Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12118 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME NOME, nato a Barcellona Pozzo di Gotto, il 04/12/1972 avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Messina del 15/07/204; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale che, richiamate quelle rassegnate dall’ufficio ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni rassegnate dall’avv. COGNOME che ha concluso l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, del 15 luglio 2024, il Tribunale della Libertà Messina, ha rigettato l’istanza di riesame avanzata dall’odierno ricorrente, COGNOME NOMECOGNOME avverso l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari pr
il Tribunale di Messina aveva applicato la misura della custodia cautelare in car in relazione al reato di cui agli artt. 73 e 80 lett g) d.P.R. n. 309/90, cont · epoca anteriore e prossima la 15 luglio 2022 (capo 27 di contestazio provvisoria).
A mezzo del difensore di fiducia COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Col primo deduce, ex art. 606, comma 1, lett b ed e cod proc pe violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/90, e 274, lett c, cod proc pen. .
Contesta la ricorrenza dei requisiti della attualità e concretezza della es cautelare di cui all’art. 274 cod proc pen, ritenuta in relazione alla lett c, p l’unico reato contestatogli -di cessione di stupefacente in favore di NOME– non assistito da presunzione alcuna e risalente a due anni orsono, s commesso in Barcellona Pozzo di Gotto, territorio da cui il La Malfa si è allontan perchè trasferito presso il carcere di Como dall’inizio del 2024, in favore, per di un unico soggetto, COGNOME, all’epoca detenuto presso il carcere di Barcel
Circostanze rispetto alle quali aggiunge che, a seguito dell’esecuzione d misura cautelare, è stato, anche, sospeso dal servizio.
La motivazione resa dal Tribunale sarebbe solo apparente, illogica contraddetta dalle emergenze evidenziate dalla difesa.
2.2. Col secondo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett b ed e cod pro pen, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/90, e 275, 275-bis cod proc pen.
Contesta il ragionamento posto alla base del rigetto della invocata sostituzi della misura custodiale massima con quella degli arresti domiciliari, anche co modalità di cui all’art. 275-bis cod proc pen.
L’elisione delle ritenute massime esigenze di cautela deriverebbe dal dedotto provvedimento di sospensione dal servizio di Vice Sovrintendente di Polizi Penitenziaria, con decorrenza 25 giugno 2024, data dell’arresto; il Tribunale Libertà non ha motivato, o lo ha fatto con motivazione solo apparente e comunque illogica, la ragione della affermata permanenza del pericolo di reiterazione a in costanza degli arresti domiciliari, eventualmente assistiti dalle modal controllo previste dall’art. 275-bis cod proc pen, e a fronte della inter sospensione dal lavoro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati sono inammissibili e, comunque, manifestament infondati.
Per contro, il provvedimento impugnato appare contrassegnato da motivazione che, secondo il perimetro di cognizione del giudice di legittimità sede cautelare, contiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative lo hanno determinato in assenza di illogicità evidenti, essendo caratterizzat congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedime (anche con riferimento aila puntuale analisi delle specifiche doglianze difensi oltre ad essere corretto in diritto.
Giova una preliminare ricostruzione delle vicende procedimentali in quanto pur a fronte di motivi incentrati sulle sole questioni squisitamente cautelari, e gravità degli addebiti ricoprono, evidentemente, rilevanza anche ai fini decidere il presente ricorso.
2.1. Con ordinanza del 1-4 giugno 2024 il giudice per le indagini prelimina del Tribunale di Messina ha applicato -tra gli altri- a La Malfa Francesco la mi custodiale massima in relazione in relazione al reato di di cui agli artt. 73 e g) d.P.R. n. 309/90, contestato in epoca anteriore e prossima al 15 luglio 202
2.2. Il Tribunale della Libertà, in sede di decisione sulla istanza di ri rigettata, ha dedotto che le incolpazioni elevate all’odierno ricorrente si inn in una più ampia attività illecita, oggetto di una indagine condotta dal n operativo radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto della Legione Carabinieri Sicilia, che ha disvelato l’esistenza di un aggue sodalizio dedito al narcotraffico, radicato sulla fascia tirrenica della pr messinese e facente capo ai membri della famiglia COGNOME. Un altro filone indagine, che ha riguardato la diffusa disponibilità, in capo ai detenuti r all’interno della casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, di cellular comunicare con l’esterno e di stupefacenti da smerciare all’interno, aveva v confluire il relativo procedimento nel primo, per riunione; anche in tale cont erano infatti emerse responsabilità a carico di COGNOME NOME, in quella circondariale recluso.
