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Esigenze cautelari: il tempo che passa le annulla?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21096/2024, ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di droga. La decisione si fonda sul principio che un notevole lasso di tempo trascorso dai fatti, in assenza di nuovi elementi, affievolisce le esigenze cautelari, rendendo necessaria una valutazione più rigorosa della pericolosità attuale dell’indagato. La presunzione di pericolosità non è assoluta e deve essere bilanciata con il fattore tempo.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze cautelari: il tempo che passa può indebolirle?

L’applicazione della custodia cautelare in carcere rappresenta una delle massime espressioni del potere statale sulla libertà individuale prima di una condanna. Tuttavia, la sua legittimità è strettamente legata alla sussistenza di concrete e attuali esigenze cautelari. Con la sentenza n. 21096 del 2024, la Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: quale peso ha il tempo trascorso dai fatti contestati nella valutazione di queste esigenze? La risposta fornita segna un punto importante a favore di una valutazione rigorosa e non automatica della pericolosità sociale.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver partecipato a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, reati previsti dagli articoli 73 e 74 del d.P.R. 309/1990. L’ordinanza del Tribunale di Bari confermava la misura. L’indagato ricorreva in Cassazione, sollevando cinque motivi di doglianza, tra cui la carenza di prove, l’insussistenza dell’associazione e, soprattutto, la mancanza di attualità delle esigenze cautelari, dato che i fatti a lui addebitati risalivano a oltre cinque anni prima dell’applicazione della misura.

L’Analisi della Cassazione sui Motivi di Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i primi quattro motivi di ricorso, ritenendoli generici o reiterativi di censure già esaminate e respinte dai giudici di merito. La Corte ha confermato che, sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e delle intercettazioni, sussistevano gravi indizi di colpevolezza sia per il reato associativo che per quello di spaccio. Tuttavia, l’attenzione si è concentrata sul quinto motivo, quello relativo all’impatto del tempo.

Il Principio di Diritto: Tempo Trascorso e Attualità delle Esigenze Cautelari

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi dell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, che stabilisce una presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari per reati di particolare gravità, come quelli di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha dato atto dell’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali:

1. Un primo orientamento, più rigido, sostiene che la presunzione legale è così forte da non poter essere superata dal solo decorso del tempo (il cosiddetto ‘tempo silente’), se non accompagnato da altri elementi specifici che dimostrino una riduzione della pericolosità.
2. Un secondo orientamento, più garantista e qui seguito dalla Corte, ritiene invece che il tempo trascorso, specialmente se considerevole e non interrotto da nuove condotte illecite, sia di per sé un elemento cruciale. Questo ‘tempo silente’ può e deve essere considerato dal giudice per valutare se la presunzione di pericolosità sia stata affievolita, rientrando tra quegli ‘elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari’ menzionati dalla norma stessa.

La Cassazione ha scelto di dare continuità a questo secondo orientamento, in linea con i principi introdotti dalla riforma del 2015, che mirano a rafforzare i requisiti di concretezza e attualità delle misure cautelari.

Le Motivazioni della Decisione

Applicando questo principio al caso specifico, la Corte ha ritenuto fondato il ricorso. La motivazione del Tribunale, che giustificava l’attualità del pericolo basandosi sulla natura ‘aperta’ della contestazione associativa e su un sequestro di droga avvenuto nel 2022 a carico del fratello di un altro associato, è stata giudicata contraddittoria e insufficiente.

I giudici di legittimità hanno evidenziato che:

* La condotta contestata all’imputato si era fermata a marzo 2018, oltre cinque anni prima dell’arresto (luglio 2023).
* Il ruolo del ricorrente era stato descritto come marginale (spacciatore al dettaglio).
* La continuità operativa dell’associazione dopo gli arresti dei vertici nel novembre 2018 non era stata adeguatamente dimostrata.
* Il sequestro del 2022 a carico di un terzo, non partecipe all’associazione, era un elemento troppo debole per dimostrare la persistenza del sodalizio e la pericolosità del ricorrente.

In sostanza, il Tribunale non aveva spiegato in modo convincente perché, a distanza di tanti anni e in assenza di nuovi elementi concreti a carico dell’indagato, il pericolo di reiterazione del reato fosse ancora attuale.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando il caso al Tribunale di Bari per una nuova valutazione. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al principio secondo cui il notevole lasso di tempo trascorso dai fatti deve essere attentamente considerato come un fattore che può indebolire la presunzione di pericolosità. Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: la libertà personale può essere limitata solo quando strettamente necessario, sulla base di un pericolo concreto e attuale, e non sulla base di presunzioni che il tempo stesso ha reso fragili.

Il semplice passare del tempo è sufficiente a far decadere le esigenze cautelari per reati gravi?
Sì, secondo l’orientamento seguito dalla Corte in questa sentenza, il decorso di un considerevole arco temporale, privo di ulteriori condotte illecite, deve essere espressamente considerato dal giudice come un elemento che può affievolire o far venir meno la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, anche per i reati gravi.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza nonostante i gravi indizi di colpevolezza?
La Corte ha annullato l’ordinanza non perché mancassero i gravi indizi di colpevolezza, ma perché il Tribunale non ha motivato in modo adeguato l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari. La decisione impugnata si basava su elementi ritenuti insufficienti e contraddittori per giustificare la pericolosità dell’indagato a più di cinque anni di distanza dai fatti contestati.

Quale orientamento giurisprudenziale ha seguito la Corte in merito alla presunzione di pericolosità?
La Corte ha aderito all’orientamento secondo cui, pur in presenza di una presunzione legale di pericolosità (art. 275, comma 3, c.p.p.), il giudice ha il dovere di valutare se il lungo tempo trascorso dai fatti abbia indebolito tale presunzione. Questo fattore temporale può rientrare tra gli ‘elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari’, imponendo un’analisi concreta e non automatica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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