Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1497 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1497 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato il 22/08/1968 a Mileto
avverso l’ordinanza in data 15/06/2023 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria, con allegati, inviata dal difensore del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/06/2023 il Tribunale di Catanzaro ha annullato in sede di riesame, nei confronti di NOME COGNOME, quella del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro in data 01/06/2023, relativamente al delitto di partecipazione ad associazione di ‘ndrangheta, confermando detta ordinanza con riferimento al delitto di concorso in estorsione aggravata, di cui al capo 19 della contestazione
provvisoria, ma sostituendo la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge nonché mancanza e vizio di motivazione in relazione all’art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis) e comma 2-ter cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata aveva riprodotto quella emessa dallo stesso Tribunale in sede di riesame avverso l’ordinanza genetica, emessa dopo la convalida del fermo dal G.i.p. di Vibo Valentia, senza confrontarsi con i motivi e con le argomentazioni difensive.
Inoltre, il Tribunale, nel dar conto dell’eccezione di nullità per mancanza di autonoma motivazione, aveva pretermesso l’ulteriore eccezione con cui era stata prospettata rispetto all’ordinanza genetica Womessa motivazione sugli apporti difensivi e documentali del ricorrente, nonostante l’interrogatorio reso e la memoria depositata in sede di convalida.
Peraltro, quelle deduzioni almeno per il capo 1 erano state poi accolte dal Tribunale.
Con riguardo al delitto di estorsione erano state formulate osservazioni non valutate dal G.i.p., mentre il Tribunale aveva omesso di considerare l’eccezione.
La mancanza di un autonomo giudizio era riscontrabile anche riguardo all’eccezione riguardante la mancanza di autonoma valutazione da parte del G.i.p., avendo il Tribunale riprodotto gli argomenti della precedente ordinanza in ordine all’asserita genericità del motivo, al profilo redazionale dell’ordinanza del G.i.p., all’infondatezza, desunta dalla valorizzazione degli stessi elementi indicati dal P.m., a fronte di quanto difensivamente prospettato soprattutto in relazione ai temi alla base della gravità indiziaria riferita al capo 1, altrettanto dovendosi rilevare in relazione al tema delle esigenze cautelari.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e apparenza o vizio di motivazione con riferimento al delitto di estorsione.
Il Tribunale aveva reso una motivazione apparente e contraddittoria senza valutare le circostanze evidenziate dalla difesa.
In modo difforme dal tenore della contestazione, che delineava una pluralità di concorrenti nel reato, promotori e beneficiari dell’estorsione e intermediari tra l’autore del furto e la vittima, il Tribunale aveva ritenuto che il ricorrente avesse avviato l’approccio estorsivo, in vista del pagamento di una somma di denaro, agendo da intermediario e contribuendo alla condotta, rafforzando il proposito criminoso dei compartecipi, al di fuori di una prospettiva di mera solidarietà umana.
Peraltro, non era emersa alcuna ripartizione tra gli indagati, il ricorrente non aveva saputo quali fossero gli effettivi accordi intercorsi ed era assente un suo tornaconto personale.
Contraddittoriamente era stato fatto riferimento a modalità estorsive proprie della compagine cui il ricorrente apparteneva e alla condivisione della finalità di controllo del territorio in ordine al settore dei c.d. cavalli di ritorno, quando er stata esclusa la gravità indiziaria in ordine al capo 1.
Era dunque insussistente il fine di agevolare l’associazione.
Il ricorrente non aveva avuto rapporti con altri coindagati, con i quali non aveva frequentazione, non potendosi dunque prospettare una sua consapevolezza della finalità illecita della richiesta.
Il ricorrente non aveva contezza di alcuna ripartizione della somma corrisposta dalla vittima del furto, a fronte di quanto dedotto nella memoria difensiva, in cui era stato sottolineato che il ricorrente non aveva assistito al colloquio con COGNOME e COGNOME, non aveva parlato con l’autore del furto, non aveva avuto alcun beneficio e non aveva saputo che COGNOME avesse trattenuto una parte della somma, come posto in rilievo sulla base di richiamati atti di indagine.
Non era dunque ravvisabile alcuno ruolo svolto nell’azione estorsiva sotto il profilo oggettivo o soggettivo, profilo con cui il Tribunale aveva omesso di confrontarsi.
