dell’attività illecita svolta, alle precedenti condanne a suo carico, all’assenza di una lecita occupazione. Non va dimenticato, del resto, che nel caso si verte in ipotesi di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., caratterizzato tanto dalla presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, quanto dalla presunzione di adeguatezza (relativa) della misura carceraria, nel caso ritenuta non superata dal Tribunale in considerazione della rilevante capacità criminale del prevenuto.
Si tratta di elementi su cui il Tribunale ha basato un logico e adeguato percorso motivazionale, teso ad evidenziare la necessità di applicare al prevenuto la massima misura custodiale, ritenuta l’unica concretamente idonea e funzionale rispetto al notevole grado di intensità dell’esigenza di prevenire il pericolo, attuale e concreto, di reiterazione di reati aventi ad oggetto il traffico sostanze stupefacenti.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
Va, inoltre, disposto che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 5 marzo 2024