Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9960 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BRUZZESE NOME
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nato a SIDERNO il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 13/11/2023 del TRIBUNALE DI GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 febbraio 2023 il G.i.p. del Tribunale di Genova applicava a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per concorso nei reati di acquisto e successiva cessione di 50 chilogrammi di cocaina
(capo 3 dell’imputazione provvisoria) e di offerta in vendita a terzi di un ingente quantitativo della medesima sostanza stupefacente (capo 5 -bis).
Con ordinanza del 26 maggio 2023 il Tribunale di Genova confermava l’ordinanza genetica, escludendo però la circostanza aggravante della ingente quantità contestata in entrambi i capi d’imputazione.
Con sentenza n. 43687 del 12 settembre 2023 la Sesta Sezione di questa Corte annullava l’ordinanza del Tribunale, «relativamente al reato di cui al capo 3 limitatamente al concorso del ricorrente nell’acquisto di 50 chilogrammi di sostanza stupefacente, nonché in relazione al reato di cui al capo 5 -bis», ritenendo assorbito il motivo relativo alle esigenze cautelari.
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, in sede di rinvio, il Tribunale di Genova annullava l’ordinanza del G.i.p. per il reato di acquisto di cocaina di cui al capo 3) e per quello contestato al capo 5 -bis), confermando l’applicazione della misura della custodia in carcere per il reato di cessione di cocaina di cui al capo 3).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, chiedendone l’annullamento in ragione di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. del codice di rito.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato rilievo della inutilizzabilità del contenuto dei dati contenuti in atti qualificati come “documenti informatici”, acquisiti dall’autorità giudiziaria francese e trasmessi dopo la “decriptazione” all’autorità giudiziaria italiana in esecuzione di un ordine di indagine europeo (0E1).
2.2. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, avuto riguardo alla concretezza e attualità del pericolo di recidiva.
L’imputazione attiene a un delitto fine dai modesti contorni con contestazione che si arresta all’anno 2021 e il Tribunale ha sottovalutato due aspetti fondamentali: all’indagato non è stato contestato il reato associativo e la carcerazione dei suoi due presunti fornitori di droga renderebbe impossibile la commissione di ulteriori condotte illecite da parte del ricorrente.
La concretezza e attualità del pericolo di reiterazione sono state illegittimamente desunte solo dalla gravità del fatto di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti o manifestamente infondati.
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Il primo motivo, inerente alla gravità indiziaria, non è consentito.
Il giudice del rinvio ha annullato l’ordinanza genetica in ordine ai due reati (acquisto di 50 chilogrammi di cocaina di cui al capo 3 e offerta in vendita di cocaina di cui al capo 5 -bis) per i quali la Sesta Sezione di questa Corte aveva annullato l’ordinanza del Tribunale e correttamente non ha considerato il diverso reato di cessione di cocaina contestato al capo 3 (l’unico per il quale l’indagato risulta ora cautelato in questo procedimento), in relazione al quale – come si evince chiaramente anche solo dal dispositivo sopra riportato – non vi era stato annullamento.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in materia di riesame delle misure cautelari, il giudice del rinvio ex art. 627 cod. proc. pen. è vincolato, al pari del giudice di merito, al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione ed è limitato, nell’indagine di merito devoluta, all’esame del capo o del punto della prima decisione attinto da annullamento, formandosi sul resto il giudicato progressivo (Sez. 6, n. 34127 del 06/07/2023, Lacatus Rv. 285159; Sez. 2, n. 16359 del 12/3/2014, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 261611; Sez. 2, n. 15757 del 01/04/2011, Crea, Rv. 249939; Sez. 4, n. 1733 del 13/03/2000, Skeya, Rv. 216480).
Il secondo motivo, inerente alle esigenze cautelari, è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha desunto il concreto pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie dai due precedenti penali per fatti analoghi (detenzione di elevati quantitativi di cocaina) nonché dalla gravità del fatto contestato, non elisa dalla mancata contestazione del reato associativo.
Sul secondo aspetto va ribadito che l’ultimo periodo della lettera c) dell’art. 274 cod. proc. pen., così come modificato dalla legge n. 47 del 2015, impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla sola gravità del “titolo di reato”, astrattamente considerato, ma non già dalla valutazione della gravità del fatto nelle sue concrete manifestazioni, in quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione che, investendo l’analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di una incapacità del soggetto di autolimitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Rv. 271522, COGNOME; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, COGNOME, Rv. 267798; Sez. 1, n. 45659 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 265168).
Inoltre, secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione
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del reato sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (v., ad es., Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, COGNOME, dep. 2021, Rv. 280566).
Risulta poi irrilevante la detenzione in carcere dei due fornitori di droga dell’indagato, enfatizzata dalla difesa, considerato che, evidentemente, egli potrebbe reiterare il reato in diversi contesti e con altri soggetti.
Va ricordato, in proposito, che i delitti “della stessa specie” di cui all’art. 274, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. sono non solo quelli che offendono il medesimo bene giuridico, ma anche le fattispecie criminose che, pur non previste dalla stessa disposizione di legge, presentano “uguaglianza di natura” in relazione al bene tutelato e alle modalità esecutive (Sez. 6, n. 47887 del 25/09/2019, I., Rv. 277392; Sez. 5, n. 52301 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268444; Sez. 3, n. 36319 del 05/07/2001, COGNOME, Rv. 220031).
4. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 15/02/2024.