Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19200 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19200 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MANDURIA il 22/08/1987 avverso l’ordinanza del 21/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME comparso anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 gennaio 2025, il Tribunale del riesame di Lecce rigettava l’ appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 22 marzo 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere all’indagato in relazione al delitto di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME aggravato dal metodo mafioso.
1.1. A vverso l’ordinanza propon gono ricorso per cassazione i difensori di Cava, premettendo che le prime 9 pagine del l’ ordinanza riproducevano, attraverso un copia/incolla, la motivazione dell’ordinanza emessa dallo stesso Tribunale in relazione ad un ricorso proposto dal coindagato COGNOME per cui vi era stato un travisamento dei fatti; inoltre, l’ordinanza era censurabile in merito al ritenuto
giudizio di attualità e persistenza delle esigenze cautelari, del pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio, ed alla ritenuta necessità di salvaguardare le stesse solo con la misura della custodia cautelare in carcere; era stata omessa la valutazione dell’incidenza delle dichiarazioni rese dall’indagato, ch e aveva spiegato come i rapporti con alcuni coindagati fossero di natura lavorativa/commerciale ed era stata erroneamente ritenuta sussistente la presunzione di adeguatezza delle esigenze cautelar i in presenza dell’aggravante di cui all’art. 416 -bis .1 cod. pen., visto che nell’atto di appello era stata posta l’attenzione sul fatto che COGNOME era un imprenditore che aveva sempre svolto attività lavorativa, con un considerevole volume di affari; in ogni caso, il giudizio di pericolosità non poteva prescindere dalle emergenze indiziarie, in relazione alle quali occorreva verificare se il rischio di ulteriori condotte illecite, analoghe a quelle contestate a COGNOME, fossero concrete e rese probabili dai col legamenti funzionali esistenti tra lo stesso e l’ambiente mafioso di riferimento, collegamenti che nel caso in esame non risultavano assolutamente dimostrati, e sui quali nulla aveva detto il Tribunale con evidente vizio di motivazione.
1.2. Appariva evidente -proseguono i difensori- che il Tribunale del riesame avesse completamente disatteso le recenti coordinate interpretative tracciate da questa Corte in rema di esigenze cautelari; del tutto inconferente era poi il richiamo al presunto pericolo di inquinamento probatorio, posto che ci si riferiva ad altri coimputati diversi da Cava.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Si deve ricordare che in tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato ed alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Il limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, COGNOME, Rv. 210019).
1.2. Nel caso in esame, il Tribunale ha evidenziato che COGNOME era presente nell’abitazione di NOME COGNOME ‘in occasione delle prime convocazioni del Simone volte ad imporgli il pagamento di una quota dell’appalto’ e che aveva attivamente partecipato alla ‘missione estorsiva dell’8 ottobre 2024, recandosi assieme ad COGNOME in casa del Simone mentre i correi COGNOME, COGNOME e COGNOME, effettuavano, a bordo di una seconda macchina, ripetuti passaggi intorno al cantiere’ (pag.11) circostanze non cont estate, per poi concludere che il contributo fornito da COGNOME non poteva definirsi occasionale, visto che il supporto ad azioni delittuose contrassegnate da metodo mafioso (non contestato) deve essere garantito da uomini di estrema fiducia del sodalizio.
Il Tribunale ha anche ritenuto irrilevanti, ai fini del superamento della presunzione di cui all’art. 275 , comma 3, cod. proc. pen. (‘i n tema di applicazione di misure cautelari personali, la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, prevista per i delitti di cui all’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., deve intendersi riferita anche ai delitti tentati, aggravati ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen ‘, Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Alcamo, Rv. 283176) l’attività di impresa svolta dal ricorrente, osservando anche come unica misura adeguata fosse quella della custodia cautelare in carcere (pag. 12), anche tenuto conto del limitatissimo spazio temporale (tre mesi) dall’adozione della misura .
Poiché dall’analisi della motivazione del provvedimento del Tribunale non si apprezzano carenze motivazionali censurabili in questa sede, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità -al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 , comma 1ter disp att. cod. proc. pen. Così deciso il 06/05/2025