Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7777 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7777 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato a Favara il 29/04/1954 avverso l’ordinanza del 12/09/2024 del Tribunale di Palermo udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME sentite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso. udito l’avv. NOME COGNOME, quale sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME conclude insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, Sezione per il riesame, con ordinanza del 12 settembre 2024, depositata il 17 settembre 2024, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Palermo, in data 2 agosto 2024, ha respinto l’istanza di sostituire con la misura degli arresti domiciliari quella della custodia cautelare in carcere, applicata il 2 febbraio 2021 in relazione al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., commesso dal marzo 2004.
NOME COGNOME è stato sottoposto a processo per il reato per il quale è applicata la misura cautelare e in primo grado, all’esito del giudizio abbreviato, è stato condannato alla pena di anni diciassette e mesi 4 di reclusione.
.i.
L’istanza di sostituzione si basa sul fatto che l’imputato ha compiuto settanta anni e che, pertanto, la misura della custodia cautelare in carcere può essere disposta e mantenuta solo nel caso in cui le esigenze cautelari siano di eccezionale rilevanza.
La Corte di appello, prima, ha respinto l’istanza e il Tribunale del riesame, poi, ha rigettato l’appello ritenendo che tali esigenze siano evincibili dalla gravit del reato in esecuzione (la partecipazione all’associazione con ruolo di particolare rilievo dall’anno 2004 alla data della sentenza di primo grado, o comunque al 2021, quanto è stata eseguita la misura cautelare), dalla precedente condanna per analogo reato (commesso dal 2002 al 2004), dalla sottoposizione a una misura di prevenzione e dalla condanna per il reato conseguente alla violazione della misura di prevenzione disposta.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza in quanto queste non emergerebbero dagli elementi acquisiti e la conclusione non potrebbe essere, come avvenuto, fondata esclusivamente sulla gravità del reato.
In data 11 novembre 2024 è pervenuta in cancelleria una memoria con la quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
La doglianza è infondata.
2.1. L’art. 275 cod. proc. pen. pone i criteri cui il giudice deve far riferimento per la scelta della misura da applicare imponendo al giudice di tenere conto della specifica idoneità di ogni misura in relazione al grado e alla natura delle esigenze cautelari che si devono tutelare in concreto.
Sempre in generale, d’altro canto, si prevede che la misura deve essere proporzionata alla gravità del fatto e all’entità della sanzione per questo prevista ovvero irrogata.
La stessa norma, poi, regola alcune situazioni specifiche.
Sia stabilendo al comma 2 bis il divieto di applicare la misura della custodia cautelare in carcere o gli arresti domiciliari quando si prevede che con la sentenza di condanna possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, ovvero il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere se si prevede che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni.
Sia prevedendo al comma 3 delle presunzioni di maggiore pericolosità per alcune categorie di reati, per cui la misura che si ritiene adeguata in presenza delle esigenze cautelari e sempre quella della custodia cautelare in carcere.
Sia prevedendo al comma 4 delle presunzioni di minore pericolosità per le donne incinte, le madri di prole con età inferiore a sei anni e per i soggetti ultrasettantenni, persene nei confronti delle quali la misura più afflittiva può esser disposta solo nel caso in cui le esigenze siano di eccezionale rilevanza.
Sia, infine, nei commi 4 bis e seguenti, prevedendo delle particolari condizioni nel caso in cui gli indagati/imputati siano affetti da AIDS conclamata ovvero da altre malattie particolarmente gravi per cui le condizioni di salute sono incompatibili con il regime carcerario e non ci sono idonee strutture sanitarie penitenziarie.
2.2. Nell’ipotesi in cui le due opposte presunzioni concorrano, la presunzione di minore gravità delle esigenze contenuta nell’art. 274, comma 4, cod. proc. pen., che esclude l’applicabilità della custodia in carcere nei confronti di determinate categorie di persone, prevale su quella di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza esclusiva della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. (in questo senso Sez.1, n. 15911 del 19/03/2015, Caporrimo, Rv. 263088-01).
Anche in tale caso, quindi, il mantenimento dello stato di custodia carceraria presuppone la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e a queste il giudice, che pure deve considerare la peculiarità della situazione, è tenuto a fare riferimento, sia in fase di applicazione della misura che nel corso dell’esecuzione della stessa.
La giurisprudenza di legittimità, come correttamente evidenziato dal Procuratore generale, ha stabilito da tempo le coordinate esegetiche in ordine alla nozione di “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza” che devono giustificare la scelta della misura cautelare carceraria in questa situazione.
In base all’interpretazione di questa Corte le esigenze cautelari richieste dall’art. 275, comma 4, c.p.p. si distinguono da quelle ordinarie per il grado del
pericolo, che, nel caso sia di reiterazione, deve essere di grado tale da risultare prossimo alla “certezza” che l’indagato, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continui nella commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede (Sez.6, n. 7983 del 01/02/2017, Rotunno, Rv. 269167 – 01).
Il giudice, quindi, così come avviene per le ordinarie esigenze cautelari, deve prendere le mosse da elementi certi, specifici e attuali, desunti dagli ordinari “indici rivelatori” previsti dall’art. 274 c.p.p., cioè dalle specif modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’indagato o imputato, e verificare se questi evidenziano in concreto un “eccezionale, oggettivo pericolo che deriverebbe alla comunità sociale dallo stato di libertà del soggetto.” (Sez. 6, n. 12754/2017, Gattuso, Rv. 269386 -01; Sez. 1, n. 11965 del 13/02/2003, COGNOME, Rv. 224668 – 01).
In tale valutazione, d’altro canto, proprio per la specificità che hanno con il giudizio da formulare, assumono unii rilevo significativo la sussistenza e la – quantità di precedenti penali e giudiziari per delitti della stessa specie e, ancora il fatto che l’indagato/imputato ha commesso reati anche in costanza di arresti domiciliari o di altra misura gradata (Sez.6, n. 7983/2017, Rotunno, Rv. 269167 – 01). Ciò soprattutto quando opera anche la presunzione di maggiore pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
2.2. Nel caso in esame, nel quale il ricorrente ha compiuto in corso di esecuzione della misura il settantesimo anno e opera anche la presunzione di maggiore pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il Tribunale si è conformato ai principi indicati.
Entrambi i giudici di merito, infatti, dato conto che l’art. 275, comma 4, c.p.p. fa derivare dal compimento del settantesimo anno una presunzione di ridotta pericolosità sociale, hanno proceduto a una concreta valutazione circa la consistenza delle esigenze cautelari e la conclusione cui sono pervenuti nei termini della eccezionale rilevanza delle stesse risulta corretta.
La motivazione, d’altro canto, con gli specifici e puntuali riferimenti alla posizione ricoperta dal ricorrente nell’ambito del clan dall’anno 2004 al 2021, alla precedente condanna per la partecipazione alla medesima associazione dall’anno 2002 all’anno 2004 e, soprattutto, alla condanna per la violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale disposta, rende adeguato conto della sostanziale certezza raggiunta circa il pericolo che il ricorrente, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continui nella commissione dei delitti della stessa specie di quello per cui si procede e non è pertanto sindacabile in questa sede.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagame delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso Roma 29 novembre 2024