Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20690 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 11/05/1985
avverso l’ordinanza del 02/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso, come da requisitoria già depositata;
udito l’avvocato COGNOME del foro di CATANIA, in difesa di COGNOME che conclude chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 dicembre 2024 il Tribunale del riesame di Catania, procedendo ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato quella con cui il locale Giudice per le indagini preliminari ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo, aggravati perché commessi al fine di agevolare l’attività di un’associazione mafiosa.
NOME COGNOME propone, con il ministero dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento a concretezza ed attualità delle esigenze cautelari ed alla possibilità di salvaguardarle mediante l’applicazione di una misura meno afflittiva.
Osserva, al riguardo, che, essendo stata la condotta in contestazione, risalente al dicembre del 2020, quasi immediatamente accertata dalle forze dell’ordine, l’omessa promozione, per quasi quattro anni, di iniziative di natura cautelare confligge con le considerazioni poste a fondamento dell’ordinanza impugnata in relazione alla gravità della vicenda – concernente una pistola le cui caratteristiche sono, peraltro, rimaste ignote – ed alla sua personalità.
Ascrive, sotto altro, concorrente, aspetto, al Tribunale del riesame di avere desunto la sua pericolosità sociale da elementi investigativi relativi a fatti per i quali il Giudice per le indagini preliminari ha disatteso la richiesta di applicazione di misura cautelare avanzata a suo carico in ragione della carenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
Preliminarmente, è opportuno ricordare che, in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica di sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: in particolare, il controllo di legittimità non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori.
Di conseguenza, non possono ritenersi ammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono, in realtà, nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito: ove sia, dunque, denunciato il vizio di motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte di legittimità deve controllare essenzialmente se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare il vaglio delle risultanze probatorie (sull’argomento, cfr. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 1, n. 50466 del 15/06/2017, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460).
3. Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha debitamente illustrato, con motivazione completa ed esaustiva, le ragioni che lo hanno indotto a ritenere la sussistenza del prescritto quadro di gravità indiziaria – che, in questa sede, non è oggetto di contestazione – in ordine alla detenzione ed al porto in luogo pubblico, in capo a NOME COGNOME, della pistola che egli ha utilizzato, 1’11 dicembre 2020, in occasione del diverbio intercorso con NOME COGNOME nel corso del quale egli ha esploso almeno un colpo.
I giudici catanesi hanno, altresì, spiegato che l’episodio, lungi dal trarre spunto da contrapposizioni di natura personale, si inquadra nel contesto dei contrasti interni ai clan mafiosi stanziati su quel territorio e, in particolare, tra quello dei COGNOME, al quale COGNOME è ritenuto contiguo, e quello dei COGNOME, cui COGNOME, per ragioni familiari, è vicino, ciò che, hanno affermato, supporta, allo stato, la contestazione dell’aggravante speciale.
Il Tribunale del riesame non ha mancato, ancora, di precisare che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere, applicabile a cagione del titolo di reato, non è superata dalle allegazioni del ricorrente, imperniate, in primis, sul decorso, tra la commissione dei reati oggetto di addebito e la sottoposizione alla misura cautelare, di un ampio torno di tempo, circostanza che, tuttavia, non tranquillizza in ordine alla persistente propensione criminale di COGNOME che, si legge nell’ordinanza impugnata, ha continuato ad operare in ambienti dediti al narcotraffico quantomeno sino alla chiusura dell’attività investigativa, avvenuta alla fine del 2022, dimostrandosi particolarmente attivo e capace di agire con la necessaria professionalità.
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La coerenza logica delle considerazioni svolte non risulta, d’altro canto, sminuita dall’omessa applicazione della misura cautelare in relazione ad ulteriori
fattispecie criminose, dato in questa sede irrilevante perché non idoneo, in sé – ed in quanto non accompagnata da elementi che inducano a dubitare della
correttezza, in fatto, delle asserzioni esplicitate dal Tribunale del riesame – a contraddire il ragionamento sotteso alla decisione impugnata.
Ad ulteriore confutazione delle doglianze articolate dal ricorrente, va, infine, segnalato come il Tribunale del riesame abbia ritenuto la sussistenza, in positivo
e, dunque, a prescindere dalla presunzione di legge, di «plurimi elementi indicativi della sussistenza di un pericolo di recidiva concreto ed attuale» e concluso nel
senso che «la natura dei fatti commessi dall’odierno ricorrente, realizzati con modalità allarmanti e sintomatiche di specifica professionalità ed il contesto di
relazioni interpersonali in cui lo stesso risulta inserito lasciano ragionevolmente presumere un pericolo, oltremodo serio, concreto e attuale, che, ove rimesso in
libertà o sottoposto a una misura meno afflittiva, il COGNOME possa ritornare a delinquere, ponendo in essere condotte analoghe a quelle per cui si procede».
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.. Così deciso il 05/03/2025.