Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19940 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19940 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ ordinanza del Tribunale di Napoli in data 27/11/2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni degli AVV_NOTAIO. ti COGNOME AVV_NOTAIO e COGNOME NOME i quali si sono riportati ai motivi di ricorso chiedendone raccoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.COGNOME NOME chiede l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di riesame proposta avverso l’ordinanza del Giudice per indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 13/9/2023, con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. Al ricorrente è contestato di aver preso
parte con il ruolo di organizzatore, ad un’associazione per delinquere di stampo camorristico denominata RAGIONE_SOCIALE, con condotta posta in essere in Napoli sino al giugno 2019.
Con i motivi di impugnazione, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini de motivazione, il ricorrente denuncia:
2.1.Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di gravità indiziaria. Ad avviso del ricorrente il Tribunale avrebbe travisato il contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la carenza di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari. Il Tribunale avrebbe motivato sulla gravità delle esigenze cautelari e non sulla loro effettiva sussistenza non potendosi ricavare dalla natura e gravità dell’imputazione anche la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato; aggiunge che il Tribunale avrebbe mal valutato il decorso del tempo, posto che i fatti delittuosi sarebbero fermi al 2018.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 motivi di ricorso sono manifestamente infondati, richiedendo tutti alla Corte di legittimità un differente apprezzamento di circostanze di mero fatto; non si confrontano, inoltre, con la motivazione precisa e puntuale della ordinanza impugnata ed indugiano nella reiterazione degli argomenti già prospettati al giudice della cautela e da questi motivatamente respinti .
In tema di apprezzamento della gravità indiziaria in relazione al delitto associativo di stampo camorristico, il tribunale del riesame ha esplicitamente trattato e disatteso, con adeguata motivazione, gli argomenti “di merito” oggi riproposti con i motivi di ricorso, con la conseguenza che la struttura giustificativa dell’ordinanza qui impugnata si salda con il provvedimento genetico per formare un unico complessivo corpo argomentativo, avendo i giudici del gravame, esaminato le censure proposte dall’odierna parte ricorrente con criteri omogenei a quelli del primo giudice, in tal modo concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di gravità indiziaria posti fondamento della decisione stessa. Il tribunale della cautela si è ampiamente occupato di esporre le ragioni che hanno indotto a ritenere affidabili le dichiarazioni dei vari collaboratori ed attendibile quanto da costoro riferito facendo peraltro riferimento anche a dati esterni di conforto ( intercettazioni)
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(si vedano in particolare pagg. 10 e segg. dell’ordinanza impugnata). 3.Parimenti generico è il motivo riguardante le esigenze cautelari .
Il tribunale ha individuato i pericula libertatis, concretamente descritti quanto a pericolo di reiterazione nel tempo di condotte consimili ( pag. 18 dell’ordinanza impugnata).
In maniera pertinente il Tribunale ha richiamato il ruolo verticistico e la natura della contestazione per la quale vige una doppia presunzione: relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, ed assoluta con riguardo all’adeguatezza della misura carceraria; ne consegue che in presenza di gravi indizi di colpevolezza del delitto di partecipazione ad un’associazione mafiosa il giudice non ha un obbligo di dimostrare in positivo la ricorrenza dei “pericula libertatis” ma deve soltanto apprezzare l’eventuale sussistenza di segnali di rescissione del legame del soggetto con il sodalizio criminale tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto della presunzione, in mancanza dei quali trova applicazione in via obbligatoria la sola misura della custodia in carcere (Sez. 2, n. 19283 del 3/2/2017, Rv. 270062; Sez. 5, n. 48286 del 12/7/2016, Rv. 268413; Sez. 5, n. 91 del 01/12/2020, Rv. 280248; Sez. 2, n. 7837 del 12/02/2021, Rv. 280889; Sez. 2 , n. 6592 del 25/01/2022, Rv. 282766)nel caso di specie detta presunzione non appare vinta da alcuna allegazione difensiva, tanto meno dal mero decorso del tempo dalla data del commesso reato (sul punto si veda Sez. 1, n. 21900, del 7/5/2021, Rv. 282004).
Quanto poi al tema del cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati), la giurisprudenza di legittimi ha affermato che la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre può rilevare il decorso di un apprezzabile “tempo silente” esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari (Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv.282131).
In ogni caso, anche accedendo ad una esegesi maggiormente garantista della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., si è affermato che il tempo trascorso dai fatti contestati deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un “rilevante arco temporale” privo di ulteriori condotte dell’indagato
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sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv.285272).
Nel caso in esame, tale elemento non si rinviene nella ricostruzione accolta dal Tribunale, posto che le conversazioni intercettate, danno conto della partecipazione del ricorrente ai summit nei quali si pianificavano i futuri programmi espansionistici del RAGIONE_SOCIALE nel quale il COGNOME è risultato ricoprire un ruolo di spicco e dello svolgimento di tale attività strategica in un periodo, non distante dall’adozione della misura (cfr. pag. 15 e segg. dell’ordinanza impugnata) .
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dell’indagato al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Roma, 15/3/2024