Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3665 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 3665  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 22 maggio 2023 emessa dal Tribunale di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catania ha rigettato l’appello proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. da NOME COGNOME, condannato alla pena di tre anni di reclusione, con sentenza non ancora definitiva, per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania, che in data 16 febbraio 2023 ha rigettato la richiesta di revoca o di
sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari applicatagli per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO, nell’interesse del COGNOME, ha presentato ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
Il difensore, con unico motivo, deduce la violazione dell’art. 606 lett. e), cod. proc. pen. e, segnatamente, la mancanza’ la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in relazione al profilo delle esigenze cautelari.
Premette il difensore che il Tribunale di Catania ha posto a fondamento del provvedimento impugnato l’orientamento secondo il quale il decorso del tempo (sia dalla commissione del reato, che come tempo trascorso in esecuzione della misura cautelare) assume rilievo solo se valutato congiuntamente ad altri elementi dimostrativi di un effettivo ridimensionamento delle originarie esigenze cautelari; sarebbe, tuttavia, presente nella giurisprudenza di legittimità anche un orientamento che ritiene necessario motivare le esigenze cautelari più intensamente in relazione alla distanza tra il fatto commesso e il giudizio cautelare, in quanto il decorso del tempo ha di per sé una naturale tendenza ad affievolire le esigenze cautelari.
Il difensore censura, dunque, l’omessa motivazione nell’ordinanza impugnata in merito alle ragioni per le quali il tempo trascorso dal ricorrente (pari a dieci mesi) in regime di limitazione della libertà personale non incida sull’affievolimento delle esigenze cautelati, posto che il fatto di reato contestato è stato commesso nel gennaio del 2020; il fatto nuovo, che unitamente al decorso del tempo, legittimerebbe la revisione del giudizio cautelare, sarebbe, inoltre, costituito dal complessivo comportamento tenuto dal ricorrente nelle condizioni di restrizione della libertà personale.
 Non essendo stata richiesta la trattazione orale del proc:edimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 9 ottobre 2023, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il difensore, con unico motivo, deduce la violazione dell’art. 606 lett. e), cod. proc. pen. e, segnatamente, la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in relazione al profilo delle esigenze cautelari.
Il motivo è aspecifico, in quanto il difensore ribadisce le censure già prospettate nell’appello cautelare e non si confronta con le argomentazioni, congrue e non illogiche, poste a fondamento della decisione impugnata.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, sono generici i che motivi costituiscono la mera riproposizione delle doglianze svolte nell’atto di appello, in quanto difettano della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (ex plurimis: Sez. 2, n. 11951 del 29/1/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568); i motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, sono, infatti, soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
Il Tribunale di Catania ha, del resto, rilevato che che non poteva essere considerata nell’appello cautelare la collocazione temporale dei reati commessi (nel 2020), in quanto questa circostanza era stata già esaminata nel titolo genetico ed era ormai coperta dal giudicato cautelare, e che il tempo decorso dall’applicazione della misura deve essere necessariamente coniugato ad altri elementi dimostrativi di un effettivo ridimensionamento delle esigenze cautelari.
Tale motivazione appare del tutto coerente con i principi enunciati al riguardo dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, che costantemente rileva che il c.d. “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza che dispone la misura cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall’art. 299 cod. proc. pen. ai fini della revoca o della sostituzione della misura, rispetto alle quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura in poi, essendo qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (ex plurimis: Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278999 01; Sez. 2, n. 46368 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268567 – 01).
Il ricorrente, del resto, ha eluso il confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata, nella quale il giudice di merito ha rilevato come non siano stati forniti
dalla difesa ulteriori elementi, oltre a quello del tempo trascorso dal ricorr restrizione, dai quali desumere il mutamento del quadro delle esigenze cautela
Il Tribunale di Catania ha, infatti, non certo incongruamente rilevato ch ricorrente non ha addotto elementi differenti e ulteriori rispetto al mero de del tempo in esecuzione della misura coercitiva disposta e che non può attribu rilevanza alla semplice correttezza della condotta del ricorrente durant detenzione, in quanto tale comportamento costituisce mero adempimento dei doveri che gravano sul soggetto sottoposto alla misura coercitiva.
I vizi denunciati, peraltro aspecificamente, dal ricorrente sono, dunq insussistenti.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissib
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, co 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali.
Così deciso in Roma, il 25/10/2023.