Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25987 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25987 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 25/06/1964
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 comma 8 D.L. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20/6/2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma rigettava la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere richiesta da
pubblico ministero nei confronti di NOME COGNOME indagato (ed oggi imputato, essendo stata avanzata richiesta di rinvio a giudizio in data 05/11/2024) per il delitto di cui agli artt. 416bis.1 cod. pen. di cui al capo 1) dell’imputazione, commesso a Roma e Napoli in epoca antecedente il 2018 e con condotta tuttora in atto, quale partecipe dell’associazione finalizzata alla realizzazione di una serie indeterminata di estorsioni, usure, reati in materia di arm riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego in attività economiche ed imprenditoriali di capitali ille fatturazioni per operazioni inesistenti, reati in materia tributaria ed altro, unitament venticinque concorrenti, reato aggravato dalla finalità di agevolare il clan camorrista COGNOME operante nel quartiere di San Giovanni a Teduccio di Napoli, ed altresì per il reato di cui agli artt. 110, 648-bis e 416-bis.1 cod. pen., di cui al capo 14) dell’incolpazione, commesso in Roma nel 2018 ed aggravato dalla finalità di agevolazione del clan COGNOME.
L’ordinanza del giudice per le indagini preliminari riconosceva la gravità indiziaria a carico del Limone in ordine ai reati ascrittigli (sia pure con l’esclusione, quanto al capo 1 dell’aggravante della finalità di agevolazione del clan COGNOME), ma negava l’applicazione della misura cautelare richiesta nei confronti dello stesso, inserendolo tra coloro “che hanno ricoperto un ruolo di mero partecipe delle associazioni con mansioni di monetizzatore oppure di fittizio intestatario …”, così genericamente e non nominativamente indicati, con riferimento ai quali non riconosceva un concreto ed attuale pericolo di reiterazione della condotta criminosa.
2. Con ordinanza del 12/12/2024, accogliendo l’appello proposto dal pubblico ministero, il Tribunale di Roma, sezione del riesame, ha invece disposto nei confronti del COGNOME l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, riconoscendogli un ruolo di rilie nella predetta associazione per delinquere, per la vicinanza con il COGNOME, che aveva il ruolo di capo, con il quale coabitava anche, ricevendo uno stipendio fisso, essendo a disposizione del sodalizio per ogni incarico concernente la gestione del denaro contante o il funzionamento di società coinvolte in operazioni di riciclaggio dei proventi del clan COGNOME–COGNOME, ed altresì partecipando anche a riunioni di carattere organizzativo unitamente al COGNOME e ad altri associati.
Sulla base ditali presupposti, il Tribunale ha riconosciuto l’attualità di esigenze cautela sotto un di un duplice profilo: innanzitutto, in considerazione della protrazione nel tempo dell condotta criminosa e dello stretto rapporto fiduciario con i correi, al punto di condivider l’alloggio con il COGNOME, riconoscendo, sulla base di tali elementi, l’attualità delle esige cautelari nonostante la consumazione dei reati fine addebitatigli si fosse esaurita al 31/12/2018, tenuto anche conto delle numerose segnalazioni di operazioni sospette che hanno raggiunto il Limone negli anni successivi, ritenute indicative del perdurare di rapporti illeciti che riguardavano. Inoltre, il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen. relazione al delitto associativo contestato sub 1) determina l’operatività della presunzione di
sussistenza delle esigenze cautelari posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. che, ad avviso del Tribunale, che non può ritenersi superata dalla sola sottoposizione alla custodia in carcere di altri componenti dell’associazione, soprattutto alla luce delle tante segnalazioni di operazion sospette che lo riguardavano e del fatto che molte delle società utilizzate dal Limone e dai correi per le operazioni di ripulitura del denaro e riciclaggio sono ancora attive e formalmente amministrate dagli stessi rappresentanti legali.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Limone, affidandolo a due motivi di impugnazione:
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità per essersi ritenuta la sussistenza di esigenze cautelari nonostante non vi sia traccia di movimentazioni di denaro effettuate dopo il 2018, e nonostante il COGNOME, da sempre artigiano nel settore dell’oro e dei preziosi, abbia aperto una nuova attività a Roma, ottenendo nuova licenza nel 2024, sicché la sua condizione doveva essere riconosciuta ormai molto diversa da quanto ritenuto nel provvedimento, anche con riferimento alle varie segnalazioni di operazioni sospette. Deduce, inoltre, il ricorrente che, essendo il COGNOME estraneo alle estorsioni, al traffic di droga ed a quello delle armi, la motivazione del provvedimento impugnato deve ritenersi illogica quando assume essere “verosimile che la medesima condotta si sia protratta anche negli anni successivi alla conclusione dell’attività di indagine”.
3.2. Violazione di legge con riferimento all’applicazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.: assume il ricorrente che risultano acquisiti elementi dai quali risulterebbe l’insussistenz dì esigenze cautelari, alla luce della documentazione offerta, relativa alla capacità del COGNOME di vivere con il proprio lavoro, tanto più che l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. non attaglia alle condotte contestate al predetto, non gli risultandogli attribuite la gestione “di f di società, né l’utilizzo ed il commercio di armi, o traffici di droga oppure estorsioni o comunque l’utilizzo di sistemi intimidatori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
e 1. Il ricorso inammissibile perché fondato su motivi che attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata, peraltro senza confrontarsi adeguatamente con tutti gli elementi da questa valorizzati nel riconoscere come non superata la doppia presunzione posta dall’ art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
In tema di misure cautelari personali, infatti, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o – come nel caso in esame – assenza delle esigenze
cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli element esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01), in quanto è consentita al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragion addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governa l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01).
L’ordinanza impugnata, nel richiamare la doppia presunzione posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ha rilevato come questa non possa ritenersi superata da alcun elemento, ed in particolare non dal tempo trascorso dalla consumazione dei reati fine addebiti al Limone, atteso che questo risulta raggiunto da ben nove segnalazioni di operazioni sospette nel periodo tra il 2020 ed il 2023, circostanza senza vizi logici ritenuta indicativa del perdurare nel tempo dei rapporti illeciti che lo riguardavano e, comunque, della perdurante attualità del pericolo d reiterazione criminosa, in quanto “sintomatiche delle modalità professionali e collaudate con cui il COGNOME ha continuato nel tempo a dedicarsi ad attività di riciclaggio”.
Si tratta di elementi che non possono ritenersi superati dalla mera deduzione di aver intrapreso una nuova attività a Roma, ottenendo nuova licenza nel 2024, nel settore dell’oro, nel quale il ricorrente riferisce, comunque, di lavorare “da sempre”, e pertanto anche all’epoca di consumazione dei reati oggetto di indagine, senza che evidentemente fosse di ostacolo alla realizzazione di questi.
Con un percorso argomentativo immune da vizi logici, inoltre, l’ordinanza impugnata ha valorizzato il rapporto di fiducia che legava il COGNOME al COGNOME, con il quale coabitava e ch coadiuvava nelle operazioni di riciclaggio, percependo uno stipendio fisso, partecipando a riunioni organizzative ed avendo piena contezza delle modalità operative del sodalizio, tanto che viene ricordata anche una conversazione intercettata nel corso della quale il COGNOME ed altri, mentre dividevano le “mazzette” di denaro, parlavano di una mitragliatrice che il COGNOME doveva vendere a prezzo di favore per gli amici.
Si tratta di elementi che il Tribunale del riesame non illogicamente ha ritenuto non superabili per lo stato di detenzione di consociati del ricorrente, non solo perché questo non è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, ed in particolare di quella rappresentat dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa, atteso che nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà (Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021,
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dep. 2022, Pnnt, Rv. 282416-01) ma anche perché, con particolare riferimento al caso in es l’ordinanza ha indicato espressamente come emblematica una conversazione intercettata
corso della quale gli indagati risultano dichiarare “noi comandiamo anche dalla galera” (cf
22 ordinanza impugnata).
Il percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata, pertanto, risulta adeguato ai ca della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze pro
mentre le censure difensive, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di meri
2. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento d spese processuali e, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento dell
che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende. Manda alla cance per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. perì.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pe
Così deliberato in camera di consiglio, il 10 aprile 2025
Il Consigliere estensore
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