Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10469 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10469 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/10/2023 del Tribunale della libertà di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, d Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale cautelare di C:atania ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso provvedimento emesso dal G.i.p. del Tribunale di Catania, il quale aveva disposto, nei confronti del predetto, la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai delitti di cui agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 7) e 1 cod. pen. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 9).
Avverso l’indicata ordinanza, l’indagato, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con cui deduce:
il vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari, in quanto l’attività di indagine si è conclusa nel luglio 2021 l’ordinanza custodiale è stata emessa nell’ottobre 2023;
-il vizio di motivazione in relazione all’omessa considerazione del decorso del tempo dalla commissione del reato;
la violazione di legge in relazione a quanto disposto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 231 del 2011, per avere il Tribunale omesso ogni verifica in ordine all’attualità e alla concretezza delle esigenze cautelari.
I motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente essendo collegati, sono manifestamente infondati.
Si osserva, in primo luogo, che la censura dedotta con il primo e con il secondo motivo – ossia l’asserita omessa valutazione del tempo trascorso tra la cessazione dei fatti e l’emissione della misura – non era stata devoluta al Tribunale con l’atto di riesame.
A tal proposito, va richiamato il principio, affermato da questa Corte senza soluzione di continuità e qui da confermare, secondo cui, in tema di misure cautelari, non è possibile prospettare in sede di legittimità motivi di censura non sollevati innanzi al tribunale del riesame, ove essi non siano rilevabili d’uffici (Sez. 2, n. 11027 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266226; Sez. 4, n. 44146 del 03/10/2014, COGNOME, Rv. 260952; Sez. 2, n. 42408 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254037).
Nel caso di specie, non trattandosi di un vizio rilevabile d’ufficio, il motivo proposto per la prima volta nel giudizio di legittimità, non supera il vaglio d a m missi bilità.
Quanto al terzo motivo, si osserva che il legislatore, proprio per adeguare il testo normativo alla sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2011, indicata dal ricorrente – sentenza che ha dichiarato l’illegittimità costituzional dell’art. 275, comma 3, secondo periodo, cod. proc. pen. «nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 è applicata la custodi cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisit elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure» – con l’art. 4 della legge 16 aprile 2015, n. 47, ha modificato la norma in esame, che ora, recependo il dictum dell’indicata sentenza n. 231 del 2011, prevede una doppia presunzione cautelare, sia pure relativa, avente ad oggetto la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura custodiale carceraria, presunzione che può essere vinta laddove vengano dedotti dall’indagato specifici elementi dai qual risulti o il venire meno delle esigenze cautelari, ovvero che dette esigenze possono essere soddisfatte con misure meno gravose.
Nel caso di specie, non solo il ricorso appare generico perché non allega alcun elemento in grado di superare l’indicata presunzione, ma il Tribunale ha ribadito l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari alla luce della gravit dei fatti contestati, di data recente, inseriti in un contesto di criminalità mafio armata, fortemente radicata sul territorio, e considerando che, a dispetto delle reiterate operazioni di polizia, i sodali arrestati e i luoghi di occultamento dello stupefacente sono sempre stati immediatamente sostituiti, ciò essendo indicativo della permanenza e della attualità del sodalizio criminoso, e tenendo altresì conto dei due arresti dell’indagato, per fatti di spaccio, avvenuti I’ll settembre 2020 e il 26 gennaio 2021, arresti che non hanno dissuaso il COGNOME dal continuare nell’attività illecita nell’ambito degli stupefacenti.
Essendo il ricorso inammissibile iergia e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di Euro 3,000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE del Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso il 30/01/2024.