Era inoltre infondato l’assunto che il contributo partecipativo del ricorrente si correlasse al fatto di essersi attivato per contribuire alla ricerca del veicolo interfacciandosi con la vittima su richiesta di COGNOME.
Si trattava di conclusione che non trovava riscontro nelle risultanze, come poste in evidenza dalla difesa, in ordine alla ricostruzione delle conversazioni intercettate e al ruolo assunto da COGNOME che aveva direttamente parlato con COGNOME e COGNOME, senza che il ricorrente avesse chiesto denaro o che avesse esercitato alcuna pretesa verso la vittima.
Neppure era rilevante l’intervento di COGNOME almeno ad un’ora dal furto, il cui significato non era stato debitamente interpretato a fronte della corretta ricostruzione degli atti di indagine e delle conversazioni intercorse, a cominciare da quella tra COGNOME e COGNOME, poi riferita dal ricorrente a Galati.
In tale quadro non era smentito l’assunto difensivo che l’intervento di COGNOME avesse mera finalità solidaristica, nell’interesse del cugino COGNOME, non essendo emerso che il ricorrente avesse contribuito alla pressione morale e alla coazione psicologica nei confronti della vittima.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Il Tribunale aveva omesso l’esame del relativo motivo proposto in sede riesame, in assenza di elementi di rilievo personologico a carico del ricorrente e in assenza di pericolo di inquinamento probatorio o di fuga.
Non v’era serialità di condotte anche a fronte dell’ampio lasso di tempo intercorso e della regolare condotta di vita del ricorrente.
Apoditticamente era stato ravvisato un inserimento del predetto in ambienti delinquenziali più ampi, peraltro in assenza di reali cointeressenze, avendo il ricorrente agito per finalità scevre da interessi economici e senza aver contezza degli intenti di COGNOME e non essendovi l’esigenza di recidere contatti con l’ambiente criminale a fronte di un fatto episodico accaduto in un contesto familiare.
Il Procuratore generale ha inviato requisitoria concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha inviato una memoria con allegati, nella quale ribadisce gli argomenti a fondamento del ricorso, segnalando che non avrebbe potuto dirsi smentito l’assunto dell’intervento per ragioni di solidarietà e fronte della mancata conoscenza dei piani di COGNOME che a sua insaputa aveva trattenuto una parte della somma versata dalla vittima. Rileva inoltre con riguardo al primo motivo di ricorso che la decisione impugnata riproduceva quella depositata in data 4 luglio 2023 all’esito di riesame tenuto da altro collegio in data 31/5/2023, ordinanza che peraltro non faceva parte del compendio degli atti trasmessi al Tribunale. Ribadisce che il Tribunale non aveva valutato gli elementi forniti dalla difesa emergenti da una memoria e dall’interrogatorio del ricorrente, nonché gli elementi a favore e a carico risultanti dagli atti di indagine.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, in base alla proroga da ultimo disposta dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 150 del 2022, come modificato dall’art. 5 – duodecies, d.l. 162 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge 199 del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché genericamente formulato e comunque manifestamente infondato.
1.1. Non rileva che siano stati riprodotti passaggi più o meno ampi dell’ordinanza emessa dallo stesso Tribunale in sede di riesame avverso la prima ordinanza genetica, in quanto non vi è comunque dubbio che il provvedimento impugnato abbia quale termine di riferimento, secondo quanto risulta enunciato in
epigrafe, l’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro e che detto provvedimento contenga una specifica e coerente disamina dei temi rilevanti in questa sede, quand’anche riproduttiva di valutazioni già formulate, peraltro con riguardo al medesimo quadro indiziario e cautelare.
D’altro canto, il profilo dell’autonoma valutazione riguarda l’ordinanza genetica e non quella del Tribunale in sede di riesame, dovendosi aggiungere che è fuori luogo il riferimento al richiamo di un provvedimento non presente agli atti, in quanto nel caso di specie non di richiamo si tratta, ma semmai di sostanziale riproduzione del contenuto, in un quadro di convergenti valutazioni.
1.2. Il Tribunale ha esaminato il profilo dell’autonoma valutazione espressa nell’ordinanza genetica, rilevando la genericità della deduzione e comunque la sua infondatezza.
In questa sede è stata riproposta la censura in termini altrettanto generici, in assenza di qualsivoglia specifica confutazione della motivazione formulata sul punto nel provvedimento impugnato, essendo stati riprodotti i rilievi difensivi e non i corrispondenti passaggi a supporto della configurabilità del quadro indiziario, contenuti nell’ordinanza genetica, che, si assume, avrebbe semplicemente riprodotto gli argomenti esposti nella richiesta del P.m.
1.3. L’ulteriore censura, riguardante la dedotta mancata valutazione di elementi indicati dalla difesa e di elementi risultanti dagli atti di indagine, è ancora una volta genericamente formulata, in quanto manca un concreto confronto dei profili invocati con la motivazione contenuta nell’ordinanza genetica, non essendo necessario un riferimento espresso ad ogni argomento, ma essendo sufficiente una sintetica analisi che giustifichi la sussistenza del quadro indiziario, superando anche implicitamente gli elementi risultanti dagli apporti difensivi.
Deve ulteriormente rimarcarsi che l’eccezione finisce per sovrapporre il tema della nullità con quello della congruità e adeguatezza della valutazione di merito, non potendo comunque desumersi la mancata valutazione di quegli apporti dalla circostanza che in sede di riesame sia stata esclusa la gravità indiziaria in ordine alla partecipazione al clan di ‘ndrangheta, in quanto in questo caso è venuta in rilievo una più favorevole valutazione dell’intero compendio indiziario, diversa da quella formulata nell’ordinanza genetica, fermo restando che con riguardo all’ulteriore reato di estorsione di cui al capo 19, sul quale si tornerà, gli elementi difensivi sono stati pur sinteticamente valutati, essendosi peraltro escluso dal un intervento con finalità di mera solidarietà con la vittima, a prescindere dalla configurabilità o meno di un tornaconto personale.
Del tutto generici risultano infine i rilievi concernenti il tema delle esigenze cautelari, giacché il motivo fa riferimento a deduzioni di merito, che sono state semplicemente disattese piuttosto che pretermesse.
Sono peraltro fondati sia il secondo che il terzo motivo.
2.1. Con riguardo al delitto di estorsione di cui al capo 19, il Tribunale, pur avendo escluso la partecipazione al sodalizio, ha ritenuto che dagli elementi acquisiti fosse possibile desumere che il ricorrente aveva fornito un contributo alla condotta illecita, rafforzando il proposito criminoso dei compartecipi e agevolando l’evento al di fuori di una prospettiva di solidarietà umana con la vittima.
Alla resa dei conti sono state valorizzate due conversazioni, intercorse con COGNOME: nella prima il ricorrente aveva richiamato l’attenzione dell’interlocutore con riguardo al furto accaduto nel primo pomeriggio del 23 gennaio 2019 in danno del cugino COGNOME, cui era stata sottratta la vettura; nella seconda, nel parlare con COGNOME, era emersa la necessità di versare una somma e di parlare di ciò alla vittima, avendo alla fine il ricorrente affermato «glielo dico io. .cosa deve fare».
Deve aggiungersi che il ricorrente aveva avuto modo di parlare con COGNOME di altre vicende relative ai c.d. cavalli di ritorno, avendo appreso dal predetto che in poco tempo aveva fatto recuperare otto veicoli.
2.2. Ma nel motivo di ricorso si segnala come il quadro indiziario fosse diverso e connotato dall’intento del ricorrente di favorire il cugino per ragioni di solidarietà umana, in assenza di un suo tornaconto personale e di contatti con altri compartecipi.
E soprattutto si rimarca come la ricostruzione proposta dal Tribunale risulti incompleta alla luce dell’analisi dei dialoghi intercorsi.
2.3. Orbene, deve a questo riguardo rilevarsi che l’assunto del Tribunale non considera, in primo luogo, che l’iniziale richiesta di intervento formulata dal ricorrente risulta di per sé un dato neutro, inidoneo sul piano logico a smentire l’assunto dell’intermediazione ad esclusivo vantaggio della vittima.
Inoltre, si osserva che gli elementi valorizzati nell’ordinanza impugnata non tengono conto del fatto che COGNOME era aduso a quel tipo di modalità operativa, senza necessità di un concreto rafforzamento del suo proposito criminoso, e che inoltre non è emerso se effettivamente dopo il colloquio con COGNOME il ricorrente avesse parlato con la vittima, sollecitando il pagamento nel quadro di un condiviso approccio di tipo estorsivo.
