Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12355 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12355 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Torchiarolo (BR) il 13/10/1973, avverso l’ordinanza del 21/10/2024 del Tribunale di Lecce; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 21 ottobre 2024, il Tribunale di Lecce ha respinto il riesame proposto dal ricorrente avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Lecce del 16/09/2024, con la quale Ł stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di cui all’art. 416-bis, commi 1, 2 e 6, cod. pen. (capo A), nonchØ in relazione al delitto di cui agli artt. 74, commi 1, 2, 3 d.P.R. n. 309/1990, 416-bis.1 cod. pen. (capo B), e al delitto di cui all’art. 73, comma 1 e 1-bis, d.P.R. n. 309/1990 (capo B16).
In particolare, NOME COGNOME Ł gravemente indiziato di far parte di due consorterie, l’una di tipo mafioso denominata Sacra Corona Unita, capeggiata da NOME COGNOME detto ‘il COGNOME‘, NOME COGNOME e NOME COGNOME l’altra dedita al traffico di sostanze stupefacenti, capeggiata da NOME COGNOME e da NOME COGNOME
Avverso la predetta ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 606, lett. b) e c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen. (capo A), per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, nonchØ violazione dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per carenza e manifesta illogicità della motivazione frutto di una incongrua e irragionevole valutazione degli elementi indiziari.
Deduce innanzitutto il ricorrente che l’ordinanza impugnata Ł fondata su un compendio indiziario del tutto congetturale, basato esclusivamente sulla dichiarazione del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e sulla sola conversazione telematica n. 3191 del 23/12/2020, senza specificare il ruolo, nonchØ lo stabile inserimento e la condotta illecita di ‘messa a disposizione’ tenuta dal ricorrente nel sodalizio criminale, richiamando in tal senso la giurisprudenza di legittimità delle Sezioni unite di questa Corte.
Lamenta il ricorrente l’omessa valutazione dell’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni indirette provenienti dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME essendo necessario dimostrare la fonte primigenia delle notizie fornite e quali fossero le forme di comunicazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Conclude il ricorrente dolendosi che il compendio indiziario ritenuto presenta delle lacune e delle illogicità a) sulla consapevolezza del ricorrente di far parte del gruppo criminale, b) sullo stabile inserimento del ricorrente nel gruppo criminale, c) sulla partecipazione del ricorrente alla vita associativa e sulla messa a disposizione di costui per le attività del sodalizio (affiliazione rituale, investitura della qualifica di ‘uomo d’onore’), d) sul versamento del ‘punto’ sui profitti realizzati nelle casse del clan, e) sulla commissione dei reati-fine, f) sul sostentamento economico di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 606, lett. b) e c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 d.P.R. n. 309/1990 (capo B), per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, nonchØ violazione dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per carenza e manifesta illogicità della motivazione frutto di una frettolosa ed errata valutazione degli elementi indiziari.
Deduce la difesa che l’ordinanza impugnata, ai fini del quadro indiziario della partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere finalizzata al narco-traffico, si limita a richiamare a) quattro chat criptate intercorse in data 13/07/2020, 21/07/2020, 06/12/2020 e 13/12/2020, tra NOME COGNOME e NOME COGNOME facenti riferimento a soggetto con il nome di battesimo del ricorrente, senza tuttavia spiegare che il soggetto richiamato si identificasse con certezza nel ricorrente, b) un’immagine inviata da NOME COGNOME a NOME COGNOME nella quale si riepilogavano le somme riscosse dai vari acquirenti, tra cui tale ‘Er’ per un importo di 26.000,00 euro, c) una conversazione telematica intercorsa tra NOME COGNOME e NOME COGNOME dove il riferimento a ‘quello di Torchiarolo’ Ł identificato nel ricorrente. Tuttavia, i giudici della cautela non hanno dimostrato il requisito dell’ampiezza e della continuità temporale dei rapporti del ricorrente con gli altri coindagati, nØ la ripetitività nel tempo della sua condotta, nØ il comune modus operandi, nØ la ripartizione dei ruoli, i capitali comuni e i rapporti con i pusher di riferimento. NØ ancora Ł stato dimostrato che la fornitura di sostanza stupefacente nei confronti del ricorrente fosse essenziale, nel senso che, in assenza della condotta partecipativa del ricorrente, l’associazione vedrebbe compromessa la sua stessa esistenza.
2.3 Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen.) con particolare riferimento alla violazione degli artt. 274 e 275, comma 3, cod. proc. pen.; assenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari. Deduce la difesa che il Tribunale cautelare non ha tenuto conto del tempo trascorso (quattro anni) dalla unica captazione tra presenti intercettata del 23/12/2020, nonchØ del fatto che la dichiarazione del collaboratore NOME COGNOME risale al 03/10/2019, vale a dire a cinque anni prima della applicazione della misura cautelare, mentre nessun altro collaboratore di giustizia aveva riferito della affiliazione del ricorrente; infine, il ricorrente annoverava nel casellario giudiziale una sola condanna per rapina risalente al 1992 ed una condanna per evasione risalente al 2007.
Il ricorrente ha depositato certificazione storica attestante la detenzione presso l’Istituto penitenziario di Lecce.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare, occorre innanzitutto richiamare la consolidata affermazione di questa Corte ( ex multis cfr. Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Rv. 281019 e Sez. 5, n. 36079 del 05/06/2012, Rv. 253511), secondo cui la nozione di gravi indizi di colpevolezza non Ł omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura Ł infatti sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare ‘un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato’ in ordine ai reati addebitati. Pertanto, tali indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192 comma 2 cod. proc. pen., ed Ł per questa ragione che l’art. 273 comma 1 bis cod. proc. pen. richiama l’art. 192 commi 3 e 4 cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi.
Quanto ai limiti del sindacato di legittimità, deve essere ribadito che, in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). Il controllo di logicità deve rimanere quindi ‘all’interno’ del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate; in altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nØ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, in ciò rientrando anche l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice cui Ł stata chiesta l’applicazione della misura, nonchØ al tribunale del riesame. Il controllo di legittimità Ł perciò circoscritto al solo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, ovvero: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioŁ prima facie dal testo dell’atto impugnato (sul punto, tra le tante, cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, deve rilevarsi che il giudizio sulla gravità indiziaria formulato dal Tribunale del riesame, rispetto alle fattispecie oggetto delle imputazioni provvisorie elevate nei confronti del ricorrente, non presta il fianco a censure di irragionevolezza e di omessa motivazione, dovendosi comunque ricordare che il provvedimento emesso dal giudice procedente e quello di conferma emesso dal Tribunale del riesame si integrano tra di loro reciprocamente, in modo che le eventuali carenze di motivazione dell’uno possono essere sanate con le argomentazioni utilizzate dall’altro (Sez. 4, n. 36157 del 12/09/2024, COGNOME; Sez. 6, n.
48649 del 06/11/2014, COGNOME, Rv. 261085; Sez. 3, n. 8669 del 15/12/2015, COGNOME, Rv. 266765), vigendo il principio della reciproca integrazione tra i provvedimenti del giudice di merito, costituenti doppia conforme anche per le ordinanze in materia di libertà personale (Sez. 4, n. 33710 del 21/06/2024, COGNOME).
L’ordinanza indica le fonti di prova che giustificano gli snodi argomentativi attraverso cui si articola il ragionamento probatorio disattendendo le censure difensive con argomenti che non presentano alcuno dei vizi denunciati dal ricorrente.
2.1 Contrariamente alle censure mosse nel primo motivo di ricorso, fondate su motivi a tratti non consentiti in sede di legittimità e comunque infondati, le conclusioni cui pervengono i giudici di merito trovano saldo ancoraggio negli elementi probatori richiamati nell’ordinanza, le cui argomentazioni valorizzano: a) la posizione di NOME COGNOME all’interno della ‘frangia della Sacra Corona Unita’, operante nella zona di San Pietro Vernotico, Torchiarolo e Tuturano, che aveva quali capi COGNOME NOME, detto il ‘COGNOME‘, e NOME NOME, nel cui interesse COGNOME gestiva la piazza di spaccio di Torchiarolo, siccome emerso dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME NOME e dall’attività captativa, segnatamente dalle intercettazioni ambientali del 23/12/2020 e del 30/12/2020, b) il rapporto di stretta collaborazione e cointeressenza esistente fra COGNOME e COGNOME, che comprende le operazioni di approvvigionamento della cocaina dal clan COGNOME, nonchØ la gestione della parte dei proventi dell’attività illecita destinata agli affiliati del clan COGNOME, c) la stabilità, la continuità e la persistenza dei rapporti di approvvigionamento che facevano di COGNOME e di COGNOME uno dei principali canali di smercio della droga commercializzata dal clan COGNOME.
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, NOME COGNOME danno conto della partecipazione del ricorrente all’associazione criminosa di cui al capo A facente capo al clan di NOME COGNOME e NOME COGNOME e del ruolo dal ricorrente stesso svolto, mentre la circostanza che l’indagato non si fosse trovato in stato di restrizione nel 2005 non sarebbe tale da inficiare il complesso delle propalazioni rese dal dichiarante, che trovano saldo riscontro nel compendio captativo. Le intercettazioni del 23/12/2020 e del 30/12/2020 dimostrano, invero, l’inserimento di NOME COGNOME nella composizione dell’associazione facente capo a COGNOME, le attività illecite gestite per conto del clan da COGNOME, l’adesione del ricorrente alle regole interne della consorteria, che imponevano l’accantonamento di una parte dei proventi dell’attività illecita al fine di assicurare il sostentamento degli affiliati detenuti e il pagamento degli avvocati, e il ruolo svolto da COGNOME all’interno della consorteria di stampo mafioso, risultando preposto alla gestione e distribuzione, insieme a NOME COGNOME, del denaro del ‘fondo cassa’, condividendo i metodi intimidatori posti in essere dal gruppo.
2.2 Il secondo motivo Ł anche infondato, avendo l’ordinanza impugnata delineato la posizione del ricorrente nella diversa associazione dedita al narcotraffico e facente capo al clan COGNOME–COGNOME: COGNOME, insieme ad NOME COGNOME, rappresentava, infatti, uno stabile acquirente di sostanza stupefacente, da rivendere nei territori di propria competenza, e la stabilità dei rapporti di approvvigionamento facevano di COGNOME e di COGNOME, come sopra già anticipato, uno dei principali canali di smercio della droga commercializzata dal clan COGNOME.
Diversamente da quanto rappresentato in ricorso, i messaggi scambiati sulla piattaforma RAGIONE_SOCIALE e le intercettazioni telefoniche e ambientali smentiscono l’allegazione difensiva secondo la quale i rapporti tra COGNOME e COGNOME fossero privi del carattere della stabilità, disvelando al contrario un rapporto di collaborazione consolidato tant’Ł che COGNOME, ossia il corriere cui COGNOME affidava la cocaina inviata a COGNOME, resocontava al COGNOME la situazione debitoria del gruppo c.d. di Torchiarolo e la richiesta di una ulteriore fornitura di stupefacente (cfr. intercettazione ambientale del 23/12/2020). Proprio il riferimento ai debiti pregressi comprova un rapporto stabile di fornitura dello
stupefacente assicurato dall’associazione di San Donaci a COGNOME e COGNOME, concretizzatosi, nei mesi cui si riferiscono le attività d’indagine, in una pluralità di cessioni, per quantitativi di cocaina ingenti, che consentono, da una parte, di inferire l’allarmante capacità di COGNOME e COGNOME di smerciare la droga di cui disponevano e, dall’altra, proiettano le singole operazioni, per il contenuto economico delle transazioni, rapportabile a valori espressi in decine di migliaia di euro, e del carattere ripetitivo degli acquisiti, in una dimensione piø ampia che delinea una struttura stabile, volta a facilitare l’attività illecita della consorteria fornitrice, garantendo alla medesima la disponibilità di un canale affidabile per l’immissione al consumo della sostanza stupefacente.
Il Tribunale cautelare si Ł così conformato a principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui l’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 sussiste non solo nel caso di condotte consumo. La diversità di scopo personale non Ł ostativa, infatti, alla realizzazione del fine comune, parallele di persone accomunate dall’identico interesse di realizzazione del profitto societario mediante il commercio di droga, ma anche nell’ipotesi del vincolo che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga agli acquirenti, che in via continuativa, la ricevono per immetterla al che Ł quello di sviluppare il commercio degli stupefacenti per conseguire sempre maggiori profitti. NØ l’associazione criminosa Ł esclusa dalla diversità dell’utile che i singoli partecipi si propongono di ricavare, o da un contrasto degli interessi economici di essi, posto che nØ l’una, nØ l’altro sono di ostacolo alla costituzione ed alla persistenza del vincolo associativo, sol che colui che opera come acquirente sia stabilmente disponibile a ricevere le sostanze, assumendo, così, una funzione continuativa, che trascende il significato negoziale delle singole operazioni, per costituire un elemento della complessa struttura che facilita lo svolgimento dell’intera attività criminale. Ne deriva che Ł ben configurabile, fra venditori e acquirenti di sostanze stupefacenti, l’associazione volta alla commissione di reati nella specifica materia (Sez. 2, n. 51714 del 23/11/2023, COGNOME, Rv. 285646; Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265945; Sez. 5, n. 10077 del 23/09/1997, COGNOME, Rv. 208822).
Differentemente da quanto sostenuto nei ricorsi, si Ł, dunque, al cospetto di una persistente sinergia in forza della quale sia il sodalizio facente capo a COGNOME che COGNOME e COGNOME ricavavano reciproci vantaggi, nell’ambito di un rapporto improntato a reciproca fiducia, come attestato dalla circostanza che il pagamento anche di decine di migliaia di euro avveniva in tempi differiti rispetto alla consegna dello stupefacente.
2.3 Le censure alla ricostruzione operata dal Tribunale mirano, in definitiva, ad una rivalutazione o, comunque, ad una lettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, ma al contempo priva di decisività in ragione dei decisivi elementi di reciproca congiunzione e vantaggio evidenziati dall’ordinanza impugnata. La ricostruzione dei giudici della cautela Ł, dunque, il frutto di una esauriente e razionale rassegna degli elementi investigativi acquisiti, dei quali la difesa propone sostanzialmente una diversa lettura, che non può trovare ingresso in questa sede, senza neanche confrontarsi integralmente con le argomentazioni contenute nell’ordinanza impugnata.
3. Sono anche infondate le doglianze sul difetto di motivazione in ordine alla attualità e concretezza delle esigenze cautelari, per non aver il Tribunale cautelare tenuto conto del tempo trascorso dagli elementi probatori acquisiti, ovverosia quattro anni dalla unica captazione tra presenti del 23/12/2020 e cinque anni dalle propalazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME nonchØ della risalenza dei due precedenti penali dei quali il ricorrente era gravato.
Deve infatti essere ricordato che, in materia, opera la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sulla esatta interpretazione della quale si sono delineati nel tempo orientamenti giurisprudenziali non omogenei.
Secondo un primo orientamento, affermato piø volte in relazione alle c.d. mafie storiche, ‘la
presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con la prova del recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volti a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari’ (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, COGNOME, Rv. 286267; Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766; in senso conforme, Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv. 282131; Sez, 5, n. 36389 del 15/07/2019, COGNOME, Rv. 276905; Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268726).
Altro orientamento ritiene che il tempo trascorso dai fatti contestati deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, anche nel caso in cui non risulti una dissociazione espressa, potendo lo stesso assurgere a fattore sintomatico della inattualità del vincolo associativo o della sua definitiva dissoluzione e, quindi, dell’insussistenza delle esigenze cautelari (Sez. 6, n. 11735 del 25/1/2024, COGNOME, Rv. 286202; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285272; Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, COGNOME, Rv. 281273). Nell’ambito di questo secondo orientamento, tuttavia, Ł stato in maniera condividibile precisato che l’incidenza sulla valutazione giudiziale della dimensione temporale non Ł fissa e sempre omogena ma Ł strettamente collegata con la storia e la personalità dell’indagato (Sez. 6, n. 4920 del 15/10/2024, dep. 2025, COGNOME) e con le caratteristiche del sodalizio mafioso in cui risultava inserito, con la conseguenza che ‘l’astratta e generica deduzione del tempo trascorso non costituisce un’argomentata censura avverso la riconosciuta valenza della presunzione…in assenza di qualsivoglia riferimento al tipo di sodalizio e alla qualità e alla durata della partecipazione… al fine di superare la presunzione si impone il confronto con quelle caratteristiche e quella partecipazione, onde poter prospettare la valenza di una protratta mancanza di ulteriori manifestazioni, quale dato sintomatico di un sostanziale allontanamento (unico dato di per sØ decisivo)’ (Sez. 6, n. 37352 del 18/7/2024, Pravatà; Sez. 6, n. 15753 del 28/3/2018, Pisano, Rv. 272887).
Alla stregua di tali premesse, deve rilevarsi che anche nel giudizio sulle esigenze di cautela sociale formulato dal Tribunale del riesame, rispetto alle fattispecie oggetto delle imputazioni provvisorie elevate nei confronti del ricorrente, non Ł dato rilevare profili di irragionevolezza o di omessa motivazione, dal momento che, in assenza della prova della rescissione dai sodalizi e, anzi, di condotte tenute nel procedimento che manifestano una persistente adesione ai valori del contesto criminale pregresso, e di una motivazione che sorregge la presunzione richiamata mediante la valorizzazione di elementi di fatto dimostrativi dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari ritenute di pregnanza significativa preponderante rispetto al tempo trascorso dai fatti, l’enfatizzazione del tempo silente, privo di agganci a elementi ulteriori atti a dimostrare l’allontanamento dall’ambiente del crimine organizzato non può che ritenersi totalmente aspecifico e, comunque, inidoneo a vulnerare la motivazione contestata in punto di esigenze cautelari.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 19/02/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME