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Esigenze cautelari: il tempo che passa attenua il rischio?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13059 del 2024, ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame non avesse adeguatamente motivato in merito all’attualità delle esigenze cautelari, dato il considerevole tempo trascorso dai fatti contestati (oltre cinque anni) e l’assenza di recenti indici di pericolosità. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Il Passare del Tempo e la Necessità di una Valutazione Concreta

L’applicazione di una misura cautelare, specialmente la custodia in carcere, rappresenta una profonda incisione nella libertà personale di un individuo non ancora condannato in via definitiva. Per questo, la legge richiede che la sua imposizione sia ancorata a precise e attuali esigenze cautelari. Ma cosa accade quando i fatti contestati risalgono a molti anni prima? La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, offre un’importante chiave di lettura, sottolineando come il ‘tempo silente’ non possa essere ignorato dal giudice.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per aver partecipato a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di aver agevolato un sodalizio di stampo mafioso. Secondo l’accusa, egli operava come spacciatore al dettaglio, inserito in una rete criminale che controllava il mercato della droga in una specifica città.

Il Tribunale del riesame confermava la misura, ma l’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della decisione. In particolare, contestava la sussistenza della gravità indiziaria, la configurabilità dell’aggravante mafiosa e, soprattutto, l’assenza di un’autonoma e attuale valutazione delle esigenze cautelari.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa articolava il proprio ricorso su quattro punti principali:

1. Carenza dell’elemento soggettivo: Si sosteneva che l’indagato non avesse aderito volontariamente all’associazione, ma fosse in una condizione di assoggettamento, costretto a rifornirsi dal gruppo criminale per poter spacciare sul territorio da esso controllato.
2. Valutazione del quadro indiziario: Veniva criticato l’utilizzo di dichiarazioni di collaboratori di giustizia ritenute generiche, incerte e non adeguatamente riscontrate.
3. Insussistenza dell’aggravante mafiosa: Si contestava la mancanza di prova che la condotta fosse stata commessa specificamente per agevolare il sodalizio mafioso.
4. Assenza di attualità delle esigenze cautelari: Questo era il motivo cruciale. La difesa evidenziava come i fatti contestati all’indagato risalissero ai primi mesi del 2018, mentre la misura era stata applicata nel luglio 2023, a più di cinque anni di distanza. In questo lungo lasso di tempo, non erano emersi nuovi elementi che indicassero una sua perdurante pericolosità sociale.

La Valutazione delle esigenze cautelari nelle associazioni criminali

La Corte di Cassazione ha affrontato i motivi di ricorso, rigettando i primi tre ma accogliendo l’ultimo. Per quanto riguarda la partecipazione all’associazione e la valutazione delle prove, la Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame logica e sufficiente. Anche riguardo all’aggravante mafiosa, ha specificato che, in fase cautelare, il suo eventuale venir meno non avrebbe comunque modificato l’applicabilità della misura.

Il punto di svolta della decisione risiede nell’analisi del quarto motivo. I giudici hanno richiamato un principio fondamentale: la valutazione dell’attualità delle esigenze cautelari deve essere particolarmente rigorosa quando si tratta di associazioni per il traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90). A differenza delle associazioni di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.), che sono caratterizzate da una tendenziale stabilità e permanenza nel tempo, quelle dedite al narcotraffico non presentano la stessa solidità strutturale. Pertanto, non si può presumere che il legame associativo e la pericolosità del singolo perdurino indefinitamente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha censurato la decisione del Tribunale del riesame perché fondava la prognosi di pericolosità su elementi deboli e contraddittori. In particolare, il Tribunale aveva valorizzato la contestazione ‘aperta’ del reato associativo (formulata come ‘all’attualità’) e un sequestro di droga avvenuto nel 2022 a carico del fratello di un altro coindagato. Secondo la Cassazione, questi elementi non erano sufficienti a dimostrare l’attuale pericolosità del ricorrente.

I giudici hanno sottolineato che:

1. La condotta partecipativa contestata al ricorrente era circoscritta a un breve periodo di tempo, terminato nel febbraio 2018.
2. L’attività dell’associazione stessa sembrava essersi interrotta o fortemente ridimensionata dopo gli arresti dei vertici, avvenuti nel novembre 2018.
3. Il sequestro del 2022 riguardava un soggetto terzo e non era direttamente collegabile né al ricorrente né all’originario sodalizio.

In sostanza, il Tribunale non aveva considerato una pluralità di elementi concreti che imponevano una rivalutazione approfondita: la data di cessazione della condotta dell’associato, l’epoca degli arresti dei vertici, la mancanza di condotte recenti riferibili all’associazione e, infine, il lungo tempo trascorso dai fatti. Questo ‘tempo silente’ non è neutro, ma un fattore che, in assenza di indici contrari, indebolisce la presunzione di pericolosità.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame per un nuovo giudizio. Il principio di diritto affermato è chiaro: anche in presenza di reati per cui la legge presume le esigenze cautelari, il trascorrere di un rilevante arco temporale dai fatti impone al giudice una motivazione specifica e rafforzata sull’attualità della pericolosità. Non basta una formale contestazione ‘aperta’ o elementi indiretti e non recenti. È necessaria una valutazione concreta della personalità dell’indagato e del contesto attuale, per verificare se il rischio di reiterazione del reato sia ancora concreto e non una mera congettura basata su eventi passati. La decisione ribadisce l’importanza di un bilanciamento rigoroso tra le esigenze di sicurezza collettiva e la tutela della libertà individuale.

Quando è giustificata la custodia cautelare a molti anni di distanza dai fatti?
Secondo la sentenza, il semplice trascorrere del tempo non esclude automaticamente le esigenze cautelari, ma impone al giudice di fornire una motivazione rafforzata. È necessario dimostrare, sulla base di elementi concreti e recenti, che la pericolosità sociale dell’indagato sia ancora attuale e che esista un rischio concreto di reiterazione del reato, non potendosi basare solo sulla gravità dei fatti passati.

Un’associazione per traffico di droga è stabile nel tempo come un’associazione mafiosa?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che le associazioni finalizzate al narcotraffico non possiedono la stessa tendenziale stabilità e permanenza delle associazioni di stampo mafioso. Di conseguenza, non si può applicare la stessa ‘presunzione di continuità’ del vincolo associativo e della pericolosità dei suoi membri; la loro persistenza nel tempo deve essere provata con elementi specifici.

L’esclusione di un’aggravante in fase cautelare comporta sempre una misura meno afflittiva?
Non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte ha affermato che la questione relativa all’aggravante dell’agevolazione mafiosa era priva di concreto interesse in fase cautelare. Questo perché la mera partecipazione al reato associativo principale (art. 74 D.P.R. 309/90) era già di per sé sufficiente a far scattare la presunzione legale per l’applicazione della custodia cautelare in carcere, indipendentemente dalla sussistenza dell’aggravante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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