La difesa ha, per contro, segnalato come dalla successione delle conversazioni sia dato evincere che il ricorrente avesse riferito a COGNOME di un colloquio avuto con tale COGNOME, soggetto vicino a Fogliani, che lo aveva sollecitato ad attivarsi, poiché il predetto «è un babbo (inteso nel senso di «stupido»), avendo in conseguenza di ciò il ricorrente invitato COGNOME a parlare piuttosto con COGNOME.
Sta di fatto che per il resto nel provvedimento impugnato si dà conto solo di contatti direttamente intercorsi tra COGNOME e l’autore del furto COGNOME nonché tra
COGNOME e la vittima, fino all’indicazione e alla riscossione della somma richiesta, somma che sarebbe stata poi versata a COGNOME, fatta eccezione per quella di euro 100,00 trattenuta da COGNOME, in assenza di qualsivoglia compenso per il ricorrente.
2.4. Alla luce di tali rilievi deve ritenersi che l’ordinanza impugnata non dia convenientemente conto del tipo di contributo fornito dal ricorrente al perfezionamento dell’estorsione, non essendo stato dimostrato né un diretto approccio di tipo estorsivo da parte di COGNOME né il contributo rafforzativo che egli avrebbe in concreto arrecato e, dunque, non essendosi idoneamente escluso che l’originario intervento fosse volto a favorire la vittima per ragioni di solidarietà per vincolo famigliare, propiziando comunque il recupero del mezzo, senza il perseguimento di alcun suo diretto profitto, ciò che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non consentirebbe di ravvisare un concorso punibile (si richiama Sez. 2, n 26837 del 19/06/2008, COGNOME, Rv. 240701, seguita da pronunce conformi, ad es. Sez. 2, n. 2833 del 27/09/2012, Adamo, Rv. 254298).
Su tali basi si imporrebbe l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame.
Ma venendo al terzo motivo, si rileva che la fondatezza di esso assume carattere assorbente e impone di addivenire ad un annullamento senza rinvio.
Va infatti rilevato che con riguardo al profilo cautelare il Tribunale si è limitato a considerazioni apodittiche, valorizzando la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. e la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., anche in ragione della contiguità ad un esponente del clan di ‘ndrangheta.
Senonché, nel caso di specie, non erano emerse specifiche interessenze del ricorrente, la condotta da lui tenuta era comunque del tutto occasionale, in assenza di elementi diversi, e soprattutto dai fatti erano decorsi più di quattro anni non connotati da indici sintomatici tali far avvertire la continuità del pericolo sotto il profilo temporale: il Tribunale si è al riguardo limitato ad escludere la rilevanza del tempo trascorso, giudicandolo non così consistente, ma ha omesso di rilevare che nel caso di specie non veniva in rilievo una piena partecipazione ad un sodalizio, implicante la persistenza di un vincolo solidaristico, e che comunque il tempo trascorso di per sé può costituire elemento idoneo a superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., quando esso sia significativo, a fronte di una condotta isolatamente valutabile, non accompagnata da elementi idonei a suffragare l’immanenza di pericoli da prevenire: ciò in effetti vale in generale, in quanto, come autorevolmente affermato, «ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari» (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, COGNOME, Rv. 244377), ma può assumere specifico rilievo, nel quadro di un’interpretazione costituzionalmente
orientata, anche quale elemento idoneo a contrastare la presunzione di cui all’ 275, comma 3, cod. proc. pen, (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272), perfino in relazione ad ipotesi associative (Sez. 6, n. 19863 04/05/2021, COGNOME, Rv. 281273), dovendosi aver cura di correlare l’entit del tempo al tipo di condotta e alla presenza o meno di dati sintomatici ulterio
Sulla base di tali rilievi la valutazione del Tribunale non risulta idonea conto dell’effettiva sussistenza di esigenze cautelari, apprezzabili in term concretezza e attualità, in assenza di elementi ulteriori.
Di qui la necessità di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata e quel genetica con conseguente liberazione del ricorrente, ove non detenuto per alt causa.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata nonché l’ordinanza del GIP del Tribunale di Catanzaro del 1 giugno 2023 e ordina l’immediata liberazione di COGNOME DomenicoCOGNOME se non detenuto per altro. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 22/12/2023