Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32788 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME – Presidente – Sent. n.sez. 1174/2025
NOME COGNOME CC – 10/09/2025
NOME COGNOME Raddusa R.G.N. 17704/2025
NOME COGNOME – Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato in Nigeria il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 11 marzo 2025 dal Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME e ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, che in data 20 novembre 2024 ha applicato nei confronti del medesimo la misura coercitiva degli arresti
domiciliari ritenendolo gravemente indiziato della commissione di nove episodi di acquisto di marijuana a fini di spaccio posti in essere nel periodo di gennaio-giugno 2019.
L’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
Il difensore, con unico motivo, ha dedotto l’inosservanza dell’art. 274 cod. proc. pen. e la mancanza di motivazione in ordine alla censure mosse nel procedimento di riesame in punto di attualità delle esigenze cautelari.
Il difensore ha rilevato che innanzi al Tribunale del riesame di Roma ha eccepito l’insussistenza delle esigenze cautelari, in quanto sono ormai trascorsi sei anni dalla commissione degli illeciti oggetto di contestazione in sede cautelare.
L’art. 274 cod. proc. pen. impone sul giudice uno stingente obbligo di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla dimostrazione della loro concretezza e attualità.
Il Tribunale del riesame, tuttavia, avrebbe motivato in modo meramente apparente sulla sussistenza delle esigenze cautelari, in quanto si sarebbe limitato a richiamare il modus operandi dei correi.
Il riferimento alle modalità concrete di commissione del reato, così come alla gravità del titolo astratto di reato, costituirebbe, tuttavia, un mero artificio retorico per dissimulare la violazione dell’art. 274 cod. proc. pen.
La diagnosi di attualità delle esigenze cautelari postula la dimostrazione che sia certa o, comunque, altamente probabile che si presenterà l’occasione del delitto e che altrettanto certamente, o comunque, con elevato grado di probabilità, la persona sottoposta ad indagine tornerà a delinquere, come affermato da Sez. 3, n. 19 maggio 2015, n. 37087.
L’arresto dei coindagati (e, segnatamente, dei fornitori albanesi e degli acquirenti nigeriani) nel caso di specie, avrebbe peraltro escluso l’attualità del pericolo di recidiva, determinando l’elisione del contesto nel quale era maturata la commissione degli illeciti; il ricorrente, peraltro, non sarebbe gravato da precedenti penali per reati della stessa specie.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 16 luglio 2025, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME AVV_NOTAIO, ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il difensore, con unico motivo, ha dedotto l’inosservanza dell’art. 274 cod.
proc. pen. e la mancanza di motivazione in ordine alla censure mosse nel procedimento di riesame in punto di attualità delle esigenze cautelari.
Il ricorso è inammissibile, in quanto il difensore si è limitato a riproporre le censure dedotte nel procedimento di riesame, ribadendo l’asserita incompatibilità dell’ampio lasso di tempo decorso dalla commissione delle condotte contestate con l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva, senza confrontarsi con la motivazione dell’ordinanza impugnata.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione ( ex plurimis : Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230631; Sez. 6, n. 49 del 08/10/2002, Notaristefano, Rv. 223217; Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., 281521).
2.1. Il tempo trascorso dalla commissione dei delitti contestati in sede cautelare, peraltro, non esclude di per sé la configurabilità della concretezza e dell’attualità delle esigenze cautelari.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di misure coercitive, l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, sicché il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche se risalenti nel tempo ( ex plurimis : Sez. 2, n. 32899 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285217 – 01; Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785 – 01; conf. Sez. 2, n. 49453 del 08/10/2013, COGNOME, Rv. 257974 – 01).
Il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è, peraltro, equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5, n. 22344 del 05/03/2025, COGNOME, Rv. 288197 – 01; Sez. 4, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891 – 01; Sez.
5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, Magliulo, Rv. 282769; Sez. 2, n. 55216 del 18/09/2018, S., Rv. 274085 – 01).
2.2. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di questo consolidati principi di diritto.
I giudici del riesame hanno, infatti, argomentato la concretezza e attualità del pericolo di recidiva, rilevando l’entità della sostanza stupefacente negoziata dal ricorrente (costituita da grossi quantitativi di marijuana , per decine di chilogrammi), la reiterazione e la frequenza dei traffici di stupefacente ai quali lo stesso ha partecipato, la dimensione organizzata degli stessi, l’assenza di fonti lecite di reddito e la sottoposizione del ricorrente, al momento dell’esecuzione della misura impugnata, ad altra misura cautelare per i delitti di truffa e riciclaggio, significativa di una ancora attuale dedizione ad attività criminali.
Il Tribunale, dunque, con questa motivazione, ha non illogicamente rilevato come, ancorché le gravi condotte di reato delle quali è stato ritenuto indiziato il ricorrente siano risalenti, lo stesso abbia continuato costantemente a mantenere atteggiamenti proclivi ai delitti sorretti da una finalità lucrativa mediante il perseguimento di profitti illeciti.
Il vizio di difetto della motivazione denunciato è, dunque, insussistente.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Non essendovi ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 10 settembre 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME