Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24964 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24964 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Catanzaro il 12/05/1963
avverso l’ordinanza emessa il 30 dicembre 2024 dal Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; , rappresentando che il ricorrente ha già ottenuto la misura degli arresti domiciliari in udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso ragione delle sue condizioni di salute.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro ha confermato la misura della custodia cautelare applicata a NOME COGNOME in relazione al reato di associazione per delinquere, quale capo e promotore, finalizzata alla commissione di una serie di delitti di falso, corruzione e concussione attraverso la creazione di un sistema di assegnazione degli alloggi e dei magazzini di proprietà dell’ente regionale ATERP, e a numerosi reati
fine, alcuni dei quali riqualificati dal Giudice per le indagini preliminari (capi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8,9,10, 13, 14, 15, 16 e 17 dell’imputazione provvisoria).
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione deducendo due motivi inerenti alle sole esigenze cautelari.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla omessa indicazione della scadenza della misura. Si deduce, in primo luogo, l’insussistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede e ciò in ragione del fatto che il ricorrente e tutti gli altri sodali sono stati sospesi dal servizio dal 23/12/2024 per cui, non avendo la qualifica pubblicistica, ciò rende impossibile la probabile reiterazione dei reati fine, tutti reati propri. Si aggiunge, inoltre, che il numero di immobili interessato dai reati fine è particolarmente ridotto (solo tre) e che i fatti risalgono al 2023. In ogni caso si insiste sulla adeguatezza di una misura interdittiva. Si deduce, inoltre, l’insussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, atteso che il compendio indiziario è costituito, in prevalenza, da intercettazioni, fonte di prova di per sè non modificabile.
Sulla base di tali rilevi critici, si deduce, infine, che per effetto della «palese mancanza» delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., era necessaria l’indicazione della scadenza della misura.
2.2. Violazione dell’art. 275, comma 4 -bis , cod. proc. pen. e vizio della motivazione relativa alla ritenuta non rilevanza delle condizioni di salute documentate attraverso la produzione del verbale dell’INPS, da cui risulta che il ricorrente è stato riconosciuto invalido al 100% con il diritto all’accompagnamento, e la consulenza di parte in merito alla incompatibilità con lo stato detentivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata, con motivazione persuasiva e immune da vizi, ha ravvisato la sussistenza sia del pericolo di reiterazione del reato che del pericolo di inquinamento probatorio , reputando l’idoneità esclusiva della misura custodiale, poi sostituita con gli arresti domiciliari. A tal fine, s i è posto l’accento , quanto al primo, sulla gravità ed insidiosità del sistema criminoso in cui COGNOME era pienamente inserito con un ruolo apicale, e, quanto al secondo, sui seguenti elementi fattuali: a) le dichiarazioni di NOME COGNOME che ha riferito di avere paura a denunciare COGNOME, ritenendo che lo stesso sia in grado di subornare testimoni; b) la condotta tenuta dai sodali che, dopo la scoperta di un deposito abusivo (capi 15 e 16) si sono adoperati per confezionare un documento che esonerasse COGNOME da ogni responsabilità per le occupazioni abusive facendo
ricadere la responsabilità sul funzionario NOME COGNOME; c) la sparizione di alcuni fascicoli cartacei a seguito di un accesso della Polizia Giudiziaria.
Tale condotta post delictum è stata reputata quale elemento sintomatico della particola gravità ed intensità del periculum, rispetto al quale, con argomenti non manifestamente illogici, il T ribunale ha reputato irrilevante la circostanza dell’avvenuta sospensione dal servizio di COGNOME, ritenendo che il mero allontanamento dal servizio non sia idoneo ad impedire che costui, tramite la sua rete di contatti, reiteri la condotta criminosa, compulsando o coartando i suoi contatti.
In altre parole, si è non illogicamente ravvisata la duplice valenza di siffatta condotta, non solo quale indice del pericolo di inquinamento probatorio, ma anche quale sintomo della permanenza della sfera di influenza di COGNOME, e, dunque, della persistente intensità del pericolo di recidiva.
Così facendo, il Tribunale ha fatto buon governo del principio di diritto, qui ribadito, secondo il quale, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. può ritenersi sussistente anche nei confronti di soggetto in posizione di rapporto organico con l’amministrazione che risulti sospeso dal servizio, purché sia fornita adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione, da parte del predetto, di analoghe condotte criminose nella mutata veste di soggetto ormai estraneo e, quindi, di concorrente in reato proprio commesso da altri soggetti muniti della qualifica richiesta (così, da ultimo, Sez. 6, n. 8060 del 31/01/2019, Romano’, Rv. 275087).
1.1. Le considerazioni sopra esposte, in merito alla adeguatezza della motivazione relativa alla sussistenza ed intensità di entrambe le esigenze cautelari ed alla scelta della misura inizialmente applicata, hanno una valenza assorbente rispetto all’ulteriore doglianza relativa alla omessa indicazione della scadenza della misura cautelare, necessaria solo ove sia determinata dalle sole esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a), cod. proc. pen. (art. 292, comma 2, lett. d), cod. proc. pen.).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, avendo il ricorrente già ottenuto la misura degli arresti domiciliari secondo quanto dichiarato dal suo difensore in udienza.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso l’ 8 aprile 2025