Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2719 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 14/07/1989 a Cosenza avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udito l’Avvocato NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, decidendo in sede di riesame, confermava la custodia in carcere di NOME COGNOME per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti o psicotrope con l’aggravante mafiosa (art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; 416-bis.1 cod. pen.) (capo 1) e a due reati fine (capi 14 e 41).
Ha presentato ricorso, nell’interesse dell’indagato, l’Avvocato NOME COGNOME deducendo tre motivi.
2.1. Errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla gravità indiziaria quanto alla fattispecie associativa.
La motivazione è apodittica, perché basata sull’assioma secondo cui l’attività di spaccio è consentita a condizione che il suo autore partecipi al “sistema” e sia abilitato dalla Confederazione ‘ndranghetista, vigendo per il resto un divieto assoluto di operare “sottobanco”.
L’affermazione che l’indagato sia figura di riferimento del sottogruppo dedito allo spaccio di sostanza stupefacente, riconducibile al gruppo COGNOME, si basa soltanto sulle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia (COGNOME e COGNOME) quali si sono limitati ad asserire che l’indagato apparteneva al gruppo COGNOME.
Nelle intercettazioni, poste a riscontro delle dichiarazioni dei collaboratori, l’indagato non risulta mai coinvolto direttamente; egli non si è mai reso autore di custodia, trasporto, commercializzazione o contabilizzazione della droga per conto dell’associazione; peraltro, dalle intercettazioni emerge come i rapporti tra l’indagato e COGNOME fossero incompatibili con l’ipotesi partecipativa.
Con tali dati il Giudice del riesame non si è confrontato, trascurando l’insegnamento di legittimità secondo cui la partecipazione all’associazione non può basarsi sul mero dato statistico dell’approvvigionamento, dovendosi invece guardare alla stabilità e continuità del rapporto, alle modalità dell’erogazione, alla rilevanza quantitativa ed economica e alla indispensabilità dell’apporto.
In sede di riesame era stato, inoltre, evidenziato come l’indagato sia stato successivamente sottoposto a nuova misura cautelare di custodia in carcere dallo stesso Pubblico Ministero del presente procedimento per altri reati di detenzione e/o cessione di sostanza stupefacenti: questa volta, sebbene i fatti si succedano di poco tempo, senza l’aggravante mafiosa. Dal che una evidente contraddizione.
2.2. Errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione quanto all’aggravante mafiosa.
Disattendendo l’insegnamento di Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734, i giudici nulla dicono in merito alla consapevolezza, nel ricorrente, di agire per agevolare il consorzio mafioso; non provano il dolo intenzionale richiesto dalla fattispecie; neppure argomentano la sussistenza dell’aggravante mafiosa.
2.3. Violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
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Difetta la motivazione sull’adeguatezza e sulla necessità della misura, il Tribunale del riesame avendo desunto sic et sempliciter dall’esistenza del “sistema Cosenza” e dalla presenza di precedenti specifici l’inidoneità di ogni misura diversa da quella carceraria, senza valutare il lungo lasso di tempo trascorso dall’ultimo episodio (2018) nonché la marginalità della posizione dell’indagato, e senza considerare che la presunzione di adeguatezza della misura è stata smantellata all’esito del presente procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso, sulla gravità indiziaria, è manifestamente infondato.
I Giudici del riesame hanno argomentato in modo completo e logico i rapporti tra l’indagato e il c.d. gruppo Porcaro, dando conto della composizione di tale gruppo e del ruolo apicale del Porcaro, al quale spettava la regia unitaria di tutte le piazze di spaccio attraverso una capillare suddivisione territoriale delle zone tra i vari sottogruppi (con necessaria riconducibilità di ogni spacciatore che lavora a Cosenza ad uno di dei gruppi che fa parte del “sistema”).
Hanno spiegato che NOME è stato individuato come intraneo al gruppo dai collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni sono riscontrate da captazioni riportate per ampi stralci – dalle quali si desume la natura dei rapporti tra il “sotto gruppo NOME” e COGNOME, la convergenza del ruolo dell’indagato con quello degli altri componenti, la preesistenza di debiti di droga con COGNOME, la circostanza che l’indagato spacciasse per questi: tutti elementi che denotano l’adesione al programma del sodalizio.
Hanno valorizzato la capacità dell’indagato di movimentare grossi quantitativi di droga, per importi economici consistenti, attraverso i pusher a lui sottoposti.
Hanno fatto, dunque, corretta applicazione del consolidato principio di diritto secondo cui integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti il costante e continuo approvvigionamento di sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinar uno stabile affidamento del gruppo sulla disponibilità all’acquisto, mediante la costituzione di un vincolo reciproco durevole che supera la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale delle singole operazioni e si trasforma nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450, che ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che, ai fini della prova dell’inserimento organico dell’indagato nell’associazione, aveva valorizzato la sua condotta di costante approvvigionamento di droga dal gruppo, anche al di fuori dei delitti scopo
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contestati, il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza obiettiva del ruolo assunto nel sodalizio criminale per il rapporto sistematico con elementi di spicco dello stesso).
Quanto al secondo motivo, va ricordato che, secondo l’insegnamento di questa Corte, sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante a effetto speciale, sempre che da questa conseguano immediati riflessi sull’an o sul quomodo della misura (tra le tante, Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028).
Nulla deduce in proposito il motivo che, pertanto, appare sul punto generico e quindi inammissibile.
3. E’, invece, fondato il terzo motivo di ricorso.
In tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui a legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272).
Il principio rileva vieppiù se riferito alle ipotesi associative di cui all’ar d.P.R. cit., notoriamente caratterizzate da un minor grado di stabilizzazione rispetto al consorzio di cui all’art. 416-bis cod. pen. (di talché risulta ad ess inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, della tendenziale stabilità del sodalizio in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individu o lo scioglimento del gruppo: Sez. 6, n. 3096 del 28/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272153).
Ne deriva che l’ordinanza cautelare deve motivare in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, indicando specifici elementi di fatto idonei a dimostrare l’attualità delle esigenze cautelari (vd. anche Sez. 6, n. 53028 del 06/11/2017, Battaglia, Rv. 271576).
Tali condizioni non risultano soddisfatte nel caso di specie.
Infatti, il Tribunale del riesame ha dato atto del fatto che le condotte contestate si arrestano al 2019, ma poi ha desunto la pericolosità apoditticamente
dai precedenti, dalla spiccata propensione a delinquere dell’indagato e dal suo inserimento in ambiti criminali con cui ha dimostrato di avere estrema dimestichezza. Senza specificare e contestualizzare tali affermazioni.
La sentenza va, quindi, annullata, affinché il giudice del rinvio operi un nuovo giudizio sulle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10/12/2024