Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16374 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COPERTINO il 15/05/1983
avverso l’ordinanza del 19/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, a seguito di giudizio di appello cautelare, il Tribunale di Lecce ha disatteso la richiesta di sostituzione della misura cautelare in essere (della custodia cautelare) avanzata da NOME NOME NOME disposta nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Lecce per le fattispecie di cui agli artt. 73 e 74, in relazione all’art.416 bis.1 cod.pen., d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, fatti in relazione ai quali era intervenuta pronuncia di condanna in primo grado alla pena di anni dieci mesi quattro di reclusione.
In particolare, lo COGNOME, come peraltro evidenziato nell’incidente cautelare pervenuto al giudizio di legittimità, e in sede di pronuncia di condanna in primo grado, è stato ritenuto gravemente indiziato di avere partecipato ad un’associazione criminosa dedita al commercio di sostanze stupefacenti di varia natura rivestendo, in particolare, la qualifica di referente dell’associazione sulla piazza di Leverano con l’aggravante dell’agevolazione di gruppo mafioso, in quanto i proventi del commercio dello stupefacente erano destinati ad alimentare le provviste finanziarie del clan COGNOME.
Con riferimento alle esigenze cautelari, 112, Tribunale del riesame, ritenuto che i profili di concretezza e di attualità delle esigenze cautelari erano stati già verificati all’esito del procedimento cautelare concernente l’ordinanza genetica, che il ricorrente non aveva dedotto elementi dotati di rilevanza innovativa rispetto alla situazione già esaminata nell’incidente cautelare e nel giudizio di merito, che sul punto non poteva che trovare espansione la presunzione di doppia adeguatezza riconducibile all’art.275 comma 3 cod.proc.pen. che lo IACONO non era stato in grado di contrastare e che il diverso trattamento cautelare riservato ad altro dei concorrenti (COGNOME non poteva essere considerato un elemento distonico e illogico, in quanto contrassegnato da un fisiologico margine di apprezzamento personologico e individualizzante mentre, in relazione alla prospettazione di una collocazione domiciliare in area distante dai luoghi in cui l’attività criminosa si era manifestata, assumeva la irrilevanza dell’argomento, in quanto non in grado di incidere sulla portata della doppia presunzione, tenuto altresì conto della sostanziale inadeguatezza del domicilio indicato a garanzia della esigenza di contrastare la reiterazione di condotte criminose della stessa specie.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME NOME Francesco il quale deduce un unico motivo di ricorso con il quale assume contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta attualità e permanenza delle esigenze cautelari, nonché all’assenza di elementi di novità rispetto al precedente quadro cautelare,.
evidenziando che del tutto errata doveva ritenersi l’operazione logica compiuta dal giudice dell’appello cautelare nel riconoscere la doppia presunzione derivante dall’art.275 comma 3 cod.proc.pen. e nel porre l’onere in capo al ricorrente di indicare elementi di novità idonei a superare la suddetta presunzione, laddove una tale valutazione ometteva del tutto di considerare il tempo silente tra la cessazione della condotta antidoverosa da parte dello Iacono (pacificamente intervenuta nel corso dell’anno 2021) con elisione di qualsiasi relazione con gli altri correi, laddove l’associazione criminale aveva continuato ad operare per oltre due anni, elemento questo riconosciuto rilevante dalla giurisprudenza di legittimità al riguardo, nonché l’attenuazione delle esigenze cautelari riconosciute in favore di altro correo, che pure era risultato coinvolto per un più ampio spazio temporale e, in ragione di tali elementi, la sopravvenuta proporzionalità ed adeguatezza di misura cautelare detentiva in ambito territoriale lontano da quello in cui era maturata la condotta criminosa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto difettare nell’ appello cautelare proposto i requisiti di novità necessari, avendo la difesa dedotto solo motivi concernenti la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo Sez.2, n.18130 del 13 Aprile 2016, Antignano, Rv.266676; Ssez.6, n.45826 del 27 Ottobre 2021, COGNOME NOME, Rv.282292).
Tale principio appare attagliarsi al caso in specie, in quanto il procedimento di riesame sul provvedimento cautelare genetico ha vissuto l’intero corso e ha confermato la ricorrenza della gravità indiziaria e la sussistenza di esigenze cautelari mentre, nel frattempo è intervenuta altresì la pronuncia di condanna dello IACONO in primo grado in relazione alla partecipazione ad un gruppo criminoso operante in un circoscritto ambito territoriale in cui fungeva da punto di riferimento nella commercializzazione dello stupefacente.
Il principale argomento difensivo prospettato dalla parte ricorrente, che sostiene avere rilievo di novità in quanto non considerato nelle precedenti fasi del
procedimento cautelare, è rappresentato dal tempo trascorso dai fatti dal momento dell’adozione della cautela (circa due anni), il quale assumerebbe rilievo, in una prospettiva di affievolimento delle esigenze cautelari, se esaminato congiuntamente al diverso trattamento cautelare riservato ad altro correo.
Ebbene, ritiene il Collegio che le doglianze sopra richiamate siano manifestamente infondate nonché prive di confronto con la decisione impugnata, non scandite da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME).
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale è coerente con le risultanze processuali e non risulta altresì manifestamente illogico e si sottrae pertanto al sindacato di questo giudice di legittimità. Il ricorrente ha omesso del tutto di confrontarsi con l’ordinanza impugnata che ha dato atto, con motivazione coerente e logica, che il distacco temporale tra cessazione della condotta criminosa dello IACONO e l’adozione della misura cautelare (circa due anni) era già stato valutato nella precedente fase cautelare, tanto che il giudice dell’appello cautelare ha riportato un ampio stralcio della decisione del giudice di legittimità che aveva disatteso (nel corso dell’anno 2024) il ricorso dello IACONO, valorizzando gli stessi riferimenti giurisprudenziali richiamati nel presente incidente dal Tribunale del riesame di Lecce con riferimento alla resistenza della doppia presunzione di cui all’art.275 comma 3 cod.proc.pen., che lo IACONO assume non operante, precisando che, in tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. (Sez.3, n.16357, del 12/01/2021, PMT c. COGNOME, Rv.181293-01; Sez.6, n.5327 del 28/11/2023 n.m.; Sez.4, n.3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv.280243-01).
3.1. D’altro canto, il giudice ha affrontato il tema delle esigenze cautelari e la valutazione di proporzionalità e di adeguatezza in termini assolutamente corretti sotto il profilo logico giuridico, tenendo conto in particolare degli indici forniti dalla stessa disposizione normativa di cui all’art.275 comma 1 bis cod.proc.pen. la quale impone che, contestualmente alla pronuncia di condanna, “l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’art.274 comma I, lett.b) e c)”.
Appare pertanto evidente che non risulta correttamente calibrato l’argomento introdotto nei motivi di ricorso dello IACONO, quando contesta al giudice del
riesame di essersi limitato a valorizzare il patrimonio indiziario e conoscitivo a carico del prevenuto, omettendo di valutare il lungo decorso del tempo
dall’applicazione della cautela e la intervenuta pronuncia di primo grado.
In tale prospettiva pertanto il giudice del riesame, uniformandosi alla norma di cui all’art.275 comma I bis cod.proc.pen., da un lato ha correttamente
considerato l’esito del giudizio con il quale il prevenuto è stato dichiarato colpevole del reato associativo, con il riconoscimento della sua veste di referente territoriale
e di plurimi reati fine e condannato a pena detentiva particolarmente severa superiore ad anni dieci di reclusione, e dell’altra, nel riconsiderare la personalità
del prevenuto in relazione alle concrete modalità di realizzazione dei reati attraverso una serie di collegamenti con il mondo del narcotraffico che garantivano
un approvvigionamento continuo di stupefacente in rilevante quantità, ha escluso un affievolimento delle esigenze riscontrate nella misura genetica, fornendo al
contempo logica motivazione del fatto che non potevano attribuirsi profili di novità
né al diverso trattamento riservato ad altro correo, in ragione del carattere individualizzante e non trasferibile della valutazione sulla esigenze cautelari, né alla disponibilità di un immobile in area distante dal luogo di commissione del reato, in ragione del carattere assorbente della doppia presunzione, tenuto altresì conto della inidoneità dell’abitazione (locata solo per alcuni mesi).
4 . Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo a favore della Cassa dell’Ammende non ravvisandosi ragioni di esonero di responsabilità al riguardo. Seguono da dispositivo le statuizioni conseguenti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 comma 1 ter d isp.att.cod . proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025