Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7016 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7016 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
nei confronti di COGNOME NOME, nato a Catanzaro il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 30/05/2023
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato;
letta la memoria depositata dal difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, nella quale si contestano le conclusioni del PG e si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Catanzaro con ordinanza del 30 maggio 2023 (motivazione depositata il successivo 10 luglio) ha respinto la richiesta di riesame presentata da COGNOME NOME nei confronti dell’ordinanza genetica emessa dal Gip il 3 aprile 2023 con la quale è stata applicata al predetto la custodia cautelare in carcere in relazione all’addebito provvisorio di cui all’art. 74, commi 1, 2, 3, de d.P.R. n. 309 del 1990 e per ventidue episodi di detenzione illecita e/o cessione di sostanze stupefacenti.
Avverso l’ordinanza del riesame l’indagato ha presentato, per mezzo del proprio difensore, ricorso nel quale deduce quattro motivi, relativi: il primo alla eccepita nullità dell’ordinanza genetica per diretto di autonoma valutazione della richiesta cautelare del PM; il secondo e il terzo al difetto di gravità indiziaria rifer rispettivamente, alla contestazione associativa e ai diversi episodi ex art. 73 TU Stup.; il quarto alla ritenuta permanenza di esigenze cautelari e alla scelta della misura custodiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
Il primo motivo è manifestamente infondato. L’ordinanza impugnata ha in modo adeguato indicato (pag. 2 e 3) come :l Gip abbia operato una autonoma valutazione della richiesta cautelare. D’altro canto, il ricorrente si limita contestare la decisione del riesame ma «In tema di impugnazioni avverso i provvedimenti “de libertate”, il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per – la GLYPH omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate» (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018 – dep. 2019, Esposito, Rv. 274760 – 01); onere, questo, non assolto dal ricorrente.
Anche i motivi relativi alla dedotta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sono infondati. Nel ricorso ci si limita ad una totale contestazione del provvedimento impugnato e si propone una “integrale rilettura alternativa” del materiale indiziario che non tiene conto dei limiti al sindacato della Cassazione in tema di vizio di motivazione dei provvedimenti del riesame cautelare. Invero, «In tema GLYPH di GLYPH misure GLYPH cautelari GLYPH personali, GLYPH il ricorso per cassazione per vizio
di motivazione del GLYPH provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01)
4. In ogni caso, per quanto concerne l’addebito ex art. 74 TU Stup. (capo 93), il Tribunale del riesame valorizza in modo logico elementi indiziari di sicura pregnanza: a) l’attività posta in essere dall’indagato nella predisposizione degli strumenti tecnologici di video sorveglianza delle diverse sedi operative del sodalizio criminoso con a capo COGNOME NOME e le indicazioni date a costui in ordine al preciso funzionamento delle videocamere installate; b) i ripetuti avvertimenti dati ai partecipi circa la possibilità di controlli da parte delle Forz dell’ordine; c) l’attività di spaccio, come emergente dalle intercettazioni poste a fondamento dei ventidue episodi contestati come reati fine. E c:orrettamente il PG nelle sue conclusioni scritte ha rilevato che il Tribunale del riesame ha, con motivazione certamente non illogica, superato le deduzioni difensive volte a ricondurre a causa lecita le attività edili svolte dall’indagato evidenziando, al riguardo, da un lato, la non equivoca valenza indiziaria di dette attività (l’indagato veniva monitorato nell’atto di erigere un muro destinato ad ostruire la visuale della stalla, sede di spaccio, alla telecamera installata dalle Forze dell’ordine e di realizzare il servizio di videosorveglianza perimetrale della nuova sede operativa) e, dall’altro lato, la genericità delle dichiarazioni rilasciate dal datore di lav dell’indagato in relazione ai lavori in questione («mi ricordo che per qualche mese del 2019 NOME NOME recava a casa di qualche rom per effettuare lavori generali di muratura ed altro regolarmente retribuito») e la non provata riferibilità del compendio fotografico allegato all’abitazione del COGNOME e ad opere edili realizzate proprio da COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Conclude sul punto l’ordinanza impugnata (pag. 10) che “in tale contesto associativo RAGIONE_SOCIALE risultavano partecipi dell’associazione con ruolo di custodi del denaro e della cocaina, di corrieri e di pusher, costantemente a disposizione con funzioni di vedetta, per segnalare la presenza di forze dell’ordine; inoltre lo COGNOME provvedeva materialmente ad allestire la nuova base operativa, ubicata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, messa a disposizione da COGNOME NOME, nella quale installava telecamere di sorveglianza per monitorare le
zone antistanti ai luoghi deputati allo spaccio di cocaina ed eseguiva opere in muratura per occultare i proventi del narcotraffico”.
Elementi, questi, che danno anche conto adeguatamente della sussistenza del profilo psicologico dell’a ffectio societatis (contestato, ma in termini assertivi, nel ricorso).
5. Infondato è altresì il motivo relativo all’insussistenza della gravità indiziari per i singoli reati-fine. Il Tribunale del riesame motiva adeguatamente in ordine a cinque episodi, oggetto dei capi nn. 100, 120, 125, 135 e 138 (pag. 11 e 12), precisando poi che “considerazioni analoghe possono essere spese circa le ulteriori doglianze difensive in merito alla ricostruzione dei restanti, numerosi, reati fine, in quanto fondate su una prospettazione atomistica e parcellizzata delle risultanze investigative, le quali appaiono invece lineari e convergenti nella ricostruzione del ruolo di pusher svolto dallo COGNOME“. Il ricorrente contesta detta conclusione ma, in relazione agli addebiti accomunati in detta considerazione complessiva, non fornisce indicazioni dalle quali poter dedurre la carenza indiziaria.
In ordine poi all’eccepita sussistenza nella specie solo di condotte espressive di “connivenza non punibile”, l’ordinanza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui «La distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 cod. pen., è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare». (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244-02); concludendo, non illogicamente, che l’attività posta in essere dallo COGNOME rientra pienamente nell’ambito del contributo concorsuale.
Infine, non può essere accolta la censura volta a richiedere la riqualificazione di tali episodi ai sensi del comma 5 dell’art. 73 TU Stup. (peraltro, a detta dello stesso ricorrente, nei motivi del riesame tale profilo era stato dedotto solo per alcuni capi di contestazione cautelare: 100, 125, 170, 171, 187, ma che nel ricorso si sostiene che “può essere tranquillamente esteso anche ai capi … ove spesso si parla di cessioni di quantità imprecisate di sostanze stupefacenti”).
E’ vero che sul punto l’ordinanza impugnata non si è pronunciata. Tuttavia, a prescindere della non rilevanza della questione nel caso di specie, atteso che la misura cautelare risulta in ogni caso sorretta dal più grave reato associativo e dagli altri capi ex art. 73 Tu cit. per i quali la questione non è stata proposta, rileva il Collegio che non vi sono allo stato i presupposti per poter qualificare detti fatti come “di lieve entità” e ciò, in considerazione della condotta posta in essere
dall’indagato (funzionale a evitare i controlli investigativi e ad occultare le condotte di cessione) e della non consentita “parcellizzazione” dei singoli episodi, in ossequio al principio secondo cui «In tema di continuazione tra reati in materia di stupefacenti, la necessità di valutare in modo non atomistico “mezzi, modalità e circostanze” di commissione dei singoli reati, ai fini del riconoscimento della lieve entità del fatto ex art. 73, comma 5, d.P.R. ottobre 1990, n. 309, consente di valorizzare le peculiarità delle singole condotte, la comunanza di elementi significativi e le loro eventuali reciproche correlazioni al fine di ricostruire u cornice complessiva in concreto idonea ad escludere un giudizio di lieve entità rispetto ai fatti contestati» (Sez. 3, n. 13115 del 2020, Rv. 279657).
6. Fondato è, invece, il motivo relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura.
Preliminarmente, va evidenziato che la misura è stata disposta in relazione a delitto per il quale vale la doppia presunzione – relativa – di sussistenza delle esigenze e di adeguatezza della misura custodiale carceraria; sul punto si è precisato che «La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.,, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo» (Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021 – dep. 2022, Anclreano, Rv. 282865 – 01).
Peraltro, risulta che le condotte ascrivibili allo COGNOME si arrestano al giugno 2019, ossia quasi quattro anni prima dell’applicazione della misura custodiale. E’ noto che, sulla questione del “tempo silente”, si sono formati, anche nell’ambito della giurisprudenza di legittimità, orientamenti non completamente coincidenti. In particolare, questa Sezione ha ritenuto che «In tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari’ il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti c:he non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma :3, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272 – 01). In senso difforme, Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, PMT c. Amato, Rv. 281293 – 01): «In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico d GLYPH
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stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelar’ di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.».
Il Tribunale del riesame ha fondato la valutazione in merito alla perdurante sussistenza delle esigenze cautelare e della adeguatezza della sola misura carceraria sulla gravità dei fatti contestati all’indagato e sulla “resilienz dell’associazione che è stata in grado di superare momenti di crisi derivanti dall’intervento degli organi investigativi e inquirenti “con episodi attestanti permanere di un canale di cessione della droga che si sono protratti sino a tempi recenti” (pag. 13).
Inoltre, a supporto dell’applicazione della misura custodiale viene richiamata la circostanza che COGNOME “ha anche un precedente specifico, seppur risalente, in cui è stata concessa la sospensione della pena, nonostante il credito fiduciario accordato dall’ordinamento, ha scelto consapevolmente di perseverare nel crimine e nel medesimo settore del narcotraffico, facendo emergere una personalità recidivante e proclive a delinquere” (pag. 13). In realtà, come dedotto dal ricorrente, COGNOME risulta incensurato (v. il certificato penale in atti, dal qu risulta “nulla” a carico), di tal che la motivazione sul punto appare non perspicua. Inoltre, il ricorrente ha allegato ulteriori circostanze, relative: all’avven trasferimento in località lontana 30 Km dal luogo ove sono avvenuti i fatti contestati; alla convivenza con una nuova compagna del tutto estranea ad ambienti criminali; all’intervenuta assunzione, con regolare contratto a tempo indeterminato da una ditta che si occupa di montaggio e manutenzione di impianti di climatizzazione, da ciò deducendo la interruzione di ogni contatto con il contesto criminale; circostanze in ordine alle quali l’ordinanza impugnata non si è confrontata.
Si impone dunque, limitatamente al profilo relativo alle esigenze cautelari, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame di Catanzaro per nuovo giudizio sul punto.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore sid nte