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Esigenze cautelari: il tempo non cancella il pericolo

Un soggetto accusato di un vasto traffico di stupefacenti ha presentato ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sostenendo la mancanza di esigenze cautelari attuali a causa del tempo trascorso e della sua condizione di incensurato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che la gravità dei fatti, l’organizzazione criminale e i tentativi di riallacciare i contatti illeciti dimostrano un pericolo di recidiva concreto e attuale, rendendo la detenzione in carcere l’unica misura idonea a tutelare la collettività.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Perché il Tempo e la Fedina Penale Pulita Non Bastano

Quando si parla di custodia cautelare in carcere, la domanda fondamentale è sempre la stessa: è davvero necessaria? La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 26957/2024 offre una risposta chiara, analizzando il concetto di esigenze cautelari e stabilendo che né il tempo trascorso dai fatti, né una fedina penale immacolata possono, da soli, escludere il pericolo di recidiva. Questo caso, relativo a un imponente traffico di stupefacenti, ci permette di approfondire come i giudici valutino la pericolosità sociale di un indagato.

I Fatti del Caso

L’indagine ha portato alla luce un’articolata associazione criminale dedita al traffico di cocaina, con base a Milano, che riforniva un acquirente principale in Sardegna. Quest’ultimo, il ricorrente, è accusato di aver acquistato ingenti quantitativi di droga in più occasioni. I fatti contestati risalgono principalmente al periodo tra settembre 2021 e marzo 2022 e riguardano l’acquisto di almeno 5 kg di cocaina per un valore di oltre 180.000 euro in una singola operazione, oltre a diverse altre forniture simili.

Nonostante fosse incensurato, il Tribunale del Riesame aveva confermato per lui la misura della custodia cautelare in carcere. La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandosi su due argomenti principali:

1. Il tempo trascorso dai fatti (circa due anni) avrebbe affievolito le esigenze cautelari.
2. L’assenza di precedenti penali avrebbe dovuto essere valutata a suo favore.

La Decisione della Corte e le Esigenze Cautelari

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo i giudici supremi, il Tribunale del Riesame ha correttamente valutato la sussistenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato. La decisione si fonda su una valutazione complessiva che va oltre la semplice constatazione del tempo trascorso e della condizione di incensurato.

La Corte ha sottolineato che le esigenze cautelari devono essere valutate sulla base di elementi concreti che dimostrino la persistente pericolosità dell’indagato, e in questo caso tali elementi erano abbondanti.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della sentenza si articola su tre pilastri fondamentali che giustificano il mantenimento della misura carceraria:

1. Gravità dei Fatti e Personalità Criminale: I giudici hanno dato grande peso alle modalità del reato. Non si trattava di un episodio isolato, ma di un traffico strutturato, con ingenti quantitativi di droga e somme di denaro. Questo dimostra una notevole capacità a delinquere e una profonda integrazione in circuiti criminali di alto livello. Di fronte a una tale caratura criminale, la condizione di incensurato è stata ritenuta recessiva, quasi un indice di particolare scaltrezza piuttosto che di assenza di pericolosità.

2. Attualità del Pericolo: Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il pericolo non era svanito con il tempo. Le indagini avevano rivelato contatti e incontri, anche successivi ai fatti principali, finalizzati a riprendere l’attività illecita. Questi tentativi di ‘riallacciare i rapporti’ con il gruppo milanese, anche attraverso intermediari, sono stati interpretati come un chiaro segnale della volontà di proseguire nel traffico, rendendo il pericolo di recidiva non solo concreto ma anche attuale.

3. Inadeguatezza delle Misure Alternative: La Corte ha confermato l’inadeguatezza degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico. La specifica modalità operativa dell’indagato, che gestiva i traffici dalla Sardegna comunicando con i fornitori a Milano, dimostrava la sua capacità di delinquere anche a distanza. Pertanto, solo la detenzione in carcere poteva interrompere efficacemente i suoi contatti con l’ambiente criminale e impedirgli di organizzare nuove operazioni.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva è un’analisi complessa e fattuale. Il decorso del tempo non agisce come una sorta di ‘prescrizione’ delle esigenze cautelari, soprattutto se controbilanciato da elementi che indicano una persistente volontà di delinquere. Allo stesso modo, una fedina penale pulita non è uno scudo invalicabile se la gravità e l’organizzazione dei reati contestati dipingono un quadro di elevata pericolosità sociale. La decisione sottolinea che la tutela della collettività richiede una valutazione rigorosa, basata non su astratte presunzioni, ma sulla concreta personalità dell’indagato e sulle specifiche circostanze del caso.

Il tempo trascorso dal reato diminuisce automaticamente il pericolo di recidiva?
No. Secondo la sentenza, il passaggio del tempo non è di per sé sufficiente a ridurre il pericolo di reato, specialmente se esistono prove di tentativi successivi di continuare l’attività illecita, che dimostrano l’attualità delle esigenze cautelari.

Un incensurato può essere sottoposto a custodia cautelare in carcere?
Sì. La sentenza chiarisce che una fedina penale pulita (incensuratezza) può essere considerata un elemento secondario rispetto ad altri fattori, come l’estrema gravità dei reati contestati e le modalità organizzate che indicano un’elevata pericolosità sociale.

Perché gli arresti domiciliari sono stati ritenuti inadeguati in questo caso?
Gli arresti domiciliari sono stati giudicati inadeguati perché l’indagato aveva dimostrato di poter gestire un complesso traffico di droga a distanza. Di conseguenza, solo la detenzione in carcere è stata considerata una misura capace di impedirgli efficacemente di proseguire le sue attività criminali e di mantenere i contatti con i suoi complici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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