Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2084 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2084 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mitidieri NOME nata il 29/11/1983 a Taranto avverso l’ordinanza in data 16/05/2024 del Tribunale di Potenza
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16/05/2024 il Tribunale di Potenza ha giudicato sull’istanza di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Potenza in data 18/04/2024: preso atto della sostituzione della custodia in carcere con la misura degli arresti domiciliari, rafforzati da braccialetto elettronico, nelle more disposta dal G.i.p. del Tribunale
di Potenza, il Tribunale ha riqualificato l’ipotesi associativa di cui al capo 31 ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P.R. 309 del 1990, ha riqualificato i reati in materia di stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 5 d.P.R. 309 del 1990 ed ha per il resto confermato l’ordinanza impugnata.
2. Ha presentato ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione emergente alla luce degli atti e dei motivi depositati all’udienza del 14/05/2024 nonché in relazione alla violazione del diritto di difesa correlata alla mancata indicazione della data in cui si sarebbe costituita l’associazione dedita al narcotraffico.
Il Tribunale aveva valorizzato un orientamento superato a fronte del vulnus al diritto di difesa derivante dalla mancata indicazione della data di costituzione dell’associazione.
Peraltro, dall’ordinanza impugnata non risultava l’individuazione dei ruoli, la predisposizione di mezzi e la spartizione degli utili, nonché il sostegno economico, in rapporto ad un agire consapevole volto ad arrecare un contributo concreto e non sporadico.
In tale quadro la ricorrente prospetta la rilevanza del profilo temporale anche ai fini della valutazione delle esigenze cautelari, a fronte di condotte e di reati fine che risalgono al 2019, a distanza dalla richiesta della misura e della sua concreta applicazione.
Relativamente ai capi 41), 45) e 58), non era stata indicata quantità e qualità delle sostanze. Inoltre, il Tribunale non aveva valutato logicamente il numero di contatti e di consumatori o l’entità dei ricavi, considerando anche che la ricorrente avrebbe dovuto ritenersi maggiormente inserita, in ragione della stretta vicinanza al padre.
La ricorrente era stata ritenuta partecipe accanto al padre fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nell’agosto 2021, ma i reati a lei addebitati erano riferiti al 2019.
Era contraddittoria la valutazione del ruolo della ricorrente, cui si addebitava di portare la contabilità relativa allo spaccio, fin quando il padre era in vita, senza che tuttavia fossero stati operati sequestri di sostanze stupefacenti, essendo state valorizzate conversazioni intercettate.
Relativamente al capo 45, non si comprende il motivo per cui le forze dell’ordine non avessero effettuato una perquisizione, in modo da rinvenire la sostanza ove realmente presente.
A carico della ricorrente vi era l’asserita partecipazione ad una tentata rapina in danno di COGNOME e il rinvenimento della somma di euro 1.500,00, occultata
nel reggiseno, somma che tuttavia non era stata sequestrata, essendo stato dato rilievo agli esiti di intercettazioni.
Erano stati valorizzati contatti limitati ad un circoscritto periodo e le informative di polizia giudiziaria, che tuttavia non erano state sottoposte ad attenta valutazione in ordine al ruolo della ricorrente, che semmai si era limitata ad accompagnare il padre per ritirare e cedere la sostanza.
Il ruolo attribuito non era correlabile ai reati fine in concreto addebitati alla ricorrente, essendo mancata una verifica della sussistenza degli elementi strutturali dell’associazione e della concreta partecipazione della ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Esclusa l’operatività della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il Tribunale aveva tuttavia ritenuto che la partecipazione della ricorrente a ciascun anello della catena di commercializzazione e il suo coinvolgimento in reati di diversa natura, come una rapina, fossero idonei a dimostrare la sussistenza del pericolo di reiterazione tale da imporre una misura restrittiva.
Ma non erano stati debitamente considerati la pregressa incensuratezza e il fatto dello spostamento della residenza altrove.
Né avrebbe potuto desumersi alcunché dall’episodio del 12/03/2022, culminato in un arresto per possesso di dosi di cocaina e per resistenza, posto che con sentenza del 12/01/2024 la ricorrente era stata poi assolta, elemento contrastante con l’attualità delle esigenze e non valutato.
In realtà non era stato preso in considerazione il tempo trascorso, a fronte dell’assenza di elementi sintomaticamente rilevanti emersi nel periodo successivo, cosicché era mancata una reale valutazione della concretezza e attualità delle esigenze cautelari, tali da giustificare l’applicazione di una misura restrittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo, in cui sono esposti argomenti riguardanti il profilo della gravità indiziaria primariamente in relazione al reato associativo e solo marginalmente in relazione ad altri reati contestati (capi 15, 41, 45, 58), è nel suo complesso infondato e in parte inammissibile.
1.1. Deve in primo luogo rilevarsi la manifesta infondatezza della doglianza avente ad oggetto il tema della mancata indicazione della data di inizio del reato associativo, dovendosi aver riguardo ai fini cautelari alla sommaria enunciazione del fatto ed esigendosi dunque che venga delineata una condotta sulla base del quadro indiziario esposto, tale da rendere configurabile il reato permanente oggetto di contestazione e da consentire la concreta esplicazione del diritto di
difesa, a fronte delle evidenze indiziarie disponibili (in senso analogo Sez. 2, n 2750 del 16/04/1997, Frarcagna, Rv. 207834).
Deve, peraltro, aggiungersi che, nel caso di specie, sono ampiamente desumibili dall’ordinanza genetica e da quella impugnata i tratti essenziali del reato associativo, inteso nel suo divenire in rapporto all’operatività di un sodalizio avente primariamente base familiare.
1.2. Ciò posto, deve rimarcarsi come del tutto generici risultino gli argomenti difensivi utilizzati in relazione ai capi 15, 41, 45 e 58, essendosi essenzialmente contestata la valorizzazione delle sole risultanze delle operazioni di captazione in assenza di un diretto intervento della polizia giudiziaria e dunque del concreto riscontro della quantità e qualità dello stupefacente o comunque della dinamica dei fatti.
Sta di fatto che la ricostruzione dei singoli episodi è stata effettuata sulla base di una non illogica interpretazione delle conversazioni intercettate, inquadrate nel contesto in cui si muovevano i protagonisti e alla luce del tenore anche letterale, in alcuni casi inequivoco, dei colloqui, rappresentativi di acquisti di sostanze stupefacenti, nonché della detenzione e della preparazione della sostanza da spacciare, relativa a quantitativi di varia consistenza, desunta dall’entità dei costi o dei debiti contratti per l’acquisto, e riferita talvolta espressamente a fumo o a erba e comunque, nel dubbio, intesa come droga leggera.
In ogni caso tali episodi sono stati non illogicamente valorizzati, unitamente a quelli oggetto dei capi 15, 57, 58, come espressivi del ruolo attivo svolto dalla ricorrente, all’interno del sodalizio a fianco del padre NOME COGNOME, deceduto nel 2021.
Si tratta infatti di vicende connotate dalla diretta partecipazione della ricorrente, anche in operazioni di preparazione e «taglio» della sostanza stupefacente.
1.3. Con riguardo poi alla configurabilità del reato associativo, il Tribunale, anche attraverso il richiamo dell’ordinanza genetica, ha indicato gli elementi ritenuti non illogicamente idonei a suffragare l’ipotesi dell’esistenza di un sodalizio dedito al narcotraffico, facente capo ai fratelli NOME e NOME COGNOME.
Nel dar conto di convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia in ordine all’operatività del gruppo RAGIONE_SOCIALE, insediato in particolare nella zona di Policoro, il Tribunale ha specificamente suffragato l’assunto accusatoria attraverso il riferimento a numerosi episodi di approvvigionamento, coltivazione, detenzione e spaccio di stupefacenti, ascrivibili alla consorteria, avente essenzialmente base familiare, ma attiva anche attraverso il contributo di altri soggetti, in costante contatto con i COGNOME, a conoscenza dei rapporti di costoro con i fornitori e dediti alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti in una logica di gruppo.
In particolare, il Tribunale ha segnalato come il sodalizio avesse caratteristiche compatibili con l’ipotesi delineata dall’art. 74, comma 6, d.P.R. 309 del 1990, non essendo emersi approvvigionamenti di consistenza particolarmente elevata in assenza della disponibilità di cospicue risorse finanziarie, ed essendo per altro verso emerso che gli stessi vertici del gruppo erano a loro volta impegnati nell’attività di spaccio.
Nondimeno è stato posto in evidenza come la consorteria fosse connotata da stabili contatti tra i sodali, invitati alla cautela nelle conversazioni telefonich (pagg. 75 e 76 dell’ordinanza impugnata) e attenti ai controlli delle forze dell’ordine, tanto da comunicare le informazioni acquisite in merito a perquisizioni ed arresti eseguiti, nonché dalla disponibilità di basi logistiche e operative, come la serra, denominata centro commerciale, tanto che in data 24/10/2019 era stato scoperto all’interno di un capannone in Tursi, località Giardini, un deposito di infiorescenze di «canapa indiana», qualificato come «fabbrica della droga», luogo frequentato dai fratelli COGNOME, dove avveniva anche l’essiccazione, la trasformazione e l’imbustamento della droga, fermo restando che i predetti, secondo quanto rilevato dal Tribunale, avevano nei giorni precedenti organizzato con altri sodali il trasferimento della droga da serra e terreni nella loro disponibilità.
A ben guardare, dunque, il Tribunale ha dato conto degli elementi costitutivi di un’associazione dedita al narcotraffico, ponendo in luce la sincronica e stabile operatività di un gruppo di soggetti, per lo più uniti anche da vincoli familiari, che disponevano di mezzi idonei ed erano attivi nella realizzazione di un progetto non temporalmente limitato, avente ad oggetto l’approvvigionamento, la preparazione e lo spaccio di stupefacenti, attuato anche attraverso pusher fidelizzati mediante consegne a credito, che agivano in una determinata piazza di spaccio in Policoro.
Il Tribunale ha anche sottolineato come i sodali avessero piena contezza del rischio che potesse venire in evidenza un’associazione, ciò che aveva indotto in una circostanza NOME COGNOME che ne aveva parlato proprio alla figlia NOME, ad ammonire NOME COGNOME in ordine ai suoi rapporti con albanesi e baresi.
1.4. Si tratta di ricostruzione che si pone in linea con gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità.
E’ stati infatti affermato che, ai fini della configurabilità del reato d associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, «è necessaria la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune» (Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, COGNOME, Rv. 256054; Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, Cali, Rv. 251011; in senso analogo, più di
recente, Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275583). D’altro canto «il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma può essere anche non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attività proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune» (Sez. 3, n. 32485 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283691).
Inoltre, si è affermato che «l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso» (Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 268184).
1.5. In tale quadro il Tribunale ha coerentemente collocato il ruolo svolto dalla ricorrente, la quale. per lo più -ma non solo- a fianco del padre NOME COGNOME, era impegnata, come rilevato, nella detenzione e preparazione della droga e si occupava inoltre della contabilità, essendo comunque in contatto con gli altri sodali, in primo luogo gli altri familiari che partecipavano all’illecita attivit funzionale alla gestione dello spaccio anche per il tramite di pusher.
A fronte di ciò, i rilievi difensivi risultano del tutto inidonei a vulnerare giudizio del Tribunale, che ha spiegato le ragioni per cui non avrebbe potuto dirsi che l’attività della ricorrente si ponesse all’esterno di un quadro di tipo associativo e non si risolvesse nel mero fatto di accompagnare il padre in occasione del ritiro o della cessione dello stupefacente, ma si traducesse in un attivo, stabile e consapevole contributo fornito allo svolgimento dell’illecita attività riferibile al gruppo.
2. Il secondo motivo è fondato.
2.1. Taluni degli argomenti utilizzati nel primo motivo, riguardanti l’epoca dei vari episodi, hanno trovato migliore formulazione nel secondo motivo, con il quale è stata contestata la valutazione del Tribunale in ordine alla configurabilità delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura cautelare applicata, nelle more sostituita con quella degli arresti domiciliari.
Si è in effetti difensivamente osservato che il Tribunale non aveva idoneamente giustificato la ritenuta sussistenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie e dato conto delle ragioni dell’inapplicabilità di misure diverse, a fronte della pregressa incensuratezza della ricorrente, del tempo trascorso dagli episodi direttamente contestati alla predetta e dello spostamento della sua residenza altrove.
2.2. Deve sul punto osservarsi che il Tribunale, pur avendo correttamente escluso l’operatività della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, d.P.R. 309 del
1990, a seguito della riqualificazione del reato associativo nell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 309 del 1990, si è limitato a valorizzare il coinvolgimento della ricorrente nelle varie fasi operative del sodalizio, dall’approvvigionamento allo spaccio, senza tuttavia concretamente tener conto dell’assenza di precedenti, della primaria vicinanza della ricorrente al padre NOME, deceduto nel 2021, e più in generale del tempo trascorso sia dai fatti oggetto di diretta contestazione, risalenti al 2019, sia comunque dal citato decesso del padre.
2.3. Deve al contrario rimarcarsi come sia necessario dare positivamente conto della concretezza e dell’attualità delle esigenze cautelari e, nel contempo, dell’adeguatezza esclusiva della misura applicata, a fronte della possibile applicazione di misure diverse.
D’altro canto, l’attualità non implica l’imminenza di una nuova occasione per delinquere quanto la persistenza e la continuità del pericolo che il soggetto, avuto riguardo alle sue esperienze, alle sue condizioni di vita e al contesto nel quale opera, possa nuovamente volersi procurare un’occasione propizia per intraprendere un’azione delittuosa, in tal senso potendosi rinvenire una linea interpretativa idonea a ricondurre ad unità l’orientamento che fa leva sulla previsione di un’occasione prossima per compiere delitti della stessa specie (Sez. 6, n. 11728 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286182) e l’orientamento che dà rilievo alla continuità del pericolo nella sua dimensione temporale, alla luce di una attenta analisi personologica e socio-ambientale, continuità correlata alla vicinanza ai fatti e ad elementi indicativi recenti (Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, 282991).
In tale prospettiva costituisce elemento ineludibile la valutazione del tempo trascorso dai fatti e la presenza o meno di elementi sintomatici recenti, dovendosi a questo riguardo rilevare come il passaggio del tempo influisca non solo sulla sussistenza o meno delle esigenze cautelari ma anche sull’individuazione della misura più adeguata nel presupposto che si registri un affievolimento delle esigenze, tale da giustificare misure meno afflittive (sul punto Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, COGNOME, Rv. 244 377).
2.4. Sulla scorta di tali rilievi deve convenirsi con la ricorrente che il Tribunale non ha fornito una motivazione immune da vizi in ordine alla concreta e attuale configurabilità di un pericolo di reiterazione e in ordine all’esclusiva adeguatezza della misura applicata o di quella degli arresti domiciliari disposta in sostituzione della custodia in carcere, avuto riguardo all’epoca dei fatti e al mancato rilevamento di indici sintomatici recenti, tanto meno considerando che la ricorrente risulta aver trasferito altrove la sua residenza.
Su tali basi si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con riguardo ai profili strettamente cautelari, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza e con rigetto del ricorso nel resto.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza competente ai sensi dell’art. 309, co. 7 c.p.p.; rigetta nel resto.
Così deciso il 31/10/2024