Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26606 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26606 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 04/09/1974
avverso l ‘ ordinanza del 07/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata a norma dell ‘ art. 309 cod. proc. pen., il Tribunale di Roma, in riforma dell ‘ ordinanza con la quale il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al reato di cui all ‘ art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, commesso dall ‘ aprile 2016 al marzo 2021 (capo 1) e al reato di cui all ‘ art. 73 d.P.R. n. 309/90 commesso il 25 marzo 2019 (capo 8), ha sostituito detta misura con quella degli arresti domiciliari.
1.1.La vicenda cautelare si è sviluppata nel modo seguente:
le indagini relative alle contestazioni erano state avviate dalla Procura presso il Tribunale di Reggio Calabria che, a seguito di ordinanza dell ‘ 11 luglio 2023 del G.I.P, cui era stata inoltrata richiesta di misura cautelare non accolta, aveva trasmesso gli atti per competenza alla Procura presso il Tribunale di Roma con riferimento all ‘ articolazione romana di un ‘ associazione dedita al narcotraffico internazionale di sostanze stupefacenti;
il G.I.P. presso il Tribunale di Roma, su richiesta del Pubblico Ministero, con ordinanza del 13 gennaio 2025, aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME in ordine alle imputazioni su indicate.
Gli atti a sostegno della misura, utilizzati dal Pubblico Ministero e depositati dal G.I.P. ai sensi dell ‘ art. 293 cod. proc. pen., erano comprensivi di copia degli atti relativi ad altro procedimento penale avente n. 55471/2019 (relativo alla medesima fattispecie associativa in cui Territo sarebbe stato coinvolto insieme agli stessi correi nel periodo 2012-2016), nell ‘ ambito del quale era già stata esercitata l ‘ azione penale, ma non era stato ancora aperto il dibattimento di primo grado.
1.2.Secondo l ‘ accusa, COGNOME, appartenente all ‘ Arma dei Carabinieri, aveva fatto parte, a partire dal 2011 fino al 2021 con condotta perdurante, di un sodalizio volto al traffico internazionale di droga importata dalla Colombia e in particolare del ramo romano di detta associazione, nel cui ambito agivano anche esponenti delle forze dell ‘ ordine. COGNOME, come detto, era risultato coinvolto anche in un reato scopo, relativo alla commercializzazione, nel mese di marzo del 2019, di una partita di cocaina del peso di almeno un chilogrammo.
Avverso l ‘ ordinanza, l ‘ indagato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Secondo il difensore, la motivazione del Tribunale sarebbe laconica e apodittica, in quanto evidenzierebbe solo un pericolo generico di reiterazione nel reato, reso più grave dal fatto che COGNOME era in servizio presso l ‘ Arma dei Carabinieri. Il Tribunale aveva in premessa dato conto del grave compendio indiziario acquisito, composto anche di atti relativi ad altro procedimento penale riguardante COGNOME. Tuttavia, con riferimento al periodo relativo all ‘ arco temporale 2016-2021, l ‘ unico episodio a carico dell ‘ indagato era rappresentato dal pedinamento dallo stesso effettuato di altri correi, unito alle risultanze della captazione effettuata dal trojan inoculato nel telefono cellulare del coimputato NOME COGNOME relative al solo reato fine, commesso il 25 marzo del 2019, ovvero 6 anni prima della emissione del provvedimento restrittivo.
Il ricorrente ricorda che la sussistenza delle esigenze cautelari, nel caso di condotte esecutive risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l ‘ attualità, in quanto per la fattispecie di cui all ‘ art. 74 d.P.R. n. 309/90 è inapplicabile la regola di esperienza della tendenziale stabilità del sodalizio valevole per l ‘ associazione di cui all ‘ art. 416 bis cod. pen.
La supposta contiguità con i fatti di cui al proc. pen. n. 55471/19 riversati in atti non varerebbe a dimostrare l ‘ attualità e la concretezza del pericolo. In tale procedimento, a tutt ‘ oggi, non è stato aperto il dibattimento, di talché non vi è nulla di giudizialmente accertato. A Territo nel presente procedimento viene contestata una condotta delittuosa commessa in concorso con altre persone in epoca precedente e successiva al marzo 2019, con carattere di permanenza senza che dopo il 2019 siano elevate contestazioni. Le risultanze dell ‘ attività di indagine si limitano ad una captazione frammentaria relativa alla contestazione di cui al capo 8) e agli atti del diverso procedimento.
L ‘ attualità delle esigenze nel caso concreto sarebbe smentita anche dal fatto che dalla richiesta di misura da parte del Pubblico Ministero all ‘ esecuzione della stessa erano passati 18 mesi e, prima ancora, dal fatto che il G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, nel dichiararsi incompetente, non aveva provveduto sulla cautela.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e in specie dell ‘ art. 293 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in relazione al rigetto della eccezione di nullità dell ‘ interrogatorio di garanzia conseguente alla impossibilità per la difesa di prendere reale cognizione degli atti a sostegno della misura, prima di detto interrogatorio. Nel caso in esame, gli atti erano stati depositati nella cancelleria del G.I.P. procedente, ma la loro mole era tale che era stato
impossibile per la difesa prenderne cognizione, sicché l ‘ interrogatorio non aveva svolto la funzione sua propria di assicurare all ‘ indagato la possibilità di fornire la propria versione dei fatti e di svolgere le sue difese nella immediatezza della restrizione, postulando tale funzione un contraddittorio reale e informato come chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26798 del 28/06/2005. Secondo il ricorrente, pur se è condivisibile il rilievo del Tribunale del riesame in merito alla stringatezza dei termini previsti dalla legge per l ‘ espletamento dell ‘ interrogatorio, non può non essere stigmatizzata la scelta dell ‘ Ufficio di Procura di versare atti relativi ad altra indagine sottoposta al vaglio del Tribunale. Il richiamo da parte del Tribunale alla dichiarazione di estraneità compiuta dall ‘ indagato nel corso dell ‘ interrogatorio sarebbe inconferente, in quanto lo stesso non aveva potuto circostanziare in maniera puntuale la sua difesa.
Il Procuratore Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il difensore dell ‘ imputato ha depositato memoria di replica con cui ha insistito per l ‘ accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere, nel complesso, rigettato.
Per ragioni di ordine logico deve essere affrontato con priorità il secondo motivo, con cui si eccepisce la nullità dell ‘ interrogatorio di garanzia per l ‘ impossibilità della difesa dell ‘ indagato di prendere visione degli atti a sostegno della misura in ragione della loro mole.
La censura deve ritenersi manifestamente infondata.
Alla medesima doglianza formulata in sede di riesame, il Tribunale ha replicato che la stringatezza dei termini che caratterizza la fase cautelare è naturalmente connessa alla sua natura che impone interventi immediati del G.I.P. e poi dello stesso Tribunale al fine di assicurare valutazioni in stretta prossimità con l ‘ intervento restrittivo; il Tribunale ha anche precisato che eventuali esigenze in senso contrario possono essere assicurate, attraverso il differimento dell ‘ udienza, in sede di riesame, solo su richiesta personale dell ‘ interessato ex art. 309, comma 9bis cod. proc. pen.
La decisione del Tribunale è rispettosa dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità fondati sulla natura dell ‘ interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen. quale strumento di difesa con finalità di controllo e di garanzia, e non di investigazione, che mira a consentire, attraverso il contatto diretto del giudice che ha disposto la custodia cautelare con l ‘ indiziato ristretto, l ‘ acquisizione degli elementi necessari per un ‘ immediata verifica della sussistenza dei presupposti della misura cautelare disposta. È lo stesso art. 294 cod. proc. pen. che prescrive che l ‘ interrogatorio debba avvenire immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dalla esecuzione della misura. In assenza di indicazioni normative di un termine minimo che deve intercorrere tra l ‘ avviso dell ‘ atto ed il suo compimento, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente ritenuto che la valutazione di congruità del predetto lasso temporale deve essere valutata avuto riguardo alla concreta possibilità per il difensore di essere fisicamente presente al compimento dell ‘ atto e di svolgere un ‘ adeguata assistenza difensiva, assumendo rilievo sia la distanza che separa il difensore dal luogo in cui l ‘ interrogatorio si svolge, sia i tempi necessari all ‘ esame degli atti processuali (Sez. 5, n. 722 del 26/10/2021, dep.2022, COGNOME, Rv. 282466; Sez. 2, n. 26343 del 24/07/2020, COGNOME, Rv.279652; Sez. 5, n. 2253 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257937): deve ritenersi valido ed efficace – e dunque tempestivo – l ‘ avviso che abbia posto il difensore nelle condizioni di intervenire (eventualmente a mezzo di un sostituto) o di chiedere che l ‘ atto sia ritardato per il tempo strettamente necessario ad assicurare la sua presenza (Sez. 1, n. 34930 del 15/03/2011, Buono, Rv. 251485; conforme anche la risalente Sez. 6, n. 1233 del 01/04/1998, COGNOME, Rv. 211704).
