Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11993 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11993 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Giffone il 24/09/1947 avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del Tribunale di Reggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso;
preso atto della rinuncia alla trattazione orale fatta pervenire dall’avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame, con ordinanza del 8 ottobre 2024, depositata il 10 ottobre 2024, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, in data 17 settembre 2024, ha respinto l’istanza di sostituire con la misura degli arresti domiciliari quella della custodia cautelare in carcere, applicata il 21 novembre 2022 in relazione al reato di cui all’ad: 416 bis cod. pen. quale reggente della ‘ndrina di Giffone, con contestazione aperta dal 10 ottobre 2015.
L’istanza di sostituzione si basa sul fatto che l’imputato ha compiuto settanta anni e che, pertanto, la misura della custodia cautela -e in carcere può essere disposta e mantenuta solo nel caso in cui le esigenze cautelari siano di eccezionale gravità che, nel caso di specie, difetterebbero ciò soprattutto
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considerato che l’attuale richiesta, diversamente da una precedentemente rigettata, si riferisce a un’abitazione in comune diverso da Giffone.
I giudici della cautela hanno valorizzato il rigetto valor zzando il ruolo apicale ricoperto dal ricorrente e il fatto che lo stesso avrebbe commesso alcune delle condotte ascritte in epoca successiva al compimento del settantesimo anno di età.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di eccezionali esigenze cautelari evidenziando che il giudice della cautela non avrebbe adeguatamente e correttamente considerato la situazione concreta e, soprattutto, il fatto che il domicilio dove sarebbe eseguita la misura è diverso e distante dal luogo di commissione dei reati. Del tutto inesistente, poi, sarebbe la motivazione quanto alla possibilità di eseguire la misura con l’applicazione del braccialetto elettronico.
In data 19 novembre 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME che chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza anche nel caso di esecuzione della misura in regime di arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
La doglianza è infondata.
2.1. L’art. 275 cod. proc. pen. pone i criteri cui il giudice deve fare riferimento per la scelta della misura da applicare imponendo al giudice di tenere conto della specifica idoneità di ogni misura in relazione al grado e alla natura delle esigenze cautelari che si devono tutelare in concreto.
Sempre in generale, d’altro canto, si prevede che la misura deve essere proporzionata alla gravità del fatto e all’entità della sanzione per questo prevista ovvero irrogata.
La stessa norma, poi, regola alcune situazioni specifiche.
Sia stabilendo al comma 2 bis il divieto di applicare la misura della custodia cautelare in carcere o gli arresti domiciliari quando si prevede che con la
sentenza di condanna possa essere concessa la sospensione c ndizionale della pena, ovvero il divieto di disporre la custodia cautelare in carce e se si prevede che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni.
Sia prevedendo al comma 3 delle presunzioni di maggiore pericolosità per alcune categorie di reati, per cui la misura che si ritiene adeguata in presenza delle esigenze cautelari e sempre quella della custodia cautelare in carcere.
Sia prevedendo al comma 4 delle presunzioni di minore pericolosità per le donne incinte, le madri di prole con età inferiore a sei anni è per i soggetti ultrasettantenni, persene nei confronti delle quali la misura p ù afflittiva può esser disposta solo nel caso in cui le esigenze siano di eccezionale rilevanza.
Sia, infine, nei commi 4 bis e seguenti, prevedendo delle particolari condizioni nel caso in cui gli indagati/imputati siano affetti da AIDS conclamata ovvero da altre malattie particolarmente gravi per cui le condizioni di salute sono incompatibili con il regime carcerario e non ci sono idonee strutture sanitarie penitenziarie.
2.2. Nell’ipotesi in cui le due opposte presunzioni concorrano, la presunzione di minore gravità delle esigenze contenuta nell’art. 274, comma 4, cod. proc. pen., che esclude l’applicabilità della custodia in carcere nei confronti di determinate categorie di persone, prevale su quella di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza esclusiva della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. (in questo senso Sez.1, n. 15911 del 19/03/2015, Caporrimo, Rv. 263088-01).
Anche in tale caso, quindi, il mantenimento dello stato di custodia carceraria presuppone la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e a queste il giudice, che pure deve considerare la peculiarità della situazione, è tenuto a fare riferimento, sia in fase di applicazione della misura che nel corso dell’esecuzione della stessa.
La giurisprudenza di legittimità, come correttamente evidenziato dal Procuratore generale, ha stabilito da tempo le coordinate esegetiche in ordine alla nozione di “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza” che devono giustificare la scelta della misura cautelare carceraria in questa situazione.
In base all’interpretazione di questa Corte le esigenze cautelari richieste dall’art. 275, comma 4, c.p.p. si distinguono da quelle ordinarie per il grado del pericolo, che, nel caso sia di reiterazione, deve essere di grado tale da risultare prossimo alla “certezza” che l’indagato, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continui nella commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede (Sez.6, n. 7983 del 01/02/2017, Rotunno, Rv. 269167 – 01).
Il giudice, quindi, così come avviene per le ordinarie esigenze cautelari, deve prendere le mosse da elementi certi, specifici e attuali, desunti dagli ordinari “indici rivelatori” previsti dall’art. 274 c.p.p., cioè dalle specifich modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’indagato o imputato, e verificare se questi evidenziano in concreto un “eccezionale, oggettivo pericolo che deriverebbe alla comunità sociale dallo stato di libertà del soggetto.” (Sez. 6, n. 12754/2017, COGNOME, Rv. 269386 -01; Sez. 1, n. 11965 del 13/02/2003, COGNOME, Rv. 224668 – 01).
In tale valutazione, d’altro canto, proprio per la specificità che hanno con il giudizio da formulare, assumono uno rilevo significativo la sussistenza e la quantità di precedenti penali e giudiziari per delitti della stessa specie e, ancora il fatto che l’indagato/imputato ha commesso reati anche in costanza di arresti domiciliari o di altra misura gradata (Sez.6, n. 7983/2017, Rotunno, Rv. 269167 – 01). Ciò soprattutto quando opera anche la presunzione di maggiore pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
2.2. Nel caso in esame, nel quale il ricorrente ha compiuto in corso di esecuzione della misura il settantesimo anno e opera anche la presunzione di maggiore pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il Tribunale si è conformato ai principi indicati.
Entrambi i giudici di merito, infatti, dato conto che l’art. 275, comma 4, cod. proc. pen. fa derivare dal compimento del settantesimo anno una presunzione di ridotta pericolosità sociale, hanno proceduto a una concreta valutazione circa la consistenza delle esigenze cautelari e la conclusione cui sono pervenuti nei termini della eccezionale rilevanza delle stesse risulta corretta.
La motivazione, d’altro canto, con gli specifici e puntuali riferimenti alla posizione ricoperta dal ricorrente nell’ambito del clan (indicato come reggente della `ndrina di Giffone), alla precedente condanna definitiva per il medesimo reato da cui è gravato (pronuncia in cui è stato ritenuto in possesso della dote di “Santa” nell’ambito del sodalizio criminale) e alla commissione di condotte criminose anche in epoca successiva al compimento dei settanta anni, rende adeguato conto della sostanziale certezza raggiunta circa il pericolo che il ricorrente, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia – in carcere, continui nella commissione dei delitti della stessa specie di quello per cui si procede e questa, pertanto, pure in virtù del riferimento a quanto già evidenziato da questa Corte (Sez. 1, n. 32485 del 4/7/2024, Mandagli°, n.m.), non è sindacabile in questa sede.
Avendo lo stesso Tribunale, d’altro canto, dato anche atto di avere pure considerato l’elemento di novità introdotto dalla difesa circa la possibilità di applicare la misura gradata degli arresti domiciliari, motivatamente ritenuta
inidonea a garantire la tutela delle eccezionali esigenze cautelarli correttamente ritenute e ciò anche con il braccialetto elettronico, che all’evidenza e per le medesime ragioni, risulta inadeguata a impedire che il ricorrente continui a impartire ordini ai subordinati e a percepire i profitti delle attività illecite.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso Roma 6 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE