Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13059 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13059 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Lo COGNOME NOME, nato a Foggia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 9/8/2023 emessa dal Tribunale di Bari visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona COGNOME Sostituta Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Bari confermava l’ordinanza con la quale il ricorrente era stato sottoposto alla misura COGNOME custodia cautelare in carcere, disposta in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravati ex art.416-bis.1 cod. pen. .
In particolare, l’ordinanza in esame affermava che il ricorrente avrebbe partecipato all’associazione che deteneva il monopolio del traffico di stupefacenti
nella città di Foggia, svolgendo stabilmente la funzione di spacciatore al dettaglio, cui veniva assegnata una quota mensile predeterminata di sostanza stupefacente.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione, ritenendo che il Tribunale avesse erroneamente ritenuto la gravità indiziaria in relazione al reato associativo, omettendo di valorizzare i plurimi elementi che inducevano ad escludere l’elemento soggettivo del reato. Il ricorrente sottolinea come la partecipazione all’associazione presuppone la coscienza e volontà di fornire stabilmente il proprio contributo al programma del sodalizio, mentre, nel caso di specie, non vi era alcuna adesione all’associazione, bensì una condizione di assoggettamento alle dinamiche criminali imposte dal gruppo, rispetto al quale il ricorrente era costretto ad approvvigionarsi di sostanza stupefacente, non essendo altrimenti tollerato lo spaccio di droga sul territorio controllato dal sodalizio.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. nella valutazione del quadro indiziario, essendo stati valorizzati elementi probatori scarsamente significativi. In particolare, il collaboratore COGNOME riferiva dell’assetto del mercato degli stupefacenti nel territorio foggiato riferito agli ann 2015/2016 e, quindi, ben prima dei fatti contestati al ricorrente. Parimenti, i restanti collaboratori di giustizia (COGNOME e COGNOME) rendevano dichiarazioni non dirimenti, limitandosi a riconoscere – peraltro in maniera incerta- COGNOME quale uno degli spacciatori. Tali dichiarazioni, infine, non venivano sottoposte al necessario vaglio di attendibilità intrinseca ed estrinseca, difettando elementi di riscontro esterno.
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, non essendo sufficiente che i proventi dello spaccio di droga fossero destinati al sodalizio mafioso, occorrendo che la condotta sia stata commessa per perseguire tale finalità. Su tale aspetto, l’ordinanza avrebbe omesso di motivare, nonostante la specifica doglianza proposta in sede di riesame.
2.4.Con il quarto motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito all’assenza di autonoma valutazione delle esigenze cautelari che, invero, potevano essere soddisfatte anche con l’applicazione di una misura meno afflittiva. A supporto di tale affermazione, si sottolinea come il Tribunale avesse omesso di valutare il “tempo silente” decorso dalla commissione dei fatti (primi mesi del 2018), non potendosi neppure valorizzare condotte successive riferite esclusivamente ad altri concorrenti e rispetto alle quali non era emerso alcun
coinvolgimento del ricorrente.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e risultano entrambi infondati.
Il ricorrente censura, sotto diversi profili, la sussistenza COGNOME gravità indiziari in relazione alla partecipazione all’associazione ex art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ma nel far ciò non si confronta con l’esaustiva motivazione posta a fondamento dell’ordinanza impugnata, che risulta immune da manifesta illogicità o contraddittorietà.
È sufficiente a tal riguardo sottolineare come la consapevole partecipazione al sodalizio è testimoniata dalla stabilità di rapporti e dall’affidamento che i vertici dell’associazione riponevano sull’attività di spaccio svolta, per conto dell’associazione, dal ricorrente. A tal riguardo sono emblematiche le intercettazioni richiamate nell’ordinanza che, di per sé, forniscono un quadro indiziario solido, rispetto al quale le dichiarazioni rese dai collaborator costituiscono un mero elemento integrativo. Peraltro, sono proprio le intercettazioni che forniscono anche un riscontro esterno alle dichiarazioni dei collaboranti quanto meno con riferimento all’organizzazione generale dell’attività di spaccio.
In definitiva, quindi, può affermarsi che l’ordinanza è immune da cesure logiche lì dove individua il ricorrente quale uno degli spacciatori stabilmente inseriti nell’associazione, ai quali veniva assegnata una quota mensile di stupefacente secondo logiche criminali volte a garantire una perequazione tra i vari soggetti che operavano nella vendita al dettaglio.
Il terzo motivo di ricorso, concernente la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., è manifestamente infondato per una pluralità di ragioni.
In primo luogo, deve rilevarsi come il Tribunale abbia fornito una risposta alle contestazioni sollevate dalla difesa (si veda p.26) di modo che deve escludersi il vizio di omessa motivazione. Permane la questione concernente la possibilità di far discendere la volontà di agevolare il sodalizio di stampo mafioso dal semplice
fatto che quest’ultimo ricevesse i proventi (in tutto o in parte non è specificato) dell’attività di narcotraffico svolta dall’associazione ex art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Si tratta di un aspetto che, invero, dovrà essere adeguatamente valutato in sede di merito, salvo restando che – quanto meno a livello di gravità indiziaria sussistono elementi che legittimano la tesi secondo cui l’indagato fosse consapevole COGNOME destinazione dei proventi all’associazione e che il gruppo deputato al narcotraffico agisse essenzialmente per agevolare quest’ultima.
In ogni caso, la questione relativa alla sussistenza dell’aggravante è priva di concreto interesse in fase cautelare, posto che ove pure si pervenisse alla sua esclusione, il ricorrente non ne otterrebbe alcuna concreta utilità, posto che i presupposti applicativi COGNOME misura non muterebbero.
