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Esigenze cautelari: il tempo non cancella il pericolo

Un appartenente alle forze dell’ordine, indagato per associazione finalizzata al narcotraffico, ha impugnato l’ordinanza di arresti domiciliari, sostenendo la mancanza di attualità delle esigenze cautelari per via del tempo trascorso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che per i reati associativi il fattore tempo, da solo, non è sufficiente a escludere la pericolosità se non vi è prova della rescissione del vincolo criminale. La Corte ha inoltre ritenuto valido l’interrogatorio di garanzia, specificando che la difesa avrebbe potuto chiedere un rinvio per esaminare gli atti.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze cautelari: il tempo non cancella il pericolo

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a pronunciarsi sul delicato equilibrio tra il diritto alla libertà personale e la necessità di tutelare la collettività attraverso le misure restrittive. Il caso in esame riguarda un appartenente alle forze dell’ordine accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. La pronuncia chiarisce un punto fondamentale: per i reati associativi, il mero decorso del tempo non è sufficiente a far venir meno le esigenze cautelari se il legame con il sodalizio criminale non risulta reciso.

Il caso: un servitore dello Stato accusato di narcotraffico

La vicenda processuale ha origine dalle indagini su un’associazione criminale dedita al narcotraffico internazionale, con ramificazioni a Roma. Tra i membri del sodalizio figuravano anche esponenti delle forze dell’ordine. All’indagato, un carabiniere, veniva contestata la partecipazione all’associazione dal 2011 al 2021 e un singolo episodio di commercializzazione di cocaina nel 2019.

Inizialmente, il G.I.P. di Roma aveva disposto la custodia cautelare in carcere. Successivamente, il Tribunale del Riesame, pur confermando la gravità del quadro indiziario, aveva riformato la misura, applicando gli arresti domiciliari. Contro questa decisione, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione.

I motivi del ricorso: attualità del pericolo e diritto di difesa

La difesa dell’indagato ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali, entrambi respinti dalla Suprema Corte.

Le esigenze cautelari e il fattore tempo

Il primo motivo di ricorso contestava la sussistenza e l’attualità delle esigenze cautelari. Secondo il ricorrente, la motivazione del Tribunale era generica, poiché l’unico episodio specifico a suo carico risaliva al 2019, ovvero a quasi sei anni prima dell’applicazione della misura. Si sosteneva che, per reati così datati, il pericolo di reiterazione non potesse essere considerato ancora attuale, specialmente in assenza di condotte recenti.

La presunta nullità dell’interrogatorio di garanzia

Con il secondo motivo, la difesa lamentava la violazione del diritto di difesa. Si eccepiva la nullità dell’interrogatorio di garanzia, poiché l’enorme mole di atti depositati non aveva consentito un’effettiva presa di conoscenza degli elementi a carico, impedendo all’indagato di difendersi in modo informato e puntuale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla persistenza delle esigenze cautelari

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati entrambi i motivi. Riguardo alla presunta nullità dell’interrogatorio, ha chiarito che la celerità della fase cautelare è voluta dalla legge. La difesa ha sempre la possibilità di chiedere un differimento, sia dell’interrogatorio stesso (entro i termini di legge) sia dell’udienza di riesame, per poter studiare adeguatamente gli atti. L’interrogatorio, inoltre, serve a un controllo immediato da parte del giudice, non a un contraddittorio pieno come quello processuale.

Sul punto centrale delle esigenze cautelari, la Corte ha confermato la correttezza del ragionamento del Tribunale del Riesame. Ha ribadito che, in tema di reati associativi come quello previsto dall’art. 74 d.P.R. 309/90, la prognosi di pericolosità non si lega solo alla data dell’ultimo reato-fine, ma alla persistenza del vincolo associativo. Il tempo trascorso è solo uno degli elementi da valutare, insieme alla personalità dell’indagato, al contesto e alla natura del sodalizio. Nel caso di specie, l’appartenenza dell’indagato a un’organizzazione potente e ancora operativa, unita alla sua qualifica di carabiniere (che accentua la gravità della condotta), rendeva il pericolo di reiterazione concreto e attuale, nonostante la datazione di alcuni fatti contestati. La rescissione del vincolo criminale è la condizione necessaria affinché la presunzione di pericolosità possa essere superata, e nel caso in esame non vi era prova di tale rescissione.

Conclusioni: la valutazione complessiva della pericolosità

La sentenza ribadisce un principio consolidato: la valutazione delle esigenze cautelari richiede un’analisi complessiva e non parcellizzata. Il solo fattore temporale non può essere dirimente, specialmente di fronte a reati che presuppongono un legame stabile e duraturo con un’organizzazione criminale. La decisione sottolinea come la pericolosità di un soggetto inserito in un contesto associativo si presume perdurante finché non emergano elementi concreti che dimostrino un suo effettivo allontanamento dal gruppo. La Corte, pertanto, ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il semplice passare del tempo è sufficiente a far decadere le esigenze cautelari per un reato associativo?
No. Secondo la Corte, il decorso del tempo è solo uno degli elementi da considerare. Per i reati associativi, la prognosi di pericolosità non è legata solo alla data dell’ultimo reato commesso, ma alla possibile persistenza del vincolo criminale. Se non vi è prova che tale vincolo sia stato reciso, la presunzione di pericolosità può ritenersi ancora attuale.

L’impossibilità di esaminare tutti gli atti processuali prima dell’interrogatorio di garanzia lo rende nullo?
No. La Corte ha stabilito che la brevità dei termini nella fase cautelare è una caratteristica del sistema. La difesa può salvaguardare le proprie esigenze chiedendo un differimento dell’interrogatorio (entro i 5 giorni previsti) o un rinvio dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame per poter studiare gli atti.

La qualifica di appartenente alle forze dell’ordine ha un peso nella valutazione della pericolosità?
Sì. Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato che l’appartenenza dell’indagato all’Arma dei Carabinieri e il fatto che fosse ancora in servizio erano elementi che accentuavano la gravità della condotta e, di conseguenza, il giudizio sulla sua pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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