Ne consegue che la brevità del termine intercorrente tra la notifica dell ‘ avviso di deposito degli atti presso il giudice che ha emesso la misura ex art. 293 cod. proc. pen. e la data fissata per l ‘ espletamento dell ‘ interrogatorio di garanzia non causa una nullità, perché è preminente l ‘ interesse a provocare un immediato contatto tra l ‘ indagato e il giudice della misura cautelare per la verifica dei presupposti per la privazione della libertà, mentre le esigenze della difesa di consultare adeguatamente gli atti depositati possono essere salvaguardate dalla facoltà di presentare una motivata istanza di differimento dell ‘ interrogatorio entro il termine inderogabile di cinque giorni ex art. 294 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 722 del 26/10/2021, dep. 2022, Destiny Rv. 28246; Sez. 2, n. 26343 del 24/07/2020, COGNOME, Rv. 279652; Sez. 2, n. 44902 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260876), ovvero un ‘ istanza di differimento dell ‘ udienza innanzi al Tribunale del riesame ex art. 309, comma 9bis , cod. proc. pen.
Il richiamo da parte del Tribunale alle dichiarazioni dell ‘ indagato che aveva protestato la sua innocenza non è inconferente, posto che vale a dimostrare come egli avesse interloquito con il giudice sul tema dell ‘ accusa e, dunque, a provare che l ‘ interrogatorio aveva svolto la funzione di consentire al giudice la verifica della permanenza delle condizioni di applicabilità e delle esigenze cautelari di cui all ‘ art. 273, 274 e 275 cod. proc. pen. come prescritto dall ‘ art. 294, comma 3, cod. proc. pen. In tal senso si osserva che in sede di interrogatorio, stante il richiamo contenuto nell ‘ art. 294, comma 4, cod. proc. pen. agli artt. (64) e 65, l ‘ autorità giudiziaria deve contestare alla persona sottoposta alle indagini il fatto che le è attribuito e deve renderle noti gli elementi di prova esistenti contro di lei, sicché l ‘ indagato, per effetto di tali informazioni, viene posto nelle condizioni di difendersi, a prescindere dalla lettura integrale degli atti.
Il primo motivo, incentrato sulla sussistenza delle esigenze cautelari, è infondato.
Il Tribunale, pur in assenza di contestazioni in ordine alla gravità indiziaria, ha dato atto che le indagini, riferite anche ad un diverso procedimento penale i cui atti erano stati acquisiti al presente procedimento, avevano fatto emergere l ‘ esistenza di una consorteria calabrese dedita al traffico internazionale di stupefacente con diverse propaggini in territorio estero (Germania, Olanda, Belgio, Grecia). Nell ‘ ambito di tale consorteria operava un ramo romano composto anche da appartenenti alle forze dell ‘ ordine: l ‘ associazione aveva ideato un metodo peculiare che consentiva le importazioni di ingenti quantitativi di droga grazie alla copertura offerta dalla conduzione di una parallela attività di indagine eterodiretta dallo stesso sodalizio, che, per un verso, consentiva l ‘ apprensione dello stupefacente in quantità ridotte e, dall ‘ altro, favoriva l ‘ elusione delle indagini in merito ai traffici più rilevanti, che venivano così garantiti. Fra gli appartenenti alle forze dell ‘ ordine, operava nel sodalizio NOME COGNOME il quale il 15 luglio 2018 aveva raggiunto Bogotà per coordinare una spedizione di sostanza stupefacente dalla Colombia. Rientrato in Italia, il 10 agosto 2018, COGNOME aveva realizzato insieme a COGNOME e ad NOME COGNOME entrambi appartenenti all ‘ Arma, una sorta di pedinamento, per conto dei vertici del gruppo, nei confronti di una coppia precedentemente incontrata a Madrid e arrivata in Italia, NOME COGNOME e NOME NOME COGNOME implicati nel traffico di droga, al fine di monitorare l ‘ incontro fra COGNOME e altri soggetti di nazionalità italiana, che, tuttavia, non aveva avuto luogo.
I Giudici hanno anche richiamato le risultanze delle intercettazioni da cui era emerso il coinvolgimento di COGNOME nel reato di cui al capo 8), relativo al
finanziamento di una partita di stupefacente del tipo cocaina arrivata a Fiumicino il 25 marzo 2019.
