LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esigenze cautelari: il tempo non attenua il rischio

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto imputato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. L’imputato chiedeva la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari, sostenendo una diminuzione delle esigenze cautelari dovuta al tempo trascorso dai fatti (risalenti al 2021) e allo smantellamento del gruppo criminale. La Corte ha rigettato la richiesta, affermando che la pericolosità sociale dell’individuo, la sua caratura criminale e i contatti con ambienti del narcotraffico internazionale rendono ancora attuale il rischio di recidiva, a prescindere dal cosiddetto ‘tempo silente’.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze cautelari: perché il tempo non cancella il rischio di recidiva

La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta un punto cruciale nel bilanciamento tra la libertà personale dell’individuo e la necessità di tutelare la collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 37244/2024) offre un’importante lezione su come il trascorrere del tempo, da solo, non sia un elemento sufficiente a giustificare un allentamento delle misure restrittive, specialmente in contesti di criminalità organizzata e traffico di stupefacenti.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un individuo accusato di reati gravissimi: associazione per delinquere finalizzata al traffico di cocaina su larga scala, con l’aggravante del metodo mafioso. Grazie alla sua posizione di lavoratore portuale, l’uomo aveva svolto un ruolo chiave per mesi nell’importazione di centinaia di chili di cocaina. A seguito delle indagini, era stata disposta nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere.

Dopo oltre un anno di detenzione, l’indagato ha presentato appello chiedendo la sostituzione della misura carceraria con gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico. La difesa ha basato la richiesta su tre argomenti principali:
1. Lo smantellamento della compagine associativa.
2. L’interruzione del rapporto di lavoro presso il porto, che precludeva la possibilità materiale di ripetere i reati.
3. Il cosiddetto ‘tempo silente’, ovvero il periodo trascorso dagli ultimi fatti contestati (risalenti al 2021) senza che fossero emersi nuovi elementi a suo carico.

Il Tribunale del riesame aveva già rigettato l’appello, e la questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte sulle Esigenze Cautelari

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno sottolineato che l’oggetto della discussione non erano gli indizi di colpevolezza, ampiamente documentati, ma unicamente la persistenza delle esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato.

Secondo la Corte, la valutazione del Tribunale era stata logica e ben argomentata. L’imputato aveva dimostrato una ‘caratura criminale’ e una ‘professionalità’ nel settore del narcotraffico tali da rendere ancora concreto e attuale il pericolo di recidiva. Questo pericolo non veniva meno con la cessazione dell’associazione originaria, poiché l’individuo manteneva contatti con:
* Ambienti del narcotraffico internazionale.
* Malavitosi locali.
* Soggetti operanti al di fuori del porto.

Inoltre, la Corte ha dato peso a un elemento di natura socio-economica: l’insufficienza dello stipendio della moglie (insegnante) a mantenere il tenore di vita a cui la famiglia si era abituata grazie agli ingenti proventi illeciti. Questo fattore è stato ritenuto un ulteriore incentivo a riprendere le attività criminali.

Il Principio del ‘Tempo Silente’ e le Misure Cautelari

Un punto chiave della sentenza riguarda il concetto di ‘tempo silente’. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il tempo trascorso dalla commissione del reato non è un fattore rilevante ai fini della revoca o sostituzione di una misura cautelare ai sensi dell’art. 299 del codice di procedura penale.

L’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione della misura stessa. Solo questo periodo, unito a eventuali nuovi elementi, può essere valutato per desumere un’attenuazione delle esigenze cautelari originarie. In casi come questo, dove la legge prevede una presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere (art. 74 D.P.R. 309/1990), l’argomento del tempo trascorso è ancora più debole.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di una valutazione concreta e attuale della pericolosità sociale dell’indagato. Il semplice fatto che la specifica associazione criminale sia stata smantellata o che l’imputato abbia perso il lavoro che facilitava il reato non è sufficiente. La ‘professionalità’ criminale acquisita, la rete di contatti e le motivazioni economiche sono elementi che trascendono il singolo contesto e indicano un’attitudine a delinquere che gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, non sarebbero in grado di contenere.

Le Conclusioni

La sentenza n. 37244/2024 rafforza un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del rischio di recidiva deve essere basata sulla personalità complessiva dell’indagato e sulla sua capacità di riorganizzare attività illecite. Il tempo trascorso dal crimine non agisce come un ‘lavacro’ automatico della pericolosità. Per ottenere un’attenuazione della misura, è necessario dimostrare un cambiamento concreto e tangibile nella condotta e nelle circostanze di vita dell’imputato, un onere probatorio che, nel caso di specie, non è stato assolto.

Il tempo trascorso dalla commissione di un reato è sufficiente a ridurre le esigenze cautelari?
No. Secondo la Corte, il cosiddetto ‘tempo silente’ non è un fattore di valutazione rilevante ai sensi dell’art. 299 c.p.p. per revocare o sostituire una misura. L’unico tempo che conta è quello trascorso dall’inizio della misura cautelare, che può essere valutato insieme ad altri elementi sopravvenuti.

Perché gli arresti domiciliari sono stati ritenuti una misura inadeguata in questo caso?
Gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, sono stati ritenuti inidonei a impedire la reiterazione dei reati a causa dell’elevata caratura criminale dell’imputato, della sua professionalità nel settore e dei suoi contatti persistenti con ambienti del narcotraffico internazionale e della malavita locale.

Cosa si intende per ‘caratura criminale’ e come influisce sulla valutazione delle esigenze cautelari?
Per ‘caratura criminale’ si intende il livello di pericolosità, esperienza e inserimento dell’individuo in contesti criminali. Nella sentenza, questo elemento è stato decisivo per concludere che il rischio di recidiva era ancora attuale e concreto, a prescindere dalla cessazione dell’associazione per cui era stato arrestato, giustificando il mantenimento della custodia in carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati