Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6596 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6596 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal NOME COGNOME nato in Marocco il 04/09/1984; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 22/10/2024 del tribunale di Potenza; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; COGNOME COGNOME che ha insistito per lette le conclusioni del difensore avv.to l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Potenza, adito con atto di appello nell’interesse di NOME avverso il rigetto della richiesta di revoca della misura della custodia in carcere disposta in ordine a reati in materia di stupefacenti, confermava l’impugnata ordinanza.
Avverso la predetta sentenza COGNOME mediante il proprio difensore ha proposto, con due motivi, ricorso per cassazione.
Deduce con il primo vizi di violazione di legge e di motivazione, lamentando, con riguardo alle esigenze cautelari, la circostanza per cui il
tribunale avrebbe trascurato la rilevanza, ai fini in esame, delle intervenute due sentenze con le quali è stata esclusa la sussistenza del reato di cui all’art. 74 del DPR 309/90 nei confronti degli imputati, tra cui il ricorrente, che rispondeva in concorso con gli stessi, così che gli effetti delle predette sentenze assolutorie si sarebbero estesi anche in ordine alla partecipazione del ricorrente all’associazione, elidendo anche le esigenze cautelari.
COGNOME Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione alla attualità e concretezza delle esigenze cautelari, alla luce delle due sentenze sopra già citate, Si aggiunge che l’attualità del pericolo non va ad assumere il significato equivalente a quello della imminenza del pericolo di commissione di altri reati.
Il primo motivo è inammissibile. Oltre al dato per cui come da attestazione di cancelleria mancherebbe la sottoscrizione in digitale del difensore, va preliminarmente ribadito che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì – come nel caso di specie – quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). Nel caso in esame, il tribunale ha espressamente evidenziato la “pletora di reati fine ex art. 73 c. 1 DPR 309/90 l’ultimo dei quali consumato il 29.11.2017″ per condividere e ribadire il giudizio di persistenza del pericolo di recidivanza già espresso con il provvedimento impugnato in quella sede, ” alla luce della droga procurata in grande quantità che consente di ritenere provati collegamenti internazionali che verosimilmente sono gli stessi che impediscono di rintracciare il prevenuto” . Rispetto a una così eloquente motivazione, esplicitamente correlata alla persistenza del pericolo di reietarazione, nonostante la evidenziata esclusione della fattispecie associativa, il ricorrente non si misura, non contrastando il sostenuto persistente rilievo, ai fini in esame, della ipotizzata commissione di plurimi e gravi reati fine, ed optando, piuttosto, per la personale quanto apodittica affermazione per cui la esclusione della fattispecie ex art. 74 citato escluderebbe in radice ogni esigenza cautelare. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Manifestamente infondato, per le medesime ragioni citate in precedenza, è anche il secondo motivo, continuando il ricorrente a misurare anche il tema della attualità e concretezza alla luce della esclusione della
fattispecie associativa, e trascurando invece il focus del tribunale, indirizzato rispetto al persistente rilievo dei reati fine.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese de procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2025.