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Esigenze cautelari: il tempo trascorso è decisivo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Pur confermando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, la Corte ha ritenuto che il Tribunale non avesse adeguatamente motivato le attuali esigenze cautelari, dato il notevole lasso di tempo trascorso (circa cinque anni) dai fatti contestati. La sentenza ribadisce che il tempo è un fattore cruciale che può indebolire la presunzione di pericolosità sociale, imponendo al giudice un obbligo di motivazione rafforzata sull’attualità del pericolo.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze cautelari e decorso del tempo: la Cassazione fissa i paletti

La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta un momento cruciale nel procedimento penale, bilanciando la libertà personale dell’individuo con la tutela della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 32854/2025) ha offerto un’importante precisazione su questo tema, stabilendo che il semplice trascorrere del tempo dai fatti contestati non può essere ignorato dal giudice nel decidere sulla custodia in carcere, anche per reati di notevole gravità come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava un individuo raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la sua presunta partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico. Il provvedimento, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, era stato confermato anche dal Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva ritenuto sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza, basati su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni, sia le esigenze cautelari che giustificavano la misura detentiva.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali:

1. Insussistenza dei gravi indizi: La difesa sosteneva che gli elementi a carico non provassero una vera e propria partecipazione all’associazione criminale, ma al massimo un ruolo di spacciatore, seppur attivo.
2. Carenza di motivazione sulle esigenze cautelari: Il ricorrente evidenziava come i fatti contestati risalissero a diversi anni prima (nel 2020), mentre la misura era stata applicata solo nel 2025. Questo significativo lasso di tempo, a detta della difesa, avrebbe dovuto indurre il Tribunale a una valutazione più rigorosa sull’attualità e persistenza della pericolosità sociale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a una decisione che ha diviso in due il provvedimento impugnato.

Sul primo punto, relativo ai gravi indizi di colpevolezza, i giudici hanno ritenuto il ricorso infondato. Secondo la Corte, il Tribunale aveva logicamente argomentato la sussistenza di un quadro indiziario solido, basato sulla convergenza di dichiarazioni di collaboratori, intercettazioni di chat criptate e la ricostruzione del ruolo dell’indagato all’interno della struttura criminale. Per la fase cautelare, tali elementi sono stati considerati sufficienti.

La svolta è arrivata sull’analisi del secondo motivo, quello relativo alle esigenze cautelari. Su questo punto, la Cassazione ha dato ragione al ricorrente. La Corte ha richiamato il principio, consolidato dalla riforma del 2015 (legge n. 47), secondo cui la presunzione di pericolosità prevista per i reati più gravi (art. 275, comma 3, c.p.p.) è relativa e non assoluta. Ciò significa che può essere superata da elementi concreti che dimostrino l’assenza di un pericolo attuale.

Il fattore decisivo, nel caso di specie, è stato proprio il tempo. La Corte ha stabilito che un notevole arco temporale tra i reati contestati e l’applicazione della misura cautelare (circa cinque anni) costituisce un elemento dal quale può desumersi l’insussistenza delle esigenze cautelari. Di fronte a tale circostanza, il giudice non può limitarsi a richiamare la gravità dei fatti, ma ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica e rafforzata sulla persistenza attuale della pericolosità dell’indagato. Il Tribunale, nel caso esaminato, non lo aveva fatto, qualificando i precedenti dell’indagato come “non recenti” ma senza argomentare perché, nonostante il tempo trascorso, egli fosse ancora da ritenere socialmente pericoloso.

Conclusioni

La sentenza in commento afferma un principio di garanzia fondamentale: la libertà personale non può essere sacrificata sulla base di un pericolo presunto e risalente nel tempo. La pericolosità sociale deve essere attuale e concreta al momento della decisione. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, limitatamente al profilo delle esigenze cautelari, e ha rinviato il caso al Tribunale di Roma per una nuova valutazione. Quest’ultimo dovrà ora spiegare, con argomenti specifici e attuali, se e perché l’indagato, a distanza di anni, rappresenti ancora un pericolo tale da giustificare la più afflittiva delle misure cautelari.

Il tempo trascorso da un reato può far venir meno le esigenze cautelari?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un significativo lasso di tempo tra i fatti contestati e l’applicazione della misura cautelare è un elemento che il giudice deve considerare attentamente, poiché può indebolire la presunzione di pericolosità attuale dell’indagato.

Per i reati più gravi, la custodia in carcere è automatica?
No. Anche per i reati per cui la legge prevede una presunzione di pericolosità (come l’associazione mafiosa o il narcotraffico), questa presunzione è relativa. Può essere superata se esistono elementi concreti, come il tempo trascorso, che dimostrino l’assenza di attuali esigenze cautelari.

Cosa deve fare il giudice se è passato molto tempo dai fatti?
Il giudice ha un obbligo di motivazione rafforzata. Non può limitarsi a citare la gravità del reato, ma deve spiegare specificamente perché, nonostante il tempo passato, l’indagato è ancora considerato socialmente pericoloso al momento della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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