Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15095 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15095 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Spilinga il DATA_NASCITA, avverso la ordinanza del 15/06/2023 emessa dal Tribunale della Libertà di Catanzaro;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentito il AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO, che in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME e dell’avvocato NOME COGNOME, in difesa di NOME COGNOME e insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 15 giugno 2023 il Tribunale di Catanzaro ha confermato la misura cautelare degli arresti donniciliari applicata a NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in relazione ai reati ex artt. 110, 81 comma, 629 e 416-bis 1 cod. pen. descritti nelle imputazioni
provvisorie (capo 38) per avere concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’estorsione aggravata in danno di NOME COGNOME, costringendo la vittima a versare loro una somma di denaro da destinare agli esponenti della cosca con il pretesto di compensare il debito maturato da COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, così procurando un ingiusto profitto con altrui danno, prescindendo dall’intenzione della vittima.
Nel ricorso e nei motivi nuovi presentati dai difensori di COGNOME si chiede l’annullamento dell’ordinanza.
2.1. GLYPH Con il primo motivo di ricorso’ si deducono violazione della legge e vizio della motivazione per avere il Tribunale escluso una mancanza di autonoma valutazione da parte del Giudice delle indagini preliminari rispetto alla richiesta di misura cautelare senza confrontarsi con le argomentazioni del ricorrente, ma limitandosi a definirle generiche.
2.2. GLYPH Con il secondo motivo del ricorso e con il primo dei motivi nuovi si deducono violazione della legge e vizio della motivazione nel ravvisare gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME, sulla base del solo contenuto di una intercettazione del 24 ottobre 2019, nonostante l’assenza di qualsiasi riscontro circa la presenza dell’indagato a tutte le trattative e la non corretta identificazione di tutti gli interlocutori.
In particolare, si osserva che l’ordinanza non ha motivato correttamente circa il contributo concorsuale che il COGNOME avrebbe fornito alla estorsione in danno di NOME COGNOME. Si assume che l’espressione «C:apo del Crimine da quella parte» (quale rappresentate di NOME COGNOME), pronunciata da COGNOME fu in realtà rivolta a un tale «NOME» (non meglio identificato) e non a COGNOME (sino a quel momento, e anche dopo, individuato sempre dai presenti con l’appellativo di «Professore»), al quale COGNOME raccontò la vicenda oggetto di controversia così smentendo che COGNOME ne fosse già edotto. Si osserva che è solo una congettura che COGNOME avesse partecipato agli incontri volti a dirimere la controversia quale rappresentante della associazione criminale e non, invece, come amico di COGNOME. Sulla base dei contenuti delle conversazioni, vengono sviluppate argomentazioni a sostegno dell’assunto che la richiesta ritenuta estorsiva si era cristallizzata senza che si richiedesse un apporto di COGNOME, tanto più che COGNOME aveva ormai accettato di pagare le somme da lui dovute.
2.3. Con il terzo motivo dei motivi di ricorso e con il secondo dei motivi nuovi, si deducono violazione della legge e vizio della motivazione circa le esigenze cautelari, ricavate dall’inserimento del ricorrente – che è un incensurato, professore in pensione, con regolare attività lavorativa nel settore dell’allevamento dei bovini – in ambienti delinquenziali, nonostante la mancata
contestazione del reato associativo e l’episodicità della condotta, che dovrebbero condurre a escludere ex se il pericolo di recidiva;
2.4. GLYPH Con il quarto motivo di ricorso, si deducono violazione della legge e vizio della motivazione nel ravvisare l’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va ribadito che il ricorrente per cassazione che deduce la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti dell motivazione in relazione ai quali tale omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, COGNOME, Rv. 277496; Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274760) e di allegare al ricorso non solo il provvedimento, ma anche la richiesta del pubblico ministero, entrambi nella loro integralità, per consentire il vaglio dell’eccezione in sede di legittimi (Sez. 3, n. 57524 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 274704).
Nessuno dei due oneri è stato adempiuto dal ricorrente.
Peraltro, nel caso in esame, il Tribunale non si è limitato a rilevare la genericità delle prospettazioni difensive ma ha concretamente accertato che il Giudice per le indagini preliminari non ha acriticamente aderito alla richiesta della Pubblico ministero, perché ha analizzato attentamente e rielaborato i dati acquisiti, ha autonomamente valutato i graví indizi – escludendoli per alcuni dei coindagati – e le esigenze cautelari – in alcuni casi applicando misure diverse da quelle richieste dal Pubblico ministero (p. 3-4, non numerate, dell’ordinanza impugnata).
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Nell’ordinanza impugnata è ricostruita la vicenda che diede origine alla controversia fra i COGNOME (esponenti della cosca ‘ndranghetista egemone nel territorio di NOMErno) e NOME COGNOME. Al riguardo, il Tribunale ha considerato che dai contenuti delle conversazioni intercettate emerge che COGNOME partecipò a alcuni incontri per dare una soluzione alla vicenda (in particolare quello in cui NOME COGNOME definì come spartire il denaro fra í vari esponenti dei gruppi criminali) e poi fu presente alla consegna del denaro da parte della vittima ai due esponenti della locale di COGNOME (p. 5-7).
Dopo aver analizzato fatti rilevanti ai fini della contestazione, il Tribunale ha puntualizzato che dalle intercettazioni ambientali che accompagnano lo sviluppo
della vicenda emerge con chiarezza che COGNOME (chiamato con il suo soprannome di «Professore» non soltanto partecipò agli incontri e, in particolare, a quello (del 24/10/2019), relativo alla suddivisione della somma estorta ma anche svolse il ruolo di colui che deve garantire l’effettiva consegna del denaro (come emerge dalla captazioni) e l’ottemperanza degli accordi con palese consapevolezza degli accadimenti come esplicitato anche dai suoi interlocutori.
3. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
I contenuti dell’ordinanza impugnata danno conto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della aggravante ex art. 416-bis.1. cod. pen.
Infatti dai dati valutati dal Tribunale risulta che era noto a COGNOME che la somma richiesta a NOME COGNOME doveva essere ripartita in relazione ai crediti della locale di COGNOME nei confronti dei COGNOME di NOMErno, sicché serviva a agevolare l’attività di tale locale (p. 11, non numerata, dell’ordinanza) e, per altro verso, vale ribadire che l’uso del metodo mafioso per realizzare una estorsione può essere anche solo implicito se la condotta si svolge in un territorio in cui opera un’organizzazione di tipo mafioso già radicatavi (Sez. 2, n. 34786 del 31/05/2023, COGNOME, Rv. 284950; Sez. 2, n. 19245 del 30/03/2017, COGNOME, Rv. 269938).
4. Invece, è fondato il terzo motivo di ricorso.
Deve ribadirsi che sebbene anche per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. sia prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, quando intercorre un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato, il giudice ha l’obbligo motivare puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, circa la incidenza del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in di reati associativi o, come nel caso in esame, di delitto aggravato ex art. 416-bis. 1. cod. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285272; Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, COGNOME, Rv. 281273; Sez. 5, n. 31614 del 13/10/2020, COGNOME, Rv. 279720).
Nel caso in esame il Tribunale ha valutato la vicinanza di COGNOME alla associazione criminale e ha escluso la presenza di elementi per superare la presunzione relativa di sussistenza delle stesse esigenze cautelali
Tuttavia, incongruamente ha escluso la rilevanza del tempo trascorso dalla data dei fatti (ottobre 2019), connettendola soltanto alla loro gravità e asserendo, in termini generici e apodittici, che la stessa incensuratezza di COGNOME sarebbe stata funzionale alla relazione del programma criminale.
Quella che si richiede, invece, è una compiuta argomentazione circa il permanere di significativi rapporti con il gruppo criminale, da parte di un soggetto comunque incensurato, o di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, che rendano concreto e attuale il rischio di una sua recidiva.
Pertanto, l’ordinanza impugnata va annullata limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio per un nuovo giudizio sul punto nella linea dei criteri indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso il 13/03/2024