Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29377 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29377 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECOGNOME nato a San Giacomo degli Schiavoni il 16/03/1965
avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del Tribunale del Riesame di Brescia Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria difensiva inoltrata il 10 giugno 2025, con cui la difesa ha insistito nei motivi di ricorso e documentato l’esercizio dell’azione penale nei confronti del ricorrente .
Ritenuto in fatto
È stata impugnata l ‘ordinanza del Tribunale di Brescia del 25 marzo 2025, che, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha respinto l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. presentato dalla difesa di COGNOME NOME COGNOME contro l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Brescia, di rigetto dell’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere in relazione a fatti di bancarotta per distrazione e di false comunicazioni sociali.
Il ricorso si è affidato a due motivi, sottoscritti da difensori abilitati, di seguito sintetizzati a norma dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo sono stati richiamati i vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen., con specifico riferimento al requisito della persistenza delle esigenze
cautelari e all’omessa disamina, da parte del Tribunale del giudizio cautelare, dei documenti allegati dalla difesa. Le esigenze cautelari non sarebbero più attuali e concrete ai sensi dell’art. 274 lett. a) e c) cod. proc. pen.. Tali requisiti renderebbero necessaria una prognosi di ‘probabile accadimento’ di forme di inquinamento probatorio o di commissione di reati della stessa indole. L’atto di appello aveva evidenziato da un lato -che il quadro indiziario sarebbe ormai completo, anche in ragione della confessione dell’indagato e dell’intervenuto sequestro giudiziario, in sede civile, delle quote della controllante -rispetto alla società fallita – RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, tuttora in bonis ; e -dall’altro che proprio quest’ultimo dato – un sequestro reso stabile per effetto della conferma dell’ordinanza di sequestro dopo il rigetto del reclamo – non consente di ravvisare più un pericolo concreto ed attuale di commissione di nuovi reati della stessa specie in danno di un ceto creditorio diverso da quello della fallita RAGIONE_SOCIALE come pure aveva reputato il giudice per le indagini preliminari con il provvedimento cautelare.
Ancora, sarebbe stata trascurata la risalenza dei comportamenti distrattivi ad epoca ben anteriore alla liquidazione giudiziale.
2.2. Il secondo motivo si è concentrato sui vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen., a fronte dell’affievolimento delle esigenze di cautela e della meritevole applicazione all’indagato di una misura meno severa ; non sarebbero state per nulla indicate, nell’ordinanza impugnata, le ragioni che non renderebbero idonea a soddisfare le esigenze cautelari una misura meno gravosa della custodia carceraria, come pure richiesto e documentato con l’atto di appello.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Va innanzitutto premesso che, in sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari; ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292).
Applicata una misura cautelare ed esauritosi l’ iter delle impugnazioni avverso l’ordinanza genetica, la situazione (gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari, anche in punto di adeguatezza) si cristallizza in una sorta di giudicato allo stato degli atti, sicché, rebus sic stantibus , la misura imposta non è soggetta a revoca, se non si prospettino dall’indagato fatti sopravvenuti ovvero anche fatti preesistenti, ma che non abbiano formato oggetto di esame e di valutazione da parte del giudice per le indagini preliminari che ha applicato la misura cautelare (sez. U n. 26 del 12/11/1993, COGNOME, Rv. 195806; sez.1 n.5462 del 14/12/1993, Cugliari, Rv.196114).
Più precisamente, nella materia cautelare, si delinea un ambito di preclusione che, pur di impatto meno dirompente rispetto a quello della cosa giudicata di cui all’art. 649 cod. proc. pen., in quanto confinato allo stato degli atti, copre comunque le questioni dedotte, esplicitamente od implicitamente, intendendosi queste ultime come le argomentazioni che rappresentano il necessario antecedente o il necessario presupposto di quelle espressamente prospettate al giudice, la cui decisione, ove non impugnata o vanamente impugnata nell’ambito delle consentite fasi incidentali de libertate , assume le caratteristiche dell’irrevocabilità (sez. U n. 20 del 12/10/1993, Durante, Rv.195354; sez. U n. 26 del 12/11/1993, COGNOME cit.; sez. U n. 11 del 08/07/1994, COGNOME, Rv. 198213; sez. U n. 14535 del 19/12/2006, Librato, Rv. 235908).
1.1. Così definiti i limiti dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen. , il controllo di legittimità sui punti devoluti dal ricorso è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (sez. 5, n. 5719 del 2019, Rea, non massimata; sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, COGNOME e altro, Rv. 201840).
1.2. E ancora -poiché influente nell’ambito del presente scrutinio viene in rilievo il radicato principio generale, valevole anche per la revoca o la sostituzione delle misure, secondo cui, in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare (sez. U n. 7 del 17/04/1996, Moni, Rv. 205257; sez. 3, n. 8669 del 15/12/2015, COGNOME, Rv. 266765; sez. 6, n. 48649 del 06/11/2014, COGNOME, Rv. 261085; sez. 5, n. 40608 del 08/10/2003, COGNOME, Rv.
226790; sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, COGNOME, Rv. 212564; sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, COGNOME, Rv. 212768).
Tracciate le linee esegetiche pertinenti, i motivi di ricorso, che possono essere affrontati congiuntamente sono nel complesso infondati.
2.1. Gli elementi di novità, offerti dal ricorrente nel corso del giudizio incidentale d’appello ai fini della revoca o della sostituzione della misura in atto con altre meno afflittive, sono sostanzialmente due:
il sequestro giudiziario delle quote della società capogruppo, che si assume divenuto definitivo a seguito del rigetto del reclamo avverso l’ordinanza dell’organo monocratico, a contenzioso civile tuttora in corso;
un interrogatorio ammissivo del ruolo di amministratore -liquidatore di fatto, reso dall’indagato: si menziona, in particolare, un riconoscimento di responsabilità, ma non con riferimento alle condotte contestate, quanto ad un profilo soggettivo, vago nella prospettazione descrittiva del ricorso e, comunque, ritenuto non conducente dal giudice della cautela perché confermativo di un dato storico pacificamente accertato.
Sotto il primo profilo, i provvedimenti cautelari hanno congruamente opposto, con apprezzamento certamente non irrazionale, l’ontologica provvisorietà del sequestro giudiziario ex art. 670 cod. proc. civ., provvedimento cautelare per antonomasia, soggetto a possibile caducazione, inidoneo a far cessare le esigenze cautelari. Del resto, la norma di cui all’art. 274 lett.c) cod. proc. pen. si riferisce alla probabile reiterazione di reati “della stessa specie”, che offendono, cioè, lo stesso bene giuridico o si rivelino della medesima natura, non già soltanto alla commissione degli specifici reati per i quali si procede (sez. 2, n. 1993 del 10/04/2000, COGNOME, Rv. 215901; sez. 3, n. 1957 del 06/05/1997, COGNOME, Rv. 208387), nel caso in disamina quelli di bancarotta fraudolenta per distrazione o di bancarotta impropria da reato societario attraverso l’eventuale gestione della società controllante.
Sotto il secondo profilo, l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare, richiamata da quella impugnata, si è persuasivamente espressa -in difetto, ex adverso , di adeguato confronto e di penetrante confutazione difensiva -che le dichiarazioni rese dal COGNOME in sede di interrogatorio non costituiscono confessione, non integrano ravvedimento e si limitano ad ammettere circostanze ampiamente ed altrimenti note in base agli accertamenti delle indagini preliminari.
Quanto allo iato temporale che si sostiene trascorso dalla data dei comportamenti illeciti -punibili in virtù dell’elemento oggettivo esterno rappresentato dalla dichiarazione di fallimento -e, dunque, agli interdipendenti requisiti dell a ‘ attualità ‘ e della ‘concretezza’ del quadro esigenziale, è bene ricordare che il c.d. “tempo silente”
trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza che dispone la misura cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall’art. 299 cod. proc. pen. ai fini della revoca o della sostituzione della misura, rispetto alle quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura in poi, essendo qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari .
Pertanto, l’argomentazione sviluppata, sul punto, dal primo motivo di ricorso si rivela manifestamente infondata, dal momento che la misura cautelare restrittiva è stata applicata il 7 gennaio 2025 e il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice d’appello cautelare, è stato chiamato a deliberare il 25 marzo 2025, a distanza di poco più di due mesi e mezzo dall’esecuzione.
Non va peraltro trascurato che, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione giudiziale di insolvenza. Quest’ultima, pur segnando il momento consumativo del reato, si colloca fuori dalla sfera volitiva dell’indagato e non costituisce parametro utile per la valutazione della pericolosità cautelare (Sez. 5, n. 50969 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278046; in senso conforme, n. 9280 del 2015 rv. 263586 – 01, n. 11633 del 2012 rv. 252308 – 01, n. 25458 del 2014 rv. 260212).
Tuttavia, la distanza temporale tra la condotta distrattiva e la dichiarazione di fallimento non incide automaticamente sull’attualità delle esigenze cautelari. È , infatti, necessario
verificare se il comportamento dell’indagato evidenzi elementi di ravvedimento o cessazione della pericolosità, al fine di escludere il pericolo di reiterazione o inquinamento probatorio.
Deve, pertanto, ribadirsi che le condotte distrattive, ancorché risalenti rispetto alla dichiarazione di fallimento, possono legittimare l’applicazione di misure cautelari personali ove l’indagato manifesti una persistente pericolosità sociale. In tale prospettiva, l’attualità delle esigenze cautelari va apprezzata non già in base alla mera cronologia dei fatti, bensì alla luce del comportamento complessivo del soggetto, anche successivo alla commissione delle condotte illecite. La prognosi di reiterazione criminosa può, infatti, fondarsi su elementi sintomatici indiretti, quali la gestione opaca di società collegate, la disponibilità di beni non tracciati o ulteriori condotte incompatibili con un effettivo ravvedimento.
A riguardo, infine, delle censure che investono la presunta carenza di motivazione sulla possibile graduazione del trattamento de libertate , il ricorso si rivela generico, perché omette di misurarsi con la ragionata articolazione de ll’ordinanza del primo giudice (pagg. 2 e 3), richiamata per relationem da quella di seconda istanza, che ha ripercorso i contorni di profondo allarme della prognosi di recidivanza e del pericolo di compromissione delle fonti di prova, rimasti immutati e non scalfiti dalle inappaganti deduzioni apportate dall’istante , vuoi per la preoccupante biografia criminale del ricorrente, disseminata di reati anche gravi, vuoi per l’appurata sottrazione di documenti e per l’acclarata, specifica capacità di intimidazione dimostrata, anche avvalendosi della collaborazione di soggetti appartenenti o almeno contigui a gruppi di criminalità organizzata, evidentemente influenti sul
6. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di reiezione del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
7. Ai sensi dell’art. 94 co. 1-ter del D. Lgs. n. 271 del 1989 va disposta la trasmissione di copia del provvedimento alla direzione dell’istituto penitenziario ove il ricorrente è detenuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/06/2025