Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43177 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43177 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del Tribunale di Reggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
u.ciik+o 1 E=1:1:13 il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarars l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avvocato AVV_NOTAIO COGNOME del foro di PALMI, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza di accoglimento parziale adottata dal Tribunale di Reggio Calabri sez. riesame, in data 20 dicembre 2023 veniva annullata nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia cautelare in carcere per il reato di cu capo B) dell’originaria imputazione (per esclusione dell’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen. e contestuale mancato superamento del limite di cinque anni del massim edittale ex articolo 280, comma 2, cod. proc. pen.), mentre veniva confermata la misura cautelare in carcere relativamente al solo reato di cui al capo A), os delitto di cui agli articoli 81, 110, 629, primo comma, 416-bis.1 cod. pen., per avvenuti dal 2003 al 2021.
La difesa dell’COGNOME, in data 11 aprile 2024, proponeva istanza di sostituzione della misura applicata ai sensi dell’articolo 275, comma 4, cod. proc. pen., rilevando come l’istante avesse superato i settanta anni di età anagrafica e non sussistessero, nel caso di specie, le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Il G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, conformemente al parere reso dalla locale Procura, rigettava l’istanza rilevando come fossero sussistenti, nel caso di specie, le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza previste dalla norma citata.
In data 22/05/2024, la difesa dell’indagato proponeva appello ex articolo 310 cod. proc. pen. contro il predetto provvedimento, appello che veniva rigettato dal Tribunale reggino con ordinanza del 18 giugno 2024.
Avverso quest’ultimo provvedimento NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione, formulando un unico motivo per cui chiede l’accoglimento del ricorso e i conseguenti provvedimenti di legge.
In particolare, eccepisce ex art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e) cod. proc. pen. la violazione di legge in relazione agli artt. 274 e 275, comma 4, cod. proc. pen., nonché il vizio della motivazione, ritenuta mancante o meramente apparente. Rileva che la misura cautelare disposta nei confronti di NOME COGNOME riguarda condotte estorsive che si sono interrotte nel 2021, e la sua adesione ad un’associazione di stampo mafioso si protrae solo fino al 2011, peraltro nella veste di mero partecipe e non di promotore o organizzatore, come, invece, erroneamente ritenuto dai giudici del Tribunale del riesame, che su tale presupposto hanno in parte basato le loro valutazioni. Di tal che risulterebbe evidente, ad avviso della difesa, che la prognosi espressa dall’ordinanza impugnata in ordine alle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza non avrebbe adeguatamente tenuto conto della mancanza di attualità delle condotte poste alla base del prospettato pericolo di reiterazione di reati. Evidenzia, altresì, che non emergerebbero dagli atti altri elementi da cui desumere il pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie; evidenzia, inoltre, che riguardo al reato di cui al capo B) è stato lo stesso Tribunale di Reggio Calabria ad escludere l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., con ciò rendendo evidente che le azioni illecite contestate al ricorrente fossero avulse da qualsivoglia rilievo di natura mafiosa. Infine, contesta l’assunto secondo cui apparirebbe «….certo che l’COGNOME, se sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, anche con l’applicazione del mezzo di controllo elettronico, commetterà ulteriori reati della stessa indole di quello per cui si procede», trattandosi d conclusioni del tutto sganciate da elementi attuali e concreti, tipiche di affermazioni congetturali e del tutto stereotipate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, perciò, essere rigettato per le ragioni di seguito esposte.
In primo luogo quanto alla valutazione delle esigenze di eccezionale rilevanza di cui all’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., giova ricordare, in termini generali, i principi espressi, anche di recente, dalla Suprema Corte, secondo cui «Ai fini della applicazione della custodia in carcere ai soggetti che si trovino nelle condizioni indicate nell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., il giudizio sull’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari non può fondarsi esclusivamente sulle modalità della condotta e sulla gravità del reato commesso, ma richiede una complessa valutazione, che tenga conto dei precedenti penali e delle pendenze giudiziarie dell’indagato, atta a raggiungere la certezza che lo stesso, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, prosegua nella commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede» (così Sez.1, n.20045 del 21/03/2024, Rv.286535-01; si veda anche Sez.6, n.7983 del 01/02/2017, Rv.269167-01).