Le indagini tutte si sono giovate del prezioso contributo conoscitivo offe dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e, da ultimo, NOME COGNOME gi affiliato al gruppo COGNOME.
È proprio COGNOME -la cui attendibilità è stata positivamente testa affermata come per gli altri collaboranti (cfr. l’ordinanza del Tribunale Libertà) e mai posta in dubbio dalla difesa del ricorrente – che ha lumegg esistenza ed organigramma del gruppo COGNOME.
Il Tribunale della Libertà ha positivamente vagliato le chiamate in corre formulate dai collaboratori ritenendole autonome, per le modalità dirette co
quali le informazioni svelate sono state apprese dai propalanti, scevre da poss condizionamenti e soprattutto spontanee e genuine, non essendo emerso alcun indice che permetta di inficiare la credibilità intrinseca di costoro; costanti e coerenti, in assenza di distonie, contraddizioni o illogicità; convergenti su dell’accusa principale, ovvero sulla sussistenza nel panorama barcellonese di gruppo a composizione essenzialmente familiare, costituito nel suo nucle essenziale da COGNOME NOME e dai figli NOME, NOME e NOME, che av assunto nel tempo una capacità criminale e una spiccata operatività per professionalità con la quale gestiva i propri affari, tanto da porsi quale auto interlocutore di fornitori calabresi e catanesi di grosso calibro (cfr. le p dell’ordinanza gravata da ricorso).
2.2.1.Ha poi enucleato, mercè il rinvio alla pagine 189 e ss dell’ordina genetica, le fonti indiziarie a precipuo carico dell’odierno ricorrente, in primis le convergenti dichiarazioni dei collaboratori COGNOME Gabriele, COGNOME NOME COGNOME che trovano riscontro nelle spontanee dichiarazioni rese detenuti COGNOME COGNOME Donald e NOME COGNOME determinatisi a rende propalazioni collaborative dopo il sequestro di cellulari effettuato il 6 lugli presso la stanza numero 12 del penitenziario barcellonese.
Ha indicato, puntualmente, il contenuto delle dichiarazioni rese da Corrit (pag 4 e segg) che in sede di interrogatorio il 14 dicembre 22 aveva riferito c fine di introdurre cellulari all’interno del penitenziario COGNOME Salvatore er avvalersi dell’aiuto di un agente di polizia penitenziaria in servizio presso circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, agente che -come appreso dallo stes COGNOME– era già stato indagato in passato e poi assolto (circostanza quest’ confermata dalle vicende giudiziarie in cui COGNOME era stato coinvolto nel 1995 poi, nel 2010 unitamente ad alcuni dei vertici della mafia barcellonese quali tutti COGNOME NOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME per il reato estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso); a reciproco riscontr contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori NOME COGNOME (cfr, pag 5 a proposito del ruolo assunto dall’odierno ricorrente all’interno della st penitenziaria (contestualmente dando atto della circostanza che gli stessi avev condiviso con COGNOME NOME un periodo di detenzione presso la strutt penitenziaria barcellonese); in particolare NOME NOME, sentito il 28 gi 2022, aveva riferito che l’introduzione di sostanza stupefacente all’interno struttura intramuraria barcellonese avveniva ad opera di un agente della pol penitenziaria di età di circa 55 anni, COGNOME, e di un infermiere di nome NOME e che COGNOME NOME si avvaleva del La Malfa per l’introduzione all’interno penitenziario dello stupefacente che a sua volta consegnava a NOME la successiva distribuzione agli altri detenuti (le consegne erano pari a cir
grammi di hashish e 20 grammi di cocaina al mese); COGNOME NOME, del pari, sentito il 23 settembre 22 affermava che COGNOME ed NOME, l’infermiere, facevano entrare lo stupefacente; COGNOME NOME dava lo stupefacente a COGNOME all’esterno del carcere; entrambi riconoscevano nelle foto segnaletiche esibite l’odierno ricorrente.
Ha indicato, a riscontro dei contenuti delle riassunte dichiarazioni, quanto dichiarato dai detenuti COGNOME di NOME Donald, detenuto presso la quinta sezione del penitenziario di Barcellona Pozzo di Gotto, dove COGNOME prestava gran parte del suo servizio(pag 6), e NOME COGNOME (pag 6), tutte intrinsecamente attendibili, oltre che riscontrate, in fatto, da emergenze investigative pure puntualmente indicate, e convergenti nel senso della reiterata introduzione nel penitenziario, con la intermediazione del La Malfa, di stupefacenti o telefoni presso la propria sezione di appartenenza aggiungendo che La Malfa riceveva cinquecento euro per ogni pacco di sigarette che consegnava, ed al cui interno si trovavano cellulari o sostanza stupefacente.
Ha indicato i riscontri costituiti dalla conversazioni intercettate tra il detenut NOME e la moglie NOME, che avevano imbastito un’associazione finalizzata all’introduzione di telefoni cellulari nella casa circondariale di Barcellon Pozzo di Gotto, pure facenti riferimento al predetto COGNOME, il cui ruolo veniva descritto unitamente a quello di altro soggetto, COGNOME Enrico, infermiere all’epoca dei fatti in servizio presso lo stesso presidio carcerario anch’egli sottoposto a misura di rigore nel presente procedimento.
2.3. Da tanto la gravità indiziaria in merito al grave addebito, mai posta in dubbio dal ricorrente.
Ciò premesso, richiamato in quanto necessario a lumeggiare la gravità del contesto e delle stesse condotte contestate al ricorrente, si ritiene che siano manifestamente infondati i motivi svolti in tema di sussistenza e gravità delle esigenze di cautela, nonché in tema di adeguatezza della misura applicata.
3.1. Le argomentazioni svolte col ricorso peccano in termini di specificità, contenendo proposizioni meramente assertive di segno contrario rispetto alle argomentazioni del Tribunale, peraltro letteralmente contraddette dalle emergenze investigative, così esponendosi alla doppia censura di genericità intrinseca ed estrinseca.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria
correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
3.2. Si osserva, poi, che in materia cautelare, pur non potendosi parlare di «doppia conforme», laddove le due ordinanze cautelari pervengano a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi (come nel caso di motivazione per relationem), esse si integrano, formando un unicum.
In tal senso, la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212768 – 01) che «in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare».
Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che ha emesso l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, n.m.) del caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparente e cioè tale da non consentire di comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice.
Le due ordinanze, quindi, andranno considerate unitariamente ai fini di valutare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso anche al proposito delle censure svolte coi due motivi in esame con argomentazioni, tutte, più che
adeguatamente contrastate dalla decisione impugnata con la quale il ricorso non si confronta.
3.3. Il tribunale infatti ha dedotto che La Malfa è soggetto che ha posto in essere condotte di gravità inaudita, ponendosi, nella costanza della qualità di esponente delle forze dell’ordine, al servizio non solo di comuni detenuti, ma anche degli esponenti di un agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico in rapporti con la criminalità organizzata locale di stampo mafioso; al cospetto di tanto ha ritenuto priva di pregio la tesi difensiva volta a sostenere l’attitudine del cosiddetto “tempo silente” ad incidere sull’attualità delle esigenze cautelari, argomentando che, a fronte del contesto criminoso all’interno del quale il reato in questione è stato consumato, nonché della sistematicità con cui La Malfa ha reiterato le proprie condotte, il decorso di un tempo pari a due anni non può assumere in sé alcuna valenza sterilizzatrice del requisito di attualità delle esigenze cautelari; ha, di poi evidenziato la intrinseca gravità della condotta in quanto posta in essere da un pubblico ufficiale – da cui ci si sarebbe dovuto attendere rigore estremonell’esercizio delle proprie funzioni all’interno di una struttura carceraria, laddove le sue condotte sono state, per anni, di ausilio alla criminalità organizzata con tale disinvoltura da esser le stesse note a una platea significativa della popolazione carceraria, così trascendendo la materialità del fatto e traducendosi in consolidamento del potere criminale del gruppo COGNOME all’esterno ed all’interno del penitenziario; ha valorizzato la preoccupante risultanza della pregressa indagine in procedimento per estorsione mafiosa, comunque indicativa di un profilo personologico di soggetto da epoca risalente in stretti rapporti con i malavitosi locali, a disposizione del crimine organizzato, incline a prestare a richiesta apporti funzionali agli scopi del sodalizio, svendendo e strumentalizzando la funzione ricoperta; ha motivato circa l’irrilevanza della già disposta sospensione dal servizio a seguito dell’avvenuto arresto a fronte della contiguità risalente e mai dismessa con esponenti malavitosi, rispetto alla quale neppure il precedente arresto era servito da monito; ha ritenuto che una misura meno afflittiva di quella applicata fosse del tutto inidonea a scongiurare il pericolo di reiterazione, non potendosi formulare prognosi fausta in ordine alla spontanea osservanza delle prescrizioni che a tale misura gradata, ancorchè assistita dai presidi di cui all’art. 275-bis cod proc pen, inerirebbero, comunque inefficaci ad infrenare la ripresa dei contatti con la criminalità, anche organizzata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.4. Si ribadisce che il pericolo di commissione di delitti della stessa specie deve essere non solo concreto – fondato cioè su elementi reali e non ipotetici – ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del perículum líbertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si
procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita, senza che sia richiesta la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (così, da ultimo, Sez. 2, n. 38299 del 13/06/2023, Rv. 285217; negli stessi termini, Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, Rv. 282769-01; Sez.3, n. 9041 del 15/02/2022, Rv. 282891-01).
