Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21884 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Cassano allo Ionio il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 18/07/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente al punto relativo alla attualità delle esigenze cautelari e per i rigetto del ricorso nel resto; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato, ex art. 309 cod. proc. pen., l’ordinanza del 20 giugno 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro che, tra l’altro, ha applicato ad NOME COGNOME la misura cautelare personale della custodia in carcere perché gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad
un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con le aggravanti dell’essere l’associazione partecipata anche da soggetti assuntori di sostanze stupefacenti e dall’essere finalizzata ad agevolare associazione di tipo mafioso facente capo alla famiglia COGNOME (capo 35), nonché del delitto in materia di sostanze stupefacenti contestato al capo 45).
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Sostiene che la esistenza dell’associazione criminale si ricava dalle dichiarazioni di diversi collaboratori, che tuttavia hanno menzionato come associati solo soggetti di etnia rom ed altri soggetti, ma non NOME ed NOME COGNOME, ai quali non viene da essi attribuito alcun ruolo nel sodalizio.
I giudici del merito hanno attributo ai NOME COGNOME la posizione di associ in virtù dei loro plurimi contatti con i partecipanti al sodalizio, ma, sostiene ricorrente, mancherebbe una stabile struttura organizzata in grado di rendere permanente il vincolo tra i vari partecipanti ed in special modo tra questi ed i due NOME, che non compaiono in alcuna conversazione intercettata nella quale si faccia riferimento alla programmazione o all’esecuzione di attività illecite riconducibili all’associazione o alla suddivisione degli utili del sodalizio.
Neppure i due NOME, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza impugnata, avevano mai potuto contare sulla solidarietà degli altri associati, concretizzatasi nel tempestivo avviso della presenza degli appartenenti alle forze dell’ordine nei pressi dei luoghi ove era custodita la sostanza stupefacente; al contrario, l’inesistenza dell’affectio societatis sarebbe dimostrata da una conversazione intercettata poco dopo il loro arresto nel 2019 nel corso della quale NOME COGNOME, parlando con NOME COGNOME, aveva confidato a quest’ultimo la propria intenzione di recidere ogni rapporto con loro.
Successivamente al loro arresto, i COGNOME non avevano più avuto rapporti con gli altri indagati, tanto che gli stessi non erano stati più menzionati nell conversazioni successivamente intercettate e neppure erano comparsi in altri atti di indagine.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine alle deduzioni contenute nella memoria difensiva depositata innanzi al Tribunale del riesame.
In particolare, il Tribunale del riesame avrebbe omesso di motivare in ordine alla concretezza ed intensità delle esigenze cautelari – considerato che la condotta ascritta all’odierno ricorrente risale a quattro anni prima del provvedimento qui impugnato – ed in ordine alla copiosa documentazione depositata.
Nella memoria era stato dedotto che successivamente al loro arresto i due NOME non avevano più avuto alcun contatto con gli indagati ritenuti partecipanti al sodalizio dedito al narcotraffico ed avevano scontato una pena di più di tre anni di reclusione sotto forma di detenzione domicil are.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari ed alla scelta della misura applicata.
Sostiene che le esigenze cautelari sono prive dei requisiti di attualità e concretezza, essendo i fatti contestati risalenti a quattro anni prima ed essendo marginale il ruolo attribuito ai due NOME COGNOME in seno al sodalizio criminal che sul punto il provvedimento qui impugnato non avrebbe specificamente motivato.
Il ricorrente, inoltre, segnala che in ogni caso la custodia cautelare in carcere si presenta eccessiva rispetto alle esigenze cautelari da soddisfare, ove si consideri il trattamento di maggior favore riservato a NOME COGNOME, al quale pure era stato contestato un fatto risalente a cinque anni prima.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della mancanza di motivazione in ordine alla scelta della misura cautelare applicata.
Sostiene il ricorrente che il Tribunale del riesame non ha spiegato le ragioni per cui misure meno afflittive non sarebbero in grado di soddisfare le esigenze cautelari. Nel caso di specie l’inidoneità è stata giustificata con la esistenza d pregressi precedenti penali specifici, ma non è stata considerata la rescissione dei rapporti con i coindagati, risultante dal contenuto delle conversazioni intercettate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Le doglianze in merito alla gravità indiziarla del delitto di cui all’art. d.P.R. n. 309/1990 sono inammissibili perché versate in fatto e volte ad invocare una rivalutazione del materiale istruttorio.
La Corte di cassazione non può rivalutare la ricostruzione del quadro indiziario alla base del provvedimento cautelare, poiché in tale ambito il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canori della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178), spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell’adeguatezza della motivazione sugli elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di cassazione (per tutte Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Il ricorrente deduce sostanzialmente l’insufficienza del quadro indiziario e censura la lettura degli elementi di prova operata dal Tribunale del riesame, inducendo inammissibilmente la Corte di cassazione ad una valutazione diversa.
La lettura degli indizi che il ricorrente propone è, in ogni caso, parcellizzata, mentre la motivazione resa dal Tribunale del riesame non appare viziata da manifesta illogicità.
La motivazione in ordine alla gravità indiziaria per il reato associativo ascritto risulta adeguata e logicamente corretta poiché essa trae il presupposto della gravità indiziaria dalla realizzazione dei reati-fine e dalla messa a disposizione del COGNOME, quale spacciatore di riferimento, rispetto alle figure centrali del sodalizio, che nelle conversazioni telefoniche rivendicavano come propria, lamentando il danno economico subito, la sostanza stupefacente sequestrata proprio ai NOME COGNOME in occasione del loro arresto.
Correttamente il Tribunale del riesame ha ricordato a pagina 14 dell’ordinanza impugnata che «Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente l’esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituito dall’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori ed acquirenti propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale» (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265945).
Quanto all’omessa motivazione in ordine alle deduzioni contenute nella memoria difensiva, deve osservarsi che gli argomenti con essa dedotti non appaiono decisivi ai fini del presupposto della gravità indiziaria’ atteso che dalla conversazione intercettata cui viene fatto riferimento nel secondo motivo di ricorso può semmai ricavarsi la interruzione del rapporto tra i due NOME COGNOME e il sodalizio criminale, determinata dal loro arresto, ma non la originaria inesistenza di tale rapporto, che al contrario viene contraddetta proprio dalla
volontà, manifestata da NOME COGNOME a NOME COGNOME, di recidere ogni legame con loro.
2. Sono, invece, fondati il secondo ed il terzo motivo.
Con la memoria difensiva depositata innanzi al Tribunale del riesame l’odierno ricorrente aveva invocato il contenuto della conversazione intercettata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME per evidenziare che dall’epoca del loro arresto, avvenuto nel 2019, i NOME COGNOME non avevano avuto più alcun rapporto con l’associazione criminale ed i loro accoliti e pertanto non poteva ritenersi attuale e concreto il pericolo di reiterazione di analoghe condotte.
In ogni caso, poiché tutti i fatti ascritti all’odierno ricorrente risul commessi sino al 2019, i giudici del merito avrebbero dovutc motivare in modo specifico in ordine alle ragioni per le quali il tempo trascorso dai fatti e espiazione di una pena detentiva non avrebbero determinato l’elisione o quanto meno un’attenuazione delle esigenze cautelari.
Questa Corte di cassazione ha più volte affermato, in tema di misure cautelari, che sebbene per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. sia prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 apri 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli «elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272).
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha omesso di considerare gli elementi segnalati con la memoria difensiva ed il lungo lasso di tempo trascorso dai fatti per i quali si procede in questa sede, nonché la pena espiata dal ricorrente sotta forma di detenzione domiciliare.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Catanzaro. L quarto motivo di ricorso resta assorbito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp.
att. cod. proc. pen..
Così deciso il 14/03/2024.