Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2085 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2085 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mitidieri COGNOME nato a Taranto il 29/11/1993
avverso l’ordinanza del 16/05/2024 del Tribunale per il riesame di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udite le conclusioni del difensore, NOME COGNOME che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Potenza ha annullato l’ordinanza cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti
di NOME COGNOME con riferimento al capo n. 16 (lesioni aggravate in concorso), ha riqualificato l’associazione dedita al narcotraffico di cui al capo n. 31 ai sensi dell’art. 74, commi 4 e 6, d.P.R. n. 309 del 1990 e il reato-fine in materia di stupefacenti (capo n. 72), ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, e ha sostituito la misura della custodia in carcere con quella gli arresti domiciliari con strumenti di controllo elettronico.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione ai motivi nuovi depositati all’udienza camerale del 14/05/2024, con cui si denunciava la violazione del diritto di difesa per mancata indicazione della data in cui si sarebbe costituita l’associazione dedita al narcotraffico di cui al capo n. 31.
Il difensore rileva, altresì, che la motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all’associazione è illogica e contraddittoria, tenuto conto che i gravi indizi di colpevolezza sono ricavati essenzialmente da intercettazioni di conversazioni con i propri familiari. Oltre a ciò, sottolinea che al ricorrente viene contestato un unico reato fine e che è illogico ritenere che sia depositario di armi solo perché fermato, il 23/01/2019, con proiettili di arma da fuoco, in difetto non solo di sequestri di armi ma anche di contestazioni sul punto.
2.2. Con il secondo motivo di impugnazione vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
I reati contestati risalgono al 2019 e, da allora, non risulta che il ricorrente abbia posto in essere condotte sintomatiche di perdurante pericolosità. Manca, quindi, il requisito della attualità del pericolo di reiterazione di reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va preliminarmente rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i motivi nuovi, depostati all’udienza del 14/05/2024, sono stati valutati Tribunale per il riesame (pag. 12 e s. dall’ordinanza impugnata). La censura con essi dedotta, relativa alla mancata indicazione della data in cui si è costituita l’associazione dedita al narcotraffico, è stata esaminata e disattesa con motivazione logica e immune da censure, che richiama il condivisibile l’orientamento secondo cui la disposizione di cui all’art. 292, comma 2, lett. b),
cod. proc. pen., che stabilisce che l’ordinanza che applica la misura cautelare contiene «la descrizione sommaria del fatto», deve essere interpretata nel senso che è sufficiente un’indicazione dei fatti sintetica e schematica, senza alcuna specificazione di elementi di dettaglio. L’indicazione della data in cui si assume essere iniziata la consumazione di un determinato reato non è elemento indispensabile per la descrizione sommaria del fatto, tanto più quando si tratti di reato permanente che, come tale, non si è consumato in uno specifico momento ma copre un lungo arco di tempo (Sez. 2, n. 2750 del 16/04/1997, Rv. 207834).
La censura relativa alla partecipazione all’associazione è inammissibile, perché formulata in modo del tutto generico e perché non si confronta con le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, che riporta gli esiti una complessa attività di indagine che ha permesso di acquisire gravi indizi in ordine non solo all’esistenza di una associazione dedita al narcotraffico ma anche al concreto contributo a essa offerto dal ricorrente.
In alcune delle conversazioni captate si fa esplicito riferimento agli stupefacenti (erba, fumo cocaina) e si discute di qualità, quantità e prezzi della sostanza.
Il gruppo aveva una serie di fonti e canali di rifornimento e aveva organizzato una coltivazione di canapa in serre e terreni nella disponibilità dei Mitidieri, mentre l’essiccazione, la trasformazione e l’imbustamento della droga avvenivano in un capannone di NOME COGNOME. Il 24/10/2019 la polizia giudiziaria, all’interno di tale capannone, ha rinvenuto n. 178 arbusti di canapa e 9,5 chili di marijuana già essiccata e pronta per lo spaccio. A seguito dell’arresto di NOME COGNOME il ricorrente, su incarico del padre, NOME COGNOME, si è attivato per trasportare e trasferire la sostanza stupefacente che deteneva illecitamente (pag. 26 ordinanza impugnata).
Quanto al possesso di armi, emerge dai dialoghi captati (pag. 21 ordinanza impugnata) che il ricorrente è stato incaricato dal padre di ritirare da tale NOME COGNOME dei proiettili. Fermato dalla polizia giudiziaria, è stato trovato in possesso di sei proiettili di cui due calibro 44 magnum e quattro calibro 3,57 magnum (per questo fatto è stato iscritto separato procedimento penale, che si è concluso con decreto penale di condanna). Preoccupato per una eventuale estensione della perquisizione presso l’abitazione, il ricorrente ha immediatamente avvertito il padre, il quale, a sua volta, ha incaricato la figlia NOME di far sparire la marijuana che detenevano illegalmente. Poiché tutti erano intercettati, è emerso immediatamente il luogo ove lo stupefacente (gr. 80) era stato gettato (all’interno di alcuni contenitori in plastica nel vano scale, in uno spazio comune adibito alla raccolta dei rifiuti), e lì è stato rinvenuto.
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Carente è, infatti, la risposta fornita dal Tribunale sulla questione dell’attualità delle esigenze cautelari.
Sul punto va precisato che l’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale, sicché non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario prevedere che gli si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 6, n. 11728 del 20/12/2023, COGNOME, Rv. 286182).
L’ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Infatti, dopo aver escluso l’applicabilità della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., al reato di cui all’art. 73, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990, ha evidenzia che la particolare inclinazione a delinquere del ricorrente, coinvolto nella custodia della droga e nella diretta gestione delle armi, è tale da fondare un concreto pericolo di reiterazione criminosa, nonostante il lasso di tempo decorso dalla commissione dei fatti, valorizzato unicamente ai fini della individuazione della misura adeguata (arresti donniciliari). In realtà, il fattore tempo (quando è rilevante l’arco temporale, come nel caso di specie) può essere un elemento distonico rispetto alla attualità del pericolo di reiterazione del reato, nel senso sopra specificato, laddove non siano state poste in essere condotte sintomatiche di perdurante pericolosità.
Poiché il Tribunale per il riesame non risulta aver effettuato alcuna valutazione al riguardo, l’ordinanza va annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Potenza competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod, pro. pen. Rigetta nel resto.
Così deciso il 31/10/2024