2.1. Nel caso di specie, il Collegio rileva che l’ordinanza impugnata si è attenuta ai suddetti principi ermeneutici, non limitandosi solo alla valutazione dell’estrema gravità del reato estorsivo per cui è stata disposta la misura custodiale in carcere, derivante in primo luogo dal fatto che l’estorsione si è protratta per ben diciotto anni, ma svolgendo un giudizio complesso circa l’effettiva pericolosità del ricorrente. A tal riguardo, infatti, sono stati evidenziati in motivazione una serie di fatti molto significativi, in particolare che: nei confronti di NOME COGNOME sono state irrogate nel corso del tempo ben due condanne per il reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso; che il delitto per cui è stata emessa la misura de qua si è protratto anche nei lunghi periodi di detenzione del ricorrente, a riprova del fatto che anche il regime detentivo non era stato sufficiente a far scemare il timore suscitato in capo alle persone offese; che anche il reato contestato al capo B) dell’imputazione provvisoria, pur non costituendo titolo cautelare a seguito di accoglimento parziale dell’istanza di riesame, era stato commesso quando l’COGNOME era ristretto in carcere, in particolare, impartendo specifiche direttive ai propri stretti parenti, i quali eseguivano pedissequamente quanto richiesto loro; che in tempi passati il ricorrente era stato più volte sottoposto a misure di prevenzione, a riprova della sua non comune pericolosità
sociale, misure che peraltro erano state anche violate dal sottoposto in due occasioni; che lo stesso ricorrente è stato ritenuto responsabile, nel corso della sua vita, di numerosi reati in materia di stupefacenti, di armi, di delitti contro l persona, contro il patrimonio e contro la giustizia, tutti analiticamente indicati nel casellario giudiziale al quale è stato fatto integrale rinvio nell’ordinanza impugnata. Il Tribunale del riesame ha, dunque, motivato in maniera puntuale e specifica senza incorrere in vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà, ritenendo che in ragione dei molteplici indici rivelatori elencati nell’ordinanza si poteva affermare la sussistenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, peraltro, in conformità con quanto già ritenuto dal G.I.P. di Reggio Calabria.
La difesa ha eccepito l’erronea affermazione circa la pregressa condanna di NOME COGNOME nel ruolo di soggetto apicale all’interno dell’associazione mafiosa di appartenenza, mentre dalla sentenza allegata al ricorso emerge che egli era stato riconosciuto come mero partecipe del sodalizio criminoso. Tuttavia, tale errore non inficia la tenuta logico-giuridica del provvedimento impugnato, perché, come detto, il giudizio espresso dal Tribunale è stato compiuto tenendo conto di una molteplicità di elementi sintomatici di evidente spessore prognostico, il cui giudizio complessivo non muta per il solo fatto che il ricorrente fosse stato ritenuto mero partecipe anziché organizzatore o dirigente dell’organizzazione mafiosa a cui aderiva, né il motivo di ricorso offre ragioni valide per sostenere che il suddetto errore risulti decisivo al fine di ribaltare il giudizio ex art. 275, comma 4, cod. proc. pen.
Va, infine, rilevato che l’ordinanza in più passaggi ha sottolineato che le vicende penali di NOME COGNOME si sono caratterizzate per aver questi commesso reati anche nei lunghi periodi di detenzione, tramite direttive impartite a terzi per lo più a parenti stretti, circostanza che rende evidente da un lato lo spessore criminale del ricorrente, mai scemato nel tempo, e dall’altro la ragionevole certezza che ogni altra misura cautelare meno afflittiva della custodia in carcere sarebbe facilmente elusa. Anche sotto questo profilo, l’ordinanza impugnata risulta adeguatamente motivata, né risultano sussistere le violazioni di legge genericamente dedotte dal ricorrente che in realtà celano mere eccezioni motivazionali.
Per le considerazioni sin qui esposte si rigetta il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mandando, di conseguenza, alla cancelleria di provvedere agli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att., cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att., cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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