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Esigenze cautelari: gravità del fatto e recidiva

Un uomo è stato posto in custodia cautelare in carcere per traffico di cocaina. Ha presentato ricorso sostenendo la mancanza di attuali esigenze cautelari e l’inutilizzabilità delle prove. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il pericolo di recidiva può essere desunto dalla gravità concreta del reato e dai precedenti penali, non solo dal tipo di reato astratto. La detenzione dei suoi fornitori è stata considerata irrilevante.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: La Gravità Concreta del Fatto Giustifica la Custodia in Carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9960 del 2024, torna a pronunciarsi sui delicati criteri per la valutazione delle esigenze cautelari, in particolare sul pericolo di recidiva. La decisione chiarisce come la gravità concreta di un reato, unitamente ai precedenti dell’indagato, possa costituire un fondamento solido per mantenere la misura della custodia in carcere, anche a distanza di tempo dai fatti contestati.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Genova, che applicava la custodia cautelare in carcere a un soggetto per concorso nei reati di acquisto e successiva cessione di 50 chilogrammi di cocaina, oltre all’offerta in vendita di un ingente quantitativo della stessa sostanza.

Il procedimento ha attraversato diverse fasi:
1. Il Tribunale del riesame confermava inizialmente l’ordinanza, escludendo però l’aggravante dell’ingente quantità.
2. Una prima sentenza della Corte di Cassazione annullava parzialmente la decisione, specificamente per il reato di acquisto della sostanza e per quello di offerta in vendita, rinviando gli atti al Tribunale di Genova per un nuovo esame.
3. In sede di rinvio, il Tribunale annullava l’ordinanza per i reati indicati dalla Cassazione, ma la confermava per il residuo reato di cessione di cocaina.

È contro quest’ultima decisione che l’indagato ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’indagato ha basato il ricorso su due motivi principali:

1. Inutilizzabilità degli Elementi Probatori

Il ricorrente lamentava la violazione di legge per l’asserita inutilizzabilità di dati informatici acquisiti dall’autorità giudiziaria francese e trasmessi a quella italiana. Questo motivo, tuttavia, è stato rapidamente liquidato dalla Corte.

2. Carenza delle Esigenze Cautelari

Il punto centrale del ricorso riguardava la ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari, in particolare del pericolo concreto e attuale di recidiva. La difesa sosteneva che:
– I fatti contestati risalivano al 2021.
– All’indagato non era stato contestato il reato associativo.
– I suoi presunti fornitori di droga si trovavano in carcere, rendendo di fatto impossibile la commissione di ulteriori illeciti.
– Il Tribunale avrebbe desunto il pericolo di reiterazione unicamente dalla gravità del reato, in violazione della normativa vigente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi proposti non consentiti o manifestamente infondati.

Sulla Gravità Indiziaria e il Giudicato Progressivo

La Corte ha innanzitutto chiarito che il primo motivo era inammissibile. Il giudice del rinvio era vincolato dalla precedente sentenza della Cassazione, che aveva annullato l’ordinanza solo per i reati di acquisto e offerta in vendita. Il reato di cessione, non essendo stato oggetto di annullamento, era coperto dal cosiddetto “giudicato progressivo”, e quindi la sua base probatoria non poteva essere nuovamente messa in discussione.

L’analisi delle Esigenze Cautelari e del Pericolo di Recidiva

Il cuore della sentenza risiede nella disamina del secondo motivo. La Corte ha stabilito che la valutazione del Tribunale era corretta e immune da vizi. Il concreto pericolo di reiterazione era stato desunto non in astratto, ma da elementi specifici:
I precedenti penali: l’indagato aveva già due precedenti per fatti analoghi (detenzione di elevati quantitativi di cocaina).
La gravità concreta del fatto: la legge (art. 274 c.p.p., come modificato nel 2015) vieta di desumere il pericolo dalla sola gravità del “titolo di reato” (es. “traffico di droga”), ma non impedisce di valutarlo sulla base della gravità del fatto nelle sue concrete manifestazioni. Le modalità e le circostanze del reato sono elementi essenziali per capire se la condotta è occasionale o sintomatica di una stabile inclinazione a delinquere.
L’attualità del pericolo: la Corte ha ribadito il suo orientamento secondo cui l’attualità del pericolo non richiede la prova di immediate opportunità di ricaduta. È sufficiente una valutazione prognostica basata sulla personalità del soggetto, sul contesto e sulle modalità del fatto. La distanza temporale dai fatti richiede una motivazione più approfondita, ma non esclude di per sé l’attualità del rischio.

Infine, la Corte ha definito irrilevante la circostanza che i fornitori dell’indagato fossero detenuti, poiché egli avrebbe potuto reiterare il reato “in diversi contesti e con altri soggetti”.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva deve essere ancorata a elementi concreti e specifici. La gravità del reato non va considerata in astratto, ma nelle sue specifiche modalità esecutive, che, insieme ai precedenti penali e alla personalità dell’indagato, possono delineare un quadro di pericolosità sociale concreto e attuale. La decisione sottolinea come l’applicazione di una misura così afflittiva come la custodia in carcere debba fondarsi su un’analisi approfondita e non su presunzioni, distinguendo nettamente tra la gravità del “titolo di reato” e quella, ben più significativa, del “fatto di reato”.

Per valutare il pericolo di recidiva, il giudice può basarsi sulla gravità del reato?
Sì, ma non sulla gravità astratta del tipo di reato. La valutazione deve fondarsi sulla gravità del fatto nelle sue concrete manifestazioni, analizzando le modalità e le circostanze specifiche della condotta per comprendere se essa sia sintomatica di una incapacità del soggetto di autolimitarsi.

La detenzione dei complici o fornitori di un indagato esclude il pericolo di reiterazione del reato?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa circostanza irrilevante, poiché l’indagato potrebbe reiterare il reato operando in contesti diversi e con altri soggetti.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una decisione solo in parte?
Le parti della decisione che non sono state oggetto di annullamento diventano definitive in base al principio del “giudicato progressivo”. Di conseguenza, il giudice del rinvio, che deve riesaminare il caso, non può più discutere i punti non annullati e deve limitare il suo giudizio solo alle parti per le quali è stato disposto l’annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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