Ciò premesso il Tribunale, nel caso di specie, ha ritenuto sussistente un concreto e attuale pericolo cautelare evidenziando che COGNOME, già implicato nelle vicende associative contestate nel separato procedimento per fatti commessi dall ‘ aprile 2011 al mese di aprile 2016, aveva continuato a operare con NOME COGNOME nell ‘ ambito di un sodalizio potente e articolato che operava incessantemente, nonostante arresti e sequestri. La gravità della condotta complessiva di reato -hanno affermato i giudici -era accentuata dal fatto che COGNOME era appartenete all ‘ Arma dei Carabinieri ed era ancora in servizio.
Il percorso argomentativo adottato non si presta a censure.
Vero è che questa Corte ha già avuto modo di osservare che, pur se per i reati di cui all ‘ art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell ‘ indagato sintomatiche di perdurante pericolosità: in questo senso si è rilevato che tale tempo può rientrare tra gli ‘ elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari ‘ , cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (tra le tante, Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019,Pianta, Rv. 274861). Si è, infatti, affermato che la presunzione menzionata -in particolare nelle ipotesi in cui sono contestati un reato per sua natura non permanente oppure un reato permanente, come quello associativo, ma oggetto di contestazione ‘ chiusa ‘ , perché corredata dall ‘ indicazione del momento di cessazione della condotta partecipativa – tende ad affievolirsi, quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell ‘ intervento cautelare.
Si, è in ogni caso, condivisibilmente, sostenuto che, in tema di misure cautelari in ordine al reato di cui all ‘ art. 74 d.P.R. n. 309/90 la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all ‘ operatività della associazione, né alla data ultima dei reati fine, ma ha ad oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano l ‘ associazione di appartenenza (Sez. 4 n. 3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280243); tale prognosi postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell ‘ ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle
esigenze cautelari, dovendosi valutare la prova contraria, che dovrà discendere da una valutazione complessiva di diversi elementi – quali il fattore temporale, il contesto socio-ambientale, la personalità e le condizioni di vita del soggetto – con l ‘ ulteriore precisazione che una simile operazione valutativa sarà possibile e valida soltanto ove il vincolo associativo criminale sia reciso, poiché, se così non fosse, la presunzione non potrebbe ritenersi superata. Ciò significa che il fattore tempo non può considerarsi, da solo, dirimente, essendo – al pari degli altri elementi – un fattore necessario, ma non sufficiente (Sez. 3 n. 16357 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293).
Nel caso in esame, il Tribunale, in maniera non illogica, a fronte della contestazione della partecipazione ad un ‘ associazione perdurante al 2021 e con operatività del sodalizio risalente al 2011, ha desunto la concretezza e l ‘ attualità del pericolo di reiterazione proprio dalle modalità concrete della condotta di reato e dalle condizioni personali del ricorrente.
Come sottolineato dal Procuratore Generale, il Tribunale ha tenuto conto degli elementi evidenziati dalla difesa, ovvero del decorso del tempo, del ruolo inferiore di Territo rispetto a quello di COGNOME e, proprio in ragione di tali elementi, pur a fronte della concretezza e attualità del pericolo di reiterazione, ha disposto l ‘ attenuazione della misura e l ‘ applicazione degli arresti domiciliari.
Infine, non sussiste alcuna contraddizione logica fra la valutazione compiuta nell ‘ ordinanza impugnata in ordine alla attualità e concretezza del pericolo di recidivanza e la valutazione del G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria che aveva dichiarato la sua incompetenza e aveva ritenuto non sussistere i presupposti per l ‘ applicazione della misura in via d ‘ urgenza. Invero, ai sensi dell ‘ art. 291 cod. proc. pen., nel caso di declaratoria di incompetenza, il giudice investito della richiesta di misura del Pubblico Ministero, dispone la misura se sussiste l ‘ urgenza di soddisfare le esigenze cautelari di cui all ‘ art. 274 cod. proc. pen. ed in tal caso la misura deve nuovamente essere disposta dal giudice competente nel termine di cui all ‘ art. 27 cod. proc. pen. È evidente, dunque, che il presupposto della urgenza di soddisfare le esigenze cautelari, in presenza del quale il giudice incompetente può disporre la misura cautelare, è qualcosa di diverso e maggiormente incisivo rispetto alla concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione del reato, sicché è possibile ravvisare il secondo pure in assenza del primo.
Al rigetto del ricorso, segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4 luglio 2024