Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32247 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 32247 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME nato a Battipaglia 1’1/11/1972
avverso l’ordinanza resa il 3/4/2025 dal Tribunale di Salerno
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale dell’udienza; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Salerno, accogliendo parzialmente l’appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno il 4 Marzo 2025 aveva respinto la richiesta di custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME Filippo AntonioCOGNOME ha applicato al predetto la misura degli arresti domiciliari, in quanto gravemente indiziato di essere promotore e organizzatore di un’associazione a de1inquere finalizzata alla commissione di reati in materia tributaria, tramite la creazione di crediti d’imposta inesistenti c venivano indebitamente compensati dalle imprese che si rivolgevano al sodalizio, di condotte di autoriciclaggio, e di trasferimento fraudolento di valori, nonché di diversi
reati fine. La richiesta di misura cautelare si fonda sugli esiti di un’articolata indagi compiuta dalla Guardia di Finanza di Salerno in relazione alle attività della società RAGIONE_SOCIALE
Il Giudice per le indagini preliminari, nell’ordinanza di rigetto della richiesta misura cautelare (v. pag. 103), aveva condiviso la qualificazione giuridica dei fatti contestati e il giudizio di gravità indiziaria anche nei confronti dell’odierno ricorrente, aveva ritenuto insussistente il requisito della attualità e concretezza delle esigenze cautelari, valorizzando il tempo trascorso dai fatti, quasi due e in alcuni casi anche tr anni, e la circostanza che in questo arco temporale non fossero emersi ulteriori elementi idonei a giustificare il rischio concreto di recidiva, considerato che peraltro compensazioni indebite erano state effettuate in virtù dell’agevolazione prevista dalla legge di stabilità n. 208/2015, in vigore fino al 31 dicembre 2023 e non più prorogata.
Avverso detta pronunzia ha proposto appello il pubblico ministero, osservando che il tempo trascorso dalla conclusione delle ultime condotte illecite poste in essere e la presentazione della richiesta cautelare era di appena sei mesi e che comunque il trascorrere del tempo da solo non può costituire prova della cessazione delle esigenze cautelari, considerate le modalità della condotta e la personalità dell’indagato e i contesto socio ambientale in cui opera, da cui è possibile desumere che la condotta illecita realizzata non era occasionale ma sistematica e per questo tendente a reiterarsi. L’uso disinvolto da parte del COGNOME di società cartiere formalmente amministrate da prestanomi e la sistematica emissione da parte di queste società di fatture false per garantire investimenti fittizi induce a ritenere che si tratti di un sistema seria tendenzialmente portato a reiterarsi.
Il Tribunale ha ritenuto l’appello ammissibile, poiché il pubblico ministero non si era limitato a richiamare l’originaria richiesta cautelare ma si era confrontato in modo specifico con i punti dell’ordinanza con cui era stata respinta detta richiesta, e fondato nel merito per la ritenuta ricorrenza delle esigenze cautelari non ravvisate dal Giudice per le indagini preliminari, disponendo per l’effetto la misura cautelare degli arrest domiciliari.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’indagato, deducendo quanto segue:
2.1. Violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dal pubblico ministero, per aspecificità dei motivi di gravame, a dispetto di quanto ritenuto dal Tribunale nella valutazione delle posizioni dei coindagati COGNOME COGNOME e COGNOME Giuseppe.
Osserva il ricorrente che l’appello del pubblico ministero era inammissibile poiché costituito da una riproduzione da pagina 23 a pagina 27 dell’originaria richiesta di misura cautelare, accompagnata da generiche critiche delle argomentazioni del Giudice per le indagini preliminari; i punti 2, 3, 4 e 5 dell’appello non riguardavano in modo specifico
la posizione del COGNOME, sicché l’impugnato provvedimento, alla stregua dei principi menzionati dalla Suprema Corte nella sentenza n. 46025 del 24 settembre 2013, deve ritenersi nullo per l’aspecificità dell’atto di impugnazione, che avrebbe dovuto essere rilevata dal Tribunale, con refluenza sull’effetto devolutivo.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari e travisamento assoluto dei dati processuali raccolti nell’indagine in corso. Il Tribunale ha osservato che la datazione nel tempo delle condotte contestate non esclude, di per sé ed automaticamente, l’attualità del pericolo di recidiva, ma non avrebbe considerato che la mancata proroga dell’agevolazione prevista dalla cd. Legge di stabilità per il quadriennio 2016/2019, in vigore fino al 31 dicembre 2023 e non più prorogata, determina il venir meno della possibilità di una condotta recidivante; il Collegio non avrebbe esposto al riguardo alcuna motivazione e si è limitato nella sua valutazione a fare riferimento a elementi astratti e apodittic fondati su argomenti congetturali. In particolare, ha attribuito a COGNOME il ruol dominante in quanto longa manus del latitante NOME COGNOME in assenza di alcun riferimento ad una vicinanza strutturale tra COGNOME e COGNOME e in forza di mere congetture, quali si palesano le considerazioni in merito al reddito attribuito a De Filippo.
L’unica emergenza reale è il fatto che COGNOME negli anni 2019, 2020 e 2021 non ha dichiarato alcun reddito e risulta proprietario di un’autovettura Mercedes GL, ma tale acquisto è stato spiegato, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, e non viene fatto oggetto di alcuna motivazione.
La seconda congettura è costituita dalla conoscenza tra COGNOME e COGNOME basata su un viaggio a Dubai, che è stato esclusivamente un viaggio di piacere; la terza ipotesi consiste nell’attribuire al COGNOME il ruolo di mandatario del COGNOME, conclusione ipotetica che non può desumersi dal compendio processuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In punto di diritto, va premesso che il ricorso per cassazione il quale deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e assenza delle esigenze cautelari è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando, come nel caso di specie, propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, e si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato e generico poiché reitera l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza di rigetto della misura cautelare, a causa della ritenuta assenza di specificità
dei motivi, già formulata dinanzi al Tribunale, senza confrontarsi con la motivazione resa nel provvedimento impugnato. Invero, il Collegio affronta specificamente la questione e respinge la prospettata inammissibilità dell’impugnazione, evidenziando come, dopo avere riportato il tenore della richiesta cautelare, l’appellante abbia contestato i divers punti della decisione del Giudice per le indagini preliminari che ha ritenuto di censurare e, sulla base del medesimo compendio probatorio, abbia effettuato delle valutazioni degli elementi di fatto che conducono ad una diversa conclusione. A dispetto di quanto prospettato nel ricorso, il pubblico ministero non si è limitato a riportarsi all’istan cautelare precedentemente avanzata, ma ha argomentato le ragioni per cui la decisione del Giudice per le indagini preliminari era da ritenersi errata e non congrua rispetto ai fatti accertati. Il ricorrente, di contro, reitera la medesima censura già formulata e così incorre nel vizio di genericità.
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso è affetto dal vizio di genericità poiché propone una censura eccentrica rispetto agli argomenti valorizzati dal Tribunale a sostegno della ritenuta pericolosità del De COGNOME.
Dopo avere riportato la giurisprudenza di legittimità sul tema della concretezza e attualità del pericolo di recidiva, il Collegio ne ha fatto corretta applicazion evidenziando il ruolo dell’indagato e le caratteristiche nella condotta associata e organizzata posta in essere, che ne palesano la spiccata pericolosità. In particolare, ha evidenziato: la dimensione della vicenda caratterizzata da plurime condotte, reiterate dal 2022 al 2023 in modo frenetico ; grazie ad una rete di relazioni illecite che la caratterizzano, poste in essere da personaggi di elevata caratura criminale attraverso un sofisticato e complesso apparato operativo capace di produrre elevatissimi introiti; il carattere sistematico e professionale delle attività illecite poste in essere, abusando dei meccanismi previsti dalla legge, per perseguire finalità illecite, così inquinando il mercato; la disinvoltura e spregiudicatezza con cui, pur essendo a conoscenza della pendenza delle indagini, COGNOME ha continuato ad operare, creando e utilizzando altri schermi societari.
1.2.1. In tal senso, si è evidenziato come, in questo contesto, non rileva la circostanza che le compensazioni indebite siano state effettuate in virtù di una legge di stabilità che non è stata più prorogata, poiché gli indagati hanno dimostrato di essere in grado e sempre pronti ad accordarsi e organizzarsi con idonee strutture e strumenti per operare illecitamente, al fine di sfruttare le iniziative in favore degli imprenditor del mercato per conseguire illecite finalità e profitti indebiti. Gli stessi, infatti, creato una rete operativa illecita organizzata in modo altamente professionale che può bene essere riproposta per sfruttare altri benefici fiscali e trarre indebiti profitti. T ciò considerato ha fatto ritenere che il medesimo meccanismo adottato per sfruttare le peculiarità della legge di stabilità potrebbe essere reiterato in relazione ad altr normative che prevedono comunque detrazioni e agevolazioni fiscali.
1.2.2. A sostegno di tale giudizio di concreta pericolosità e del carattere continuativo e non occasionale della condotta illecita, il Tribunale ha evidenziato come negli anni oggetto dell’inchiesta l’indagato, pur non dichiarando alcun reddito e non svolgendo ufficialmente alcuna lecita e continuativa attività lavorativa, abbia movimentato ingenti somme di denaro, a riprova della sua sistematica tendenza a trarre dall’illecito le fonti di mantenimento, sintomo della sua propensione alla recidiva; si tratta di considerazioni non manifestamente illogiche, basate su elementi concreti e conformi ai principi dettati in tema dalla giurisprudenza di legittimità, in quanto valorizzano il carattere reiterato e organizzato dell’attività illecita e la capacità riproporre e di approfittare degli schemi legali leciti per perseguire finalità illecita.
1.2.3. L’ordinanza impegnata fornisce adeguata spiegazione delle ragioni per cui non è dirimente e neppure rilevante la circostanza che la legge di stabilità abbia fissato al 2023 la vigenza delle regole per la cui elusione è stato costruito il meccanismo operativo osservato e ricostruito dalle indagini.
A fronte di una motivazione articolata ed esaustiva, fondata su plurimi elementi di fatto, il ricorrente si limita a stigmatizzare come congetturali le inferenze logich correttamente tratte dal Tribunale e non si confronta con i dati di fatto richiamati, così incorrendo nel vizio di genericità.
Per le ragioni sin qui evidenziate si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con le conseguenti statuizioni di condanna al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda che si ritiene congruo liquidare in euro tremila in ragione del grado di colpa nella presentazione del ricorso.
La Cancelleria deve essere onerata di provvedere agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Roma 11 settembre 2025
Il Consigliere estensore
NOME Da NOME COGNOME