Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA‘ avverso l’ordinanza del 24-10-2023 del Tribunale di Trento; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto l- ale AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto
Procuratore genei del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 ottobre 2023, il Tribunale del Riesame di Trento confermava l’ordinanza emessa il 7 luglio 2023 dal G.I.P. del Tribunale di Trento, con la quale, nell’ambito di un articolato procedimento penale a carico di una pluralità di indagati, era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME NOME, in quanto gravemente indiziato di essere partecipe di un’associazione dedita ai traffico di stupefacenti (capo D), nonché autore del reato-fine di cui al capo Dl.
Avverso l’ordinanza del Tribunale trentino, COGNOME, tramite i suoi difensori, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con il quale la difesa contesta la valutazione sulle esigenze cautelari, lamentando il difetto di motivazione del provvedimento impugnato rispetto ai temi devoluti nella memoria depositata all’udienza di riesame, non essendosi considerato che il più recente dei reati-fine risale al 22 ottobre 2021, ovvero a oltre due anni dall’adozione della cautela, incidendo il decorso del tempo sull’attualità delle esigenze cautelari, dovendosi altresì tenere conto che, sciolta l’associazione, non vi è traccia del coinvolgimento di COGNOME in altre attività di spaccio.
Né può ritenersi ammissibile l’automatismo tra professionalità nel delinquere e irrilevanza del decorso del tempo, dovendo le esigenze cautelari essere correlate non alla gravità del fatto commesso, ma alla pericolosità dell’indagato, rispetto alla quale non potevano non essere considerate la documentata attività lecita di NOME e il contesto socio-economico in cui lo stesso risulta inserito.
Anche rispetto all’adeguatezza della misura, la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe del tutto incomprensibile, essendo stata rimarcata la intercambiabilità e la fitta rete di legame tra i sodali, mentre il Tribunale avrebbe dovuto interrogarsi circa l’esistenza degli elementi idonei a far ritenere permanente il vincolo associativo pur in assenza di espressioni c:riminali recenti. Né i giudici cautelari hanno chiarito perché il pericolo di reiterazione dei reati non poteva essere scongiurato con una misura cautelare meno afflittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Premesso che nel caso di specie di specie non e controversa la valutazione circa i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, deve rilevarsi che, anche rispetto al giudizio circ:a la ritenuta persistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della custodia cautelare in carcere, il provvedimento impugnato non presenta vizi di legittimità.
Ed invero al riguardo il Tribunale del Riesame, nel richiamare la presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., ha ritenuto persistenti le esigenze cautelari, valorizzando a tal fine il fatto che COGNOME era un partecipe del sodalizio ex art. 74 del d.P.R. n. 74 del 1990, avendo dato prova in tale contesto di una qualificata capacità criminale, essendosi rivelato un soggetto evidentemente affidabile per essere attivamente coinvolto in una rete organizzata, contraddistinta da un pluralità di approvvigionamenti e di cessioni in favore di molteplici acquirenti di sostanze stupefacenti di diversa qualità, con guadagni rivelatisi ben superiori a quelli leciti pure percepiti dal ricorrente.
Ciò a riprova della non trascurabile propensione a delinquere dell’indagato, corroborata anche dall’esistenza di un precedente specifico a suo carico e tale da rendere adeguata e necessaria la misura di massimo rigore, stante il concreto pericolo di condotte recidivanti, che sarebbero potenzialmente agevolate anche dai collaudati legami interpersonali degli associati, suscettibili di favorire una futura riorganizzazione delle attività illecite, essendosi peraltro i fatti contesta protratti fino a epoca non molto risalente rispetto all’adozione della misura, ossia fino al mese di ottobre 2021, mentre l’ordinanza cautelare è del luglio 2023.
Orbene, in quanto sorretto da considerazioni non manifestamente illogiche, il giudizio sul mancato superamento della duplice presunzione normativa circa la persistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura di massimo rigore non presta il fianco alle doglianze difensive, che invero sollecitano sul punto sostanzialmente differenti valutazioni di merito, che tuttavia non possono trovare ingresso in sede di legittimità, dovendosi ribadire in tal senso la costante affermazione di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884), secondo cui il ricorso per cassazione in tema di impugnazione delle misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero, come nella vicenda in esame, si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere quindi rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc,.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 22/02/2024