Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38475 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38475 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a SCAFATI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni della difesa del ricorrente, la quale insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha rigettato la richiesta di riesame avverso la ordinanza custodiale emessa dal GIP di Salerno nei confronti di COGNOME NOME in relazione a fattispecie di concorso nella detenzione di sostanza stupefacente, (contestata ai capi 28 e 35 della contestazione provvisoria).
Confermava la gravità indiziaria in relazione alla prospettazione accusatoria sulla base di intercettazioni ambientali che riguardavano la posizione del correo COGNOME NOME, il quale ammetteva, nel corso di una interlocuzione, Lsrom:IftChet di avere avuto una pregressa collaborazione con il RAGIONE_SOCIALE (soprannomiNOME RAGIONE_SOCIALE)ii; ( él d’ e l t E 114 tuttora correvano dei rapporti tra i due qK una prospettiva della vendita di sostanza stupefacente all’interno dello stabile condominiale in cui entrambi abitavano e che comunque, nell’ambito di una specifica intercettazione (in data 6 maggio 2022), il COGNOME ammetteva di avere confezioNOME con il COGNOME singole dosi di sostanza stupefacente al fine della rivendita.
Il collegamento con ambienti criminali maggiormente strutturati, cui peraltro si riferiva lo stesso COGNOME, era accreditato da un contatto del COGNOME con utenza in uso a COGNOME NOME, ritenuto capo e organizzatore di uno dei sodalizi dediti al traffico di sostanze stupefacenti nel territorio di Scafati. Tale circostanza, in uno con i precedenti criminali del reo e con le circostanze del reato da cui emergeva una risalente attività di spaccio da parte del prevenuto, in un assetto di distribuzione dei luoghi di spaccio che non poteva non essere riconosciuto e accettato dai vertici dell’associazione criminosa, giustificava il riconoscimento di esigenze cautelari concrete e attuali, stante il pericolo di reiterazione di condotte criminose della stessa specie e rendeva adeguata la misura cautelare domiciliare.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME NOME. Con una prima articolazione lamenta assenza di motivazione in ordine al contenuto della condotta concorsuale ascritta al ricorrente, assumendo che dal contesto investigativo non emergeva che il COGNOME svolgesse, nell’attualità, una stabile attività di cessione dello stupefacente, in quanto le dichiarazioni etero accusatorie del DI COGNOME erano riferibili al passato, residuando il riferimento individualizzante ad una occasionale preparazione dello stupefacente con suddivisione in dosi nel
corso della intercettazione del 6 Maggio 2022, ma nessun carattere di stabilità e di reiterazione era ravvisabile in tale riconoscimento, di dubbia valenza indiziaria, in quanto proveniente da soggetto che manifestava rancore e astio nei confronti del ricorrente.
Con una seconda articolazione lamenta l’assenza di esigenze cautelari e difetto di motivazione sul punto nella parte della motivazione in cui i giudici del riesame avevano collegato la cautela ad una inesistente attività criminosa protrattasi per oltre sei mesi, a fronte di un isolato e unico episodio criminoso e richiamando un contesto criminoso di riferimento di cui non ricorreva alcun concreto elemento indiziario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 motivi di ricorso risultano manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.
Va ricordato, in proposito che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugNOME, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.Tiana, Rv.255460).
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825
del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla riconosciuta gravità indiziaria, risulta coerente con le risultanze investigative e processuali e, in particolare, alla stregua del materiale captativo, dal contenuto univoco, riscontrato dalle dichiarazioni etero accusatorie del co-indagato COGNOME NOME, dalle quali emerge che non solo COGNOME e COGNOME erano coinvolti in una occasionale attività di preparazione dello stupefacente nel maggio 2022, ma nelle interlocuzioni telefoniche registrate nei mesi tra marzo e maggio molti erano i riferimenti ad una attività di spaccio condotta dal COGNOME, in modo esclusivo, presso la sua abitazione, il quale precludeva al COGNOME di esercitare una analoga attività di spaccio all’interno dello stesso stabile in cui entrambi abitavano in Scafati tanto che, quando il DI COGNOME si era messo anche lui a spacciare nell’area condominiale, il COGNOME era andato a lamentarsi dallo zio NOME (COGNOME NOME) che era intervenuto per dirimere il contrasto (pag.137 e 158 ordinanza dispositiva). Peraltro la regolamentazione delle aree di spaccio all’interno del comune di Scafati da parte dell’organizzazione criminosa diretta da COGNOME NOME e da COGNOME NOME non aveva impedito ai due indagati (DI COGNOME e COGNOME) di collaborare saltuariamente nella preparazione dello stupefacente (intercettazione del 6 maggio 2022), nonostante tale collaborazione si inserisse nella più articolata e vasta attività di commercializzazione dello stupefacente operata dal COGNOME, il quale pure manteneva con il COGNOME relazioni significative.
La motivazione dell’ordinanza risulta pertanto priva di travisamenti e di illogicità manifeste e il ricorrente omette del tutto di confrontarsi con gli argomenti posti a fondamento del riconoscimento della gravità indiziaria.
Quanto poi alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari, del tutto correttamente il giudice del riesame ha ravvisato la ricorrenza di esigenze cautelari che giustificavano la misura domiciliare, in ragione delle modalità esecutive dei reati contestati che attribuivano al COGNOME una costante e organizzata attività di spaccio la quale, sebbene non strutturata all’interno dell’associazione criminale, trovava una propria logica e una sua giustificazione nella pianificazione del territorio di Scafati operata dal sodalizio diretto da COGNOME e RAGIONE_SOCIALE.
In questa prospettiva, risulta evidente che le doglianze appaiano prive di confronto con la motivazione della ordinanza impugnata. Il giudice del riesame ha rispettato pertanto l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di
condotte criminose della stessa specie, così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (Sez.3, n.34154 del 24/04/2018 COGNOME, Rv.273674.01; Sez.2, n.6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv.282767). In tema di esigenze cautelari invero il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate; ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti dall’analisi della personalità dell’indagato (scrutinabile anche mediante l’apprezzamento delle modalità esecutive del fatto per cui si procede e dei precedenti penali pure presenti che denotano recidiva). Le indicate modalità e le caratteristiche della condotta criminosa e i profili afferenti alla personalità del prevenuto (azione delittuosa condotta, contesto criminoso in cui il ricorrente operava, precedenti penali in materia di armi, rapina e furto), costituiscono espressione della attualità delle esigenze cautelari connesse al pericolo di recidivazione criminosa.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condanNOME al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero di responsabilità, al pagamento di somma alla cassa delle ammende, che si indica in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 25 giugno 2024
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