Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10415 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME nato a LIMBADI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 16/08/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le richieste del PG NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha richiamato la sentenza n. 11146/2023 della Prima sezione di questa Corte, chiedendo l’accoglimento dei motivi di impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catanzaro, in funzione di Tribunale del riesame, quale giudice del rinvio all’esito della sentenza della Corte di cassazione n. 33494 del 20 giugno 2023, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 10 gennaio 2023, che ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis e 56-629 cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dei propri difensori, deducendo un unico, articolato motivo di impugnazione.
In particolare, lamenta il ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge del vizio di motivazione, la ribadita sussistenza delle esigenze cautelari. La Corte di cassazione, sostiene il ricorrente, aveva stigmatizzato la precedente decisione, criticando l’erronea sottovalutazione del lungo tempo trascorso e il difetto di specifica motivazione sul pericolo di recidivanza. Il giudice del rinvio avrebbe meramente reiterato l’approccio motivazionale già invalidato, omettendo ancora di considerare la distanza cronologica dal presunto reato e l’attività lavorativa svolta sin dal 2014 e sopravvalutando l’inconferente questione della gravità indiziaria e il contributo informativo dei collaboratori rispetto alle sopravvenute pronunce con cui erano state revocate le misure di prevenzione e di sicurezza in atto
All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. La Sesta Sezione di questa Corte aveva annullato la prima ordinanza del riesame, limitatamente alla motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, rigettando i restanti motivi di ricorso. È dunque coperta dal cosiddetto giudicato cautelare ogni questione attinente alla gravità indiziaria in merito alla condotta partecipativa ascritta a NOME COGNOME (quale «storico maggiorente» della omonima cosca, operante nelle zone di Limbadi e Nicotera), alla tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME COGNOME (imprenditore impegnato nelle opere di difesa costiera, a cui era stato intimato di subappaltare una parte dei lavori a imprese controllate dalla ‘ndrina) e alla sussistenza in relazione a tale ultimo delitto dell’aggravante del metodo mafioso.
Viceversa, è stato disposto il rinvio al giudice della cautela per un nuovo giudizio sulle esigenze cautelari, poiché mancherebbero adeguati riferimenti alla concretezza del caso e al possibile ridimensionamento della misura coercitiva applicata, essendosi il Tribunale catanzarese limitato a richiamare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., senza una sufficiente considerazione del considerevole lasso di tempo intercorso tra l’emissione della misura e i fatti oggetto dell’imputazione provvisoria. Il pericolo di recidivanza è stato poi ritenuto sussistente senza confrontarsi con le specifiche argomentazioni difensive, attinenti alla revoca da parte della Corte di appello di Catanzaro della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e alla revoca da parte del Magistrato di sorveglianza della misura di sicurezza della libertà vigilata
(provvedimenti, entrambi, astrattamente idonei a dimostrare la sopravvenuta presa di distanza dall’associazione criminale, seppure riferibili a un periodo successivo rispetto ai fatti di cui trattasi).
L’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede una presunzione relativa («salvo che siano acquisiti elementi» di segno contrario) di pericolosità sociale, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Sulla scorta di questi insegnamenti e muovendo correttamente dalla intangibilità in questa sede dell’ipotesi accusatoria come cristallizzata dal giudicato cautelare, il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto che, anche avuto riguardo all’elemento cronologico, non fossero scemate le esigenze di prevenzione sociale sottese alla partecipazione dell’indagato alla cosca ‘ndraghetista.
Sono state debitamente valutate, in ossequio alle precise indicazioni della sentenza di annullamento, le revoche della sorveglianza speciale nel 2019 e della libertà vigilata nel 2022, e, purtuttavia, adeguatamente contestualizzate tali pronunce con il complessivo quadro investigativo (assai più ampio del materiale istruttorio sulla cui base sono stati resi tali provvedimenti), si è ritenuto ch permanga insuperata la presunzione relativa di pericolosità, di cui al combinato disposto degli artt. 275, comma 3, cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen. Manca infatti la prova positiva della rescissione del vincolo associativo, ovvero comunque
di un effettivo e irreversibile allontanamento dell’indagato dal gruppo criminale: sulla base delle dichiarazioni di soggetti intranei alle consorterie del Vibonese, già positivamente scrutinate in sede giudiziaria, la condotta partecipativa si è protratta almeno fino a tutto il 2019 (così restringendo l’arco temporale in cui non emergono ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità). Susciterebbe anzi perplessità, secondo il Tribunale, il fatto che un soggetto quasi settantenne sia stato assunto «per lo svolgimento di lavori agricoli pesanti e poco consoni all’età», se non si considerasse che la sede di lavoro è il «territorio dove il suo solo cognome incute timore e rispetto di mafia».
Né la partecipazione alle attività risocializzanti dell’Uepe vale ad elidere le conclusioni sopra illustrate, dirette a sottolineare l’attualità della pericolosità d ricorrente, «esponente verticistico di una famiglia di `ndrangheta, che le storie giudiziarie hanno posto tra le più potenti e diffuse del territorio calabrese».
Questo rinnovato apparato argomentativo, scevro di vizi logico-giuridici e attento nel valutare, nella pienezza della giurisdizione cautelare di merito, l’incidenza di tutti gli elementi allegati dalla difesa, soddisfa l’obbligo motivazional imposto dalla sentenza di annullamento.
Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non è vincolato, né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando solo al primo il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova (Sez. 2, n. 873 del 22/11/2019, dep. 2020, Le Voci, Rv. 278629-02). Il giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen., è dunque chiamato a compiere un nuovo completo esame del materiale probatorio con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le sole limitazioni previste dalla legge consistenti nel non ripetere il percorso logico già censurato (ovvero, nel caso di specie, la mancata valutazione del decorso del tempo e la mancata disamina delle specifiche prospettazioni difensive), spettandogli in via esclusiva il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova (Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, F., Rv. 271345).
Il ricorso deve pertanto essere iti~rigettato, in quanto infondato, e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà del ricorrente, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20 dicembre 2023
CQnsiQAiere estensore
La Presidente