Costituisce orientamento costante di questa Corte quello secondo il quale, in tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali, vi è carenza di interesse al ricorso quando l’indagato tende ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante salvo che da tale esclusione derivi una concreta utilità, ovvero immediati riflessi sull’an o sul quomodo COGNOME misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508; Sez. 6, n. 5213 dell’11/12/2018, COGNOME, Rv. 275028).
Nel caso di specie già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto costitutivo COGNOME presunzione cautelare di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sicchè l’esclusione dell’aggravante non produrrebbe per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole risultando, peraltro, analogo, il termine di fase (Sez. 3, n. 31633 del 15/03/2019, Irabor, Rv. 276237).
Deve ritenersi, invece, fondato il motivo di ricorso volto a censurare la sussistenza e l’attualità delle esigenze cautelari.
Occorre in primo luogo richiamare la specificità del reato associativo di cui all’art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relaziont.al quale la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare come i legami tra compartecipi non presentino quella tendenziale stabilità nel tempo che, invece, contraddistingue l’appartenenza alle associazioni di stampo mafioso.
Si è affermato, infatti, che in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la sussistenza delle esigenze cautelari, rispetto a condotte esecutive risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, in quanto tale fattispecie associativa è qualificata unicamente dai reati fine e non postula necessariamente l’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni
del vincolo associativo previste per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., di talch risulta ad essa inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, COGNOME tendenziale stabilità del sodalizio in difetto di elementi contrari attestanti recesso individuale o lo scioglimento del gruppo (Sez.6, n. 3096 del 28/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272153; Sez.3, n. 17110 del 19/1/2016, COGNOME, Rv. 267160; Sez.6, n. 140 del 2712/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265917; Sez.6, n. 44129 del 22/10/2015, Rv. 265457; Sez.4, n. 26570 dell’11/6/2015, NOME, Rv. 263817).
Al contempo, la giurisprudenza ha anche affermato che, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce COGNOME riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata COGNOME stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dai giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez.6, n.31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272).
Al contempo, deve considerarsi che, con specifico riguardo al reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività COGNOME stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione COGNOME medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito COGNOME quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez.3, n.16357 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293; Sez.4, n. 3966 del 12/1/2021, COGNOME, Rv. 280243).
4.1. Tenendo presenti tali coordinate ermeneutiche, si ritiene che la valutazione contenuta nell’ordinanza cautelare in ordine all’attualità delle esigenze cautelari presenti aspetti di contradditorietà, meritevoli di una rivalutazione.
L’ordinanza fonda la prognosi negativa essenzialmente sul fatto che la contestazione del reato associativo è “all’attualità” e che nel marzo 2022 veniva sequestrato un consistente quantitativo di cocaina detenuto da NOME COGNOME, fratello di NOME, indicato quale uno degli associati.
Entrambe le affermazioni non forniscono elementi rilevanti, dovendosi in primo luogo sottolineare come, al di là COGNOME contestazione formale del tempus
commissi delicti, la condotta contestata al ricorrente si arresta a febbraio del 2018 e, quindi, a più di cinque anni prima dell’applicazione COGNOME misura (luglio 2023).
A ciò deve aggiungersi che la stessa condotta partecipativa contestata al ricorrente è stata di breve durata, contestandosi un periodo “antecedente al 17 gennaio 2018 e fino a 3 febbraio 2018”. Il ruolo ricoperto dal ricorrente, peraltro, viene descritto come marginale, trattandosi di uno spacciatore al dettaglio, sostanzialmente tenuto a rifornirsi dal sodalizio che esercitava un controllo egemonico sull’attività illecita.
La stessa perdurante attività dell’associazione, a prescindere dalla partecipazione del ricorrente, non è agevolmente riconducibile ad epoca successiva al novembre del 2018, epoca in cui venivano tratti in arresto i vertici COGNOME stessa.
Né può darsi rilievo al sequestro di cocaina eseguito nel 2022, posto che il detentore dello stupefacente era soggetto che non risulta tra i partecipi all’associazione, senza che possa inferirsi dal mero rapporto di parentela con uno degli associati (NOME COGNOME) la destinazione dello stupefacente ad alimentare i traffici del sodalizio.
Infine, anche il profilo strettamente legato alla personalità del ricorrente ed alla sua propensione a reiterare condotte illecite COGNOME medesima indole non è stato adeguatamente approfondito, posto che i precedenti da cui il medesimo è gravato, nonché il fatto di aver intessuto rapporti con esponenti COGNOME criminalità organizzata sono indicatori da valutare nel contesto complessivo dell’assenza di indici recenti di una possibile reiterazione delle condotte illecite.
In conclusione, quindi, può affermarsi che il dubbio in ordine all’attualità delle esigenze cautelari non è stato dedotto meramente sulla base del “tempo silente”, bensì evidenziando una pluralità di elementi concreti (data di cessazione COGNOME condotta dell’associato, epoca di esecuzione degli arresti dei vertici, mancanza di condotte sicuramente riferibili all’associazione in epoca successiva, tempo complessivamente trascorso dai fatti) che impongono una rivalutazione complessiva.
Peraltro, la rivalutazione richiesta al Tribunale del riesame dovrà necessariamente concernere non solo l’attualità delle esigenze cautelari, ma anche l’ulteriore presunzione di esclusiva idoneità COGNOME custodia cautelare in carcere, rispetto alla quale i medesimi elementi sopra indicati possono essere rilevatori di un’attenuata pericolosità del ricorrente.
5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla ritenuta sussistenza dell’attualità delle esigenze cautelari e del giudizio di
esclusiva adeguatezza COGNOME custodia cautelare in carcere, nella cui rivalutazione il Tribunale del riesame si atterrà ai principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari competente ai sensi dell’art. 309, co.7, c.p.p.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 6 febbraio 2024
Il Consigliere estensore