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Esigenze cautelari eccezionali per ultrasettantenni

La Cassazione conferma il carcere per un ultrasettantenne accusato di essere a capo di un clan mafioso, rigettando la richiesta di arresti domiciliari. La Corte ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari eccezionali, data la sua posizione di vertice, i precedenti specifici e la continuità dell’attività criminale anche dopo i 70 anni, rendendo inadeguata ogni altra misura.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari Eccezionali: Carcere per Ultrasettantenni

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un tema delicato nel diritto processuale penale: la compatibilità tra l’età avanzata di un imputato e la misura della custodia cautelare in carcere, specialmente in contesti di criminalità organizzata. La decisione chiarisce quando le esigenze cautelari eccezionali possono prevalere sulla presunzione di ridotta pericolosità legata all’età, confermando la detenzione per un soggetto di oltre settant’anni accusato di essere al vertice di un clan mafioso.

Il Fatto: la Richiesta di Arresti Domiciliari per un Presunto Capo Clan

Il caso riguarda un uomo di oltre settant’anni, in custodia cautelare in carcere dal 2022 con l’accusa di essere il reggente di una ‘ndrina, un reato previsto dall’art. 416 bis del codice penale. In virtù del superamento dei settant’anni, la sua difesa ha richiesto la sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari.

La legge, infatti, prevede una tutela particolare per gli ultrasettantenni, stabilendo che la custodia in carcere possa essere disposta o mantenuta solo in presenza di esigenze cautelari eccezionali. L’istanza, già respinta dal Giudice per le Indagini Preliminari e dal Tribunale del Riesame, è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. La difesa ha sostenuto l’insussistenza di tali esigenze eccezionali, proponendo l’esecuzione degli arresti domiciliari in un luogo distante da quello di presunta commissione dei reati e con l’ausilio del braccialetto elettronico.

La Decisione e le esigenze cautelari eccezionali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione e nell’applicazione del concetto di esigenze cautelari eccezionali. La Corte ha riconosciuto che la legge stabilisce una presunzione di attenuata pericolosità per gli ultrasettantenni (art. 275, comma 4, c.p.p.), che prevale sulla presunzione opposta di elevata pericolosità legata a reati di mafia (art. 275, comma 3, c.p.p.).

Tuttavia, questa tutela non è assoluta. Per superarla, il giudice deve compiere una valutazione concreta e rigorosa, dimostrando che il pericolo di reiterazione del reato è talmente elevato da rasentare la certezza.

Le Motivazioni della Corte

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che tale livello di pericolo fosse ampiamente dimostrato. La motivazione si fonda su tre pilastri:

1. Ruolo Apicale: L’imputato non era un semplice affiliato, ma rivestiva il ruolo di ‘reggente’ del clan, una posizione di comando che gli consentirebbe di impartire ordini e gestire attività illecite anche a distanza.
2. Precedenti Specifici: L’uomo aveva già riportato una condanna definitiva per lo stesso reato, a dimostrazione di una persistente e radicata appartenenza al sodalizio criminale.
3. Condotte Post Settantesimo Anno: È stato accertato che alcune delle condotte criminose contestate erano state commesse anche dopo il compimento dei settant’anni, smentendo di fatto la presunzione di una ridotta pericolosità legata all’età.

Questi elementi, valutati complessivamente, hanno portato la Corte a concludere che nessuna misura diversa dal carcere, inclusi gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico in un luogo lontano, sarebbe stata idonea a neutralizzare la sua pericolosità sociale. Il braccialetto elettronico, in particolare, è stato ritenuto inefficace a impedire la comunicazione e la gestione delle attività criminali.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la tutela prevista per gli ultrasettantenni non costituisce un’immunità dalla custodia in carcere. Sebbene la legge presuma una pericolosità attenuata, questa presunzione può essere superata da una motivazione rafforzata che dimostri, sulla base di elementi concreti e specifici come il ruolo di vertice e la persistenza nel crimine, l’esistenza di esigenze cautelari eccezionali. La decisione sottolinea come, in contesti di criminalità organizzata, la capacità di delinquere non sia necessariamente legata alla forza fisica o alla presenza sul territorio, ma piuttosto al carisma criminale e alla capacità di impartire ordini, elementi che la detenzione domiciliare non è in grado di recidere.

Un imputato con più di settanta anni può essere tenuto in custodia cautelare in carcere?
Sì, ma solo se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La legge prevede una presunzione di ridotta pericolosità per gli ultrasettantenni, ma questa può essere superata da una valutazione concreta del giudice che dimostri un pericolo di reiterazione del reato prossimo alla certezza.

Cosa si intende per ‘esigenze cautelari di eccezionale rilevanza’ nel contesto di un ultrasettantenne?
Si tratta di un pericolo particolarmente intenso e concreto che l’imputato, se non detenuto in carcere, continui a commettere delitti della stessa specie. Secondo la giurisprudenza citata, questo pericolo deve essere così elevato da risultare quasi una ‘certezza’, basata su elementi specifici come il ruolo apicale in un’associazione criminale, precedenti penali specifici e la commissione di reati anche in età avanzata.

Il braccialetto elettronico e gli arresti domiciliari in un luogo lontano sono sufficienti a contenere la pericolosità di un capo clan ultrasettantenne?
No, secondo la Corte in questo caso specifico. La motivazione della sentenza ha ritenuto tali misure inadeguate a impedire che il ricorrente continuasse a impartire ordini ai suoi subordinati e a percepire i profitti delle attività illecite, data la sua posizione di vertice e la sua radicata pericolosità criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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