Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Foggia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 9/8/2023 emessa dal Tribunale di Bari visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Bari confermava l’ordinanza con la quale il ricorrente era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, disposta in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravati ex art.416-bis.1 cod. pen. .
In particolare, l’ordinanza in esame affermava che il ricorrente avrebbe
partecipato all’associazione che deteneva il monopolio del traffico di stupefacenti nella città di Foggia, svolgendo stabilmente la funzione di spacciatore al dettaglio, cui veniva assegnata una quota mensile predeterminata di sostanza stupefacente.
L’ordinanza in oggetto veniva impugnata con due ricorsi, il primo dei quali, a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, propone quattro motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione, ritenendo che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la gravità indiziaria in relazione al reato associativo, omettendo di valorizzare i plurimi elementi che inducevano ad escludere l’elemento soggettivo del reato. Il ricorrente sottolinea come la partecipazione all’associazione presuppone la coscienza e volontà di fornire stabilmente il proprio contributo al programma del sodalizio, mentre, nel caso di specie, non vi era alcuna adesione all’associazione, bensì una condizione di assoggettamento alle dinamiche criminali imposte dal gruppo, rispetto al quale il ricorrente era costretto ad approvvigionarsi di sostanza stupefacente, non essendo altrimenti tollerato lo spaccio di droga sul territorio controllato dal sodalizio.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. nella valutazione del quadro indiziario, essendo stati valorizzati elementi probatori scarsamente significativi. In particolare, le dichiarazioni del collaboratore COGNOME si riferivano dell’assetto del mercato degli stupefacenti nel territorio foggiano riferito agli anni 2015/2016 e, quindi, ben prima dei fatti contestati al ricorrente, mentre COGNOME, dopo aver mostrato rilevanti incertezze nell’individuazione fotografica, si limitava a riferire che il ricorrente era implicia in questioni “di droga” senza fornire ulteriori specificazioni. Tali dichiarazioni infine, non venivano sottoposte al necessario vaglio di attendibilità intrinseca ed estrinseca, difettando elementi di riscontro esterno. Anche le intercettazioni valorizzate dal Tribunale erano di contenuto incerto e non consentivano neppure di identificare con certezza l’indagato nel soggetto di cui si discorreva.
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, non essendo sufficiente che i proventi dello spaccio di droga fossero destinati al sodalizio mafioso, occorrendo che la condotta sia stata commessa per perseguire tale finalità. Su tale aspetto, l’ordinanza avrebbe omesso di motivare, nonostante la specifica doglianza proposta in sede di riesame.
2.4.Con il quarto motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito all’assenza di autonoma valutazione in merito alle esigenze cautelari che, invero, potevano essere soddisfatte anche con l’applicazione di una misura meno
afflittiva. A supporto di tale affermazione, si sottolinea come il Tribunale aveva omesso di valutare il “tempo silente” decorso dalla commissione dei fatti (primi mesi del 2018), non potendosi neppure valorizzare condotte successive riferite esclusivamente ad altri concorrenti e rispetto alle quali non era emerso alcun coinvolgimento del ricorrente. Parimenti irrilevante era il fatto che NOME avesse rapporti parentali con alcuni dei presunti vertici dell’associazione, come pure il suo coinvolgimento nell’attentato avvenuto il 29 ottobre 2016, nel quale l’indagato rimase ferito, mentre COGNOME NOME veniva ucciso, posto che si tratta in ogni caso di fatti notevolmente risalenti nel tempo.
Con il ricorso formulato dall’AVV_NOTAIO COGNOME sono stati articolati tre motivi di impugnazione.
3.1. Con il primo motivo, deduce il vizio di motivazione in merito alla ritenuta partecipazione all’associazione ex art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Sottolinea il ricorrente come la motivazione risulti del tutto apparente e fondata su brani di intercettazioni privi di significativa valenza, oltre che numericamente non rilevanti (si assume che il ricorrente partecipa alla sola conversazione del 22 gennaio 2018). Parimenti irrilevante è il fatto che NOME era stato ferito nell’attentato dell’ottobre 2016, nel quale perse la vita NOME COGNOME, trattandosi di episodio risalente a due anni prima rispetto ai fatti oggetto dell’ordinanza cautelare. Errata sarebbe anche l’affermazione secondo cui NOME frequenti abitualmente il bar “H24”, ritenuto luogo di ritrovo di spacciatori e acquirenti, non essendo stati acquisiti elementi che confermano tale circostanza.
3.2. Con il secondo motivo, contesta l’attualità delle esigenze cautelari, posto che le condotte ascritte ai ricorrente risalgono ai primi mesi del 2018, non potendosi a lui riferire gli accadimenti successivi, neppur facendo leva sui rapporti familiari esistenti con gli altri associati.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
I motivi formulati con i due distinti ricorsi possono essere esaminati congiuntamente, proponendo le medesime questioni.
Il ricorrente censura, sotto diversi profili, la sussistenza della gravità indiziari in relazione alla partecipazione all’associazione ex art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990,
n. 309, ma nel far ciò non si confronta con l’esaustiva motivazione posta a fondamento dell’ordinanza impugnata, che risulta immune da manifesta illogicità o contraddittorietà.
È sufficiente a tal riguardo sottolineare come la consapevole partecipazione al sodalizio è testimoniata dalla stabilità di rapporti e dall’affidamento che i vertic dell’associazione riponevano sull’attività di spaccio svolta, COGNOME per conto dell’associazione, dal ricorrente. COGNOME A tal riguardo sono emblematiche le intercettazioni richiamate nell’ordinanza che, di per sé, forniscono un quadro indiziario solido, rispetto al quale le dichiarazioni rese dai collaborator costituiscono un mero elemento integrativo. Peraltro, sono proprio le intercettazioni che forniscono anche un riscontro esterno alle dichiarazioni dei collaboranti.
In definitiva, quindi, può affermarsi che l’ordinanza è immune da cesure logiche lì dove individua il ricorrente quale uno degli spacciatori stabilmente inseriti nell’associazione, ai quali veniva assegnata una quota mensile di stupefacente, secondo logiche criminali volte a garantire una perequazione tra i vari soggetti che operavano nella vendita al dettaglio.
Il motivo di ricorso, concernente la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., è manifestamente infondato per una pluralità di ragioni.
In primo luogo, deve rilevarsi come il Tribunale abbia fornito una risposta alle contestazioni sollevate dalla difesa (si veda p.26) di modo che deve escludersi il vizio di omessa motivazione. Permane la questione concernente la possibilità di far discendere la volontà di agevolare il sodalizio di stampo mafioso per il semplice fatto che quest’ultimo ricevesse i proventi (in tutto o in parte non è specificato) dell’attività di narcotraffico svolta dall’associazione ex art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Si tratta di un aspetto che, invero, dovrà essere adeguatamente valutato in sede di merito, salvo restando che – quanto meno a livello di gravità indiziaria – sussistono elementi che legittimano la tesi secondo cui l’indagato fosse consapevole della destinazione dei proventi all’associazione e che il gruppo deputato al narcotraffico agisse essenzialmente per agevolare quest’ultima.
In ogni caso, la questione relativa alla sussistenza dell’aggravante è priva di concreto interesse in fase cautelare, posto che ove pure si pervenisse alla sua esclusione, il ricorrente non ne otterrebbe alcuna concreta utilità, posto che i presupposti applicativi della misura non muterebbero.
Costituisce orientamento costante di questa Corte quello secondo il quale, in tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali, vi è carenza di interesse
al ricorso quando l’indagato tende ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante salvo che da tale esclusione derivi una concreta utilità, ovvero immediati riflessi sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508; Sez. 6, n. 5213 dell’11/12/2018, COGNOME, Rv. 275028).
Nel caso di specie già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sicchè l’esclusione dell’aggravante non produrrebbe per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole risultando, peraltro, analogo, il termine di fase (Sez. 3, n. 31633 del 15/03/2019, Irabor, Rv. 276237).
Devono ritenersi, invece, fondati i motivi di ricorso volti a censurare la sussistenza e l’attualità delle esigenze cautelari.
Occorre in primo luogo richiamare la specificità del reato associativo di cui all’art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relaziona al quale la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare come i legami tra compartecipi non presentino quella tendenziale stabilità nel tempo che, invece, contraddistingue l’appartenenza alle associazioni di stampo mafioso.
Si è affermato, infatti, che in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la sussistenza delle esigenze cautelari, rispetto a condotte esecutive risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, in quanto tale fattispecie associativa è qualificata unicamente dai reati fine e non postula necessariamente l’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vincolo associativo previste per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., di talch risulta ad essa inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, della tendenziale stabilità del sodalizio in difetto di elementi contrari attestanti recesso individuale o io scioglimento del gruppo (Sez.6, n. 3096 del 28/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272153; Sez.3, n. 17110 del 19/1/2016, COGNOME, Rv. 267160; Sez.6, n. 140 del 2712/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265917; Sez.6, n. 44129 del 22/10/2015, Rv. 265457; Sez.4, n. 26570 dell’11/6/2015, Flora, Rv. 263817).
La giurisprudenza ha anche affermato che, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato
sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez.6, n.31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272).
Al contempo, deve considerarsi che, con specifico riguardo al reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez.3, n.16357 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293; Sez.4, n. 3966 del 12/1/2021, COGNOME, Rv. 280243).
4.1. Tenendo presenti tali coordinate ermeneutiche, si ritiene che la valutazione contenuta nell’ordinanza cautelare in ordine all’attualità delle esigenze cautelari presenti aspetti di contraddittorietà, meritevoli di una rivalutazione.
L’ordinanza fonda la prognosi negativa essenzialmente sul fatto che la contestazione del reato associativo è “all’attualità” e che nel marzo 2022 veniva sequestrato un consistente quantitativo di cocaina detenuto da NOME COGNOME, fratello di NOME, quest’ultimo indiziato di far parte dell’associazione.
Entrambe le affermazioni non forniscono elementi rilevanti, dovendosi in primo luogo sottolineare come, al di là della contestazione formale del tempus commissi delicti, la condotta contestata al ricorrente si arresta a marzo del 2018 e, quindi, a più di cinque anni prima dell’applicazione della misura (luglio 2023).
A ciò deve aggiungersi che la stessa condotta partecipativa contestata al ricorrente è stata di breve durata, contestandosi un periodo “antecedente al 16 gennaio 2018 e fino a marzo 2018”.
Il ruolo ricoperto dal ricorrente, peraltro, viene descritto come marginale, trattandosi di uno spacciatore al dettaglio, sostanzialmente tenuto a rifornirsi dal sodalizio che esercitava un controllo egemonico sull’attività illecita.
La stessa perdurante attività dell’associazione, a prescindere dalla partecipazione del ricorrente, non è agevolmente riconducibile ad epoca successiva al novembre del 2018, epoca in cui venivano tratti in arresto i vertici della stessa.
Né può darsi rilievo al sequestro di cocaina eseguito nel 2022, posto che il detentore dello stupefacente era soggetto che non risulta tra i partecipi
1
all’associazione, senza che possa inferirsi dal mero rapporto di parentela con uno degli associati (NOME COGNOME) la destinazione dello stupefacente ad alimentare i traffici del sodalizio.
Infine, anche il profilo strettamente legato alla personalità del ricorrente non è stato adeguatamente approfondito, posto che la presenza nel luogo ove venne ucciso NOME COGNOME e la frequentazione con pregiudicati sono elementi non necessariamente indicativi della stabile partecipazione a traffici delittuosi, soprattutto se confrontati con il dato non secondario dell’incensuratezza dell’indagato.
In conclusione, quindi, può affermarsi che il dubbio in ordine all’attualità delle esigenze cautelari non è stato dedotto meramente sulla base del “tempo silente”, bensì evidenziando una pluralità di elementi concreti (data di cessazione della condotta dell’associato, epoca di esecuzione degli arresti dei vertici, mancanza di condotte sicuramente riferibili all’associazione in epoca successiva, tempo complessivamente trascorso dai fatti, incensuratezza) che impongono una rivalutazione complessiva.
Peraltro, la rivalutazione richiesta al Tribunale del riesame dovrà necessariamente concernere non solo l’attualità delle esigenze cautelari, ma anche l’individuazione della misura adeguata al grado di pericolosità, tenendo conto che nelle more del presente giudizio la custodia cautelare in carcere è stata sostituita con quella degli arresti domiciliari.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto limitatamente al profilo delle esigenze cautelari, nella cui rivalutazione il Tribunale del riesame si atterrà ai principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari competente ai sensi dell’art. 309, co.7, c. p.p. –
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 13 febbraio 2024