L’ordinanza di riesame ha evidenziato (così Sez. 2, n. 38299 del 13/06/2023, sopra citata) che l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, sicché il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate.
Il richiamato orientamento è condivisibile, nello stesso solco potendosi qui richiamare ulteriori pronunce (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Rv. 282891; Sez.5, n. 11250 del 19/11/2018 – dep. 2019, Rv. 277242) che hanno chiarito che il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c) cod.proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socioambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza.
Accurata è la valutazione del Tribunale, che, del tutto correttamente, ha tenuto conto della notevole gravità delle condotte tenute dall’imputato (e non della gravità del titolo di reato, che è altra cosa) nel prestarsi, quale esponente delle forze dell’ordine, al servizio non solo di comuni detenuti ma anche degli esponenti di un agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico, in rapporti con la criminalità organizzata locale di stampo mafioso.
Nel ricostruito, allarmante, contesto, il pregresso procedimento concluso con assoluzione veniva menzionato a dimostrazione di risalenti rapporti con malavitosi e dell’assenza di monito da esso derivante, valutandosi come non dirimente la sospensione dal servizio (legata alla esecuzione della misura cautelare: cfr. provvedimento allegato al ricorso) ai fini della idoneità degli arresti domiciliari ad impedire la ripresa di contatti con i circuiti criminosi cui l’indagato era contiguo, continuando a fornire il proprio apporto con diverse modalità. D’altra parte già condivisibilmente è stato affermato (cfr. Sez. 3, n. 15925 del 18/12/2015 Cc. (dep. 18/04/2016) Rv. 266829 – 01), che «In tema di misure cautelari coercitive personali, il requisito dell’attualità del pericolo di recidiva, introdotto all’art.
cod. proc. peri, dalla legge n. 47 del 2015 assume rilevanza, con riferimento tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda cautel non solo al momento della adozione della misura, ma, altresì, ai fini de valutazione della permanenza dell’adeguatezza della misura applicata. (Fattispeci relativa ad importazione di ingente quantità di sostanza stupefacente, nella qua la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto dell’istanza sostituzione della misura custodiale, in cui si era osservato che la partic consistenza della attualità del pericolo di recidiva, che aveva giustifi l’applicazione della custodia in carcere, non era venuta meno nonostante il temp trascorso, stante la rilevantissima gravità dei reati commessi e la manc prospettazione, da parte della difesa, di elementi concreti di segno contrario)»
Si tratta, quanto a quelle svolte dal Tribunale della libertà, di argomentazi del tutto congrue, anche con riferimento alla inadeguatezza degli arresti domicili con le modalità di controllo di cui all’art. 275-bis cod proc pen, considerato che gli arresti domiciliari venivano richiesti nella abitazione familiare di Barcellona Po di Gotto, ossia nello stesso contesto territoriale nel quale sono avvenuti i restando esclusi i vizi dedotti.
Si tratta, infatti, anche a quest’ultimo proposito di valutazion inadeguatezza basata non su mere supposizioni o ipotesi astratte, bensì sul prognosi della mancata attendibile osservanza, da parte del sottoposto, del prescrizioni a lui imposte, concretamente effettuabile al cospetto di eleme specifici tutti puntualmente indicati, indicativi della sua scarsa capaci autocontrollo.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia s presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp att cod proc pen.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024 La 9on. est.