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Esigenze cautelari: il tempo trascorso è decisivo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per un indagato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. Pur confermando la solidità degli indizi di colpevolezza, la Corte ha stabilito che le esigenze cautelari devono essere fondate su un pericolo attuale e concreto, non desumibile automaticamente dalla gravità dei fatti, soprattutto se sono trascorsi cinque anni dalla loro commissione. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione dell’attualità del pericolo.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari e Tempo: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dell’Attualità

L’applicazione di una misura cautelare, specialmente quella detentiva, rappresenta una profonda incisione nella libertà personale, un diritto costituzionalmente garantito. Per questo, la sua adozione deve essere ancorata a presupposti rigorosi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Num. 11743/2024) ribadisce un principio fondamentale: le esigenze cautelari non possono basarsi su una pericolosità presunta o storica, ma devono essere attuali e concretamente dimostrate, soprattutto quando è trascorso un notevole lasso di tempo dai fatti contestati. L’analisi di questo caso offre spunti cruciali sulla valutazione del cosiddetto “fattore tempo” nel diritto processuale penale.

I Fatti del Caso: Traffico di Droga e Contesto Associativo

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Bari che aveva confermato la misura della custodia in carcere per un individuo indagato per reati gravi. Le accuse includevano la partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990), aggravata dal metodo e dalla finalità di agevolazione mafiosa, e plurimi episodi di spaccio di cocaina.

Secondo l’impianto accusatorio, l’indagato era un ingranaggio del sistema, inserito come “componente della catena di spaccio ai clienti finali” e riceveva quantitativi mensili di cocaina da rivendere al dettaglio. Il quadro indiziario si basava su dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni e il ritrovamento di un appunto con nomi e quantità, ritenuto riferibile al traffico di droga.

La Decisione del Tribunale del Riesame e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale del Riesame aveva respinto l’istanza di revoca della misura, ritenendo sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza sia le esigenze cautelari. La difesa dell’indagato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, articolando diverse censure. In sintesi, si contestava:
1. La sussistenza di gravi indizi per il reato associativo, in particolare la mancanza di una stabile adesione al sodalizio (affectio societatis).
2. La sussistenza dell’aggravante della “mafiosità”.
3. L’insussistenza delle esigenze cautelari, evidenziando come i fatti contestati risalissero a un periodo compreso tra il 2016 e il luglio 2018, ovvero cinque anni prima dell’applicazione della misura.

Le Motivazioni della Cassazione: tra Gravi Indizi ed Esigenze Cautelari

La Suprema Corte ha operato una netta distinzione tra il profilo della gravità indiziaria e quello relativo alle esigenze cautelari, giungendo a una decisione parzialmente favorevole al ricorrente.

La Tenuta del Quadro Indiziario

Sui primi motivi di ricorso, la Cassazione ha ritenuto inammissibili le doglianze. I giudici di legittimità hanno considerato adeguata e logica la motivazione del Tribunale riguardo alla sussistenza dei gravi indizi. Le dichiarazioni dei collaboratori, le intercettazioni e gli altri elementi raccolti componevano un quadro probatorio solido, idoneo a sostenere, in quella fase del procedimento, l’accusa di partecipazione all’associazione criminale.

Il Principio Decisivo sulle Esigenze Cautelari

L’accoglimento del ricorso è avvenuto sul quarto motivo, quello cruciale relativo all’attualità del pericolo. La Corte ha censurato la decisione del Tribunale del Riesame per non aver adeguatamente motivato la persistenza del rischio di reiterazione del reato a distanza di cinque anni dagli ultimi fatti contestati.

Secondo la Cassazione, il giudice non può limitarsi a richiamare la gravità dei reati o i precedenti penali dell’indagato. È necessario indicare elementi concreti e specifici dai quali desumere che, nonostante il tempo trascorso, l’indagato sia ancora inserito nelle dinamiche associative e mantenga una pericolosità sociale attuale. Questo onere motivazionale è ancora più stringente quando all’indagato non viene contestato un ruolo di vertice, ma quello di un partecipe alla catena dello spaccio.

La Corte ha inoltre precisato che la presunzione di stabilità, tipica delle associazioni di stampo mafioso ex art. 416-bis c.p., non si applica automaticamente alle associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti, che sono qualificate unicamente dai reati-fine. Per queste ultime, la prova dell’attualità del vincolo associativo e del conseguente pericolo deve essere fornita in modo specifico.

Le Conclusioni: L’Impatto del “Fattore Tempo” sulla Libertà Personale

La sentenza in esame afferma con forza un principio di civiltà giuridica: la compressione della libertà personale non può essere una conseguenza automatica di un’accusa, per quanto grave. Le esigenze cautelari devono essere “attuali”, non storiche. Il “fattore tempo” assume un ruolo centrale in questa valutazione e impone al giudice un obbligo di motivazione rafforzata. Non basta dire che un’associazione criminale è ancora operativa; bisogna dimostrare che quel singolo individuo ne fa ancora parte e rappresenta un pericolo concreto per la collettività oggi.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al profilo delle esigenze cautelari, rinviando gli atti al Tribunale di Bari per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà rivalutare, alla luce dei principi enunciati, se sussista ancora un pericolo attuale e, in caso affermativo, quale sia la misura cautelare più adeguata, tenendo conto di tutto il tempo trascorso.

È sufficiente un grave indizio di colpevolezza per un reato associativo per giustificare la custodia in carcere dopo molti anni?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, anche in presenza di un solido quadro indiziario, le esigenze cautelari devono essere attuali. Il giudice deve fornire una motivazione basata su elementi concreti e specifici che dimostrino la persistenza del pericolo di reiterazione del reato al momento della decisione, non potendo basarsi solo sulla gravità dei fatti passati.

La pericolosità di un membro di un’associazione dedita al traffico di droga può essere presunta nel tempo?
No. A differenza di quanto avviene per le associazioni di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.), per le associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990) non opera una presunzione di stabilità del vincolo. L’attualità della partecipazione e della pericolosità deve essere specificamente dimostrata dal giudice, soprattutto se è trascorso un lungo periodo dagli ultimi reati contestati.

Cosa accade quando una misura cautelare viene annullata dalla Cassazione solo per il profilo delle esigenze cautelari?
La causa viene rinviata al giudice che ha emesso il provvedimento (in questo caso, il Tribunale del Riesame), il quale dovrà effettuare una nuova valutazione attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione. Dovrà quindi verificare, con una motivazione più approfondita, se il pericolo sia ancora attuale e, di conseguenza, se una misura cautelare sia ancora necessaria e